(Roma, 23 novembre 2024). La velocità di lancio dei Trident II potrebbe essere un vantaggio per Washington
Le continue minacce di Putin sembrano aprire la strada a quelle che lui ha definito «una guerra globale». Un monito che il Cremlino confida che sia stato recepito dagli Stati Uniti che, dal canto loro, vogliono evitare l’allargameto del conflitto a livello mondiale. Ma se così non fosse, il presidente russo lo ha reso ancor più chiaro, annunciando l’avvio della produzione in massa del nuovo missile Oreshnik, mentre il capo delle forze missilistiche strategiche ha avvertito che il missile può «colpire obiettivi in tutta Europa». Putin continua quindi a mostrare i muscoli e ad inviare provocazioni verso i Paesi della Nato. Ma alla Russia conviene davvero portare lo scontro su un piano globale? Nei discorsi dello zar manca sembre un elemento chiave: come potrebbero rispondere gli Stati membri dell’Alleanza? Per chiarire meglio, come potrebbero rispondere gli Stati Uniti ?
La sfida nucleare
Oltre ai nuovi missili messi in vetrina dal Cremlino con i recenti attacchi in Ucraina, la Russia ha a disposizione un vasto arsenale nucleare. Anche se possiede il maggior numero di testate atomiche (circa 4,4mila), Mosca ne mantiene schierate e pronte all’uso 1.710. Circa 870 su portamine terrestri, fino a 640 su sottomarini (circa 530 missili balistici intercontinentali terrestri e marittimi) e altri 200 sull’aviazione strategica. Come riporta Defence Expresse, dall’altro lato, negli Stati Uniti sono state schierate circa 1.770 unità di armi nucleari strategiche con una scorta di 3.700. Sono posizionati su 400 missili balistici intercontinentali Minuteman III e su 294 missili Trident II sui sottomarini. In totale sono 694, ovvero gli Stati Uniti hanno un vantaggio sulla Federazione Russa per quanto riguarda i missili di questa classe. Ma ci sono meno testate sui missili (1.370, e altre 400) sugli aerei strategici. Cosa significa questo? La risposta è tanto semplice quanto catastrofica: gli Stati Uniti possono rispondere provocando uguale distruzione anche nei confronti del nemico. Su questo si basa il piano di deterrenza nucleare: un possibile attacco di una nazione verso il proprio nemico provocherebbe un disastro in patria in egual misura, se non peggiore.
Gli obiettivi in Russia
Se Putin con le sue uscite pubbliche minaccia di radere al suolo Londra o Parigi, o qualsiasi altro angolo d’Europa, non spiega (soprattutti ai suoi cittadini) come allo stesso modo Mosca, San Pietroburgo, Kazan e centinaia di altre città russe potrebbero essere distrutte in pochi minuti. Con un vantaggio in termini temporali in favore degli Usa. Le tradizionali aree di lancio dei sottomarini americani si trovano nel Mare del Nord, e sono quindi più vicine alla Federazione Russa di quanto l’arsenale di Mosca sia vicino agli Stati Uniti. E il comando per lanciare le testate atomiche può essere dato utilizzando l’Airborne Launch Control System, che opera anche in condizioni in cui la Casa Bianca non dovesse più esistere. A tutto questo si aggiungono Francia e Gran Bretagna, che mantengono le loro forze nucleari strategiche sui sottomarini. Parigi dispone di quattro sottomarini di classe Triomphant con 16 missili M51 con testate separate e circa 240 testate nucleari. Londra le sue quattro Avanguardie con 16 Trident II, ciascuna delle quali ha 120 cariche. Allo stesso tempo, gli inglesi hanno la loro « mano morta » per un attacco nucleare alle « tecnologie della carta ».
La minaccia di Putin è reale ?
«C’è un rischio chiaro, evidente e concreto che la Russia non stia assolutamente bluffando. Al momento i russi stanno vincendo la guerra. Non hanno dunque bisogno di ricorrere a uno strumento come il lancio di un’arma tattica. Fatta questa premessa, Putin ha firmato la nuova dottrina nucleare e l’altro giorno i russi hanno fatto una cosa gigantesca come lanciare un missile ipersonico caricandolo con testate convenzionali. Mi auguro di avere torto, ma da analista separo i miei desiderata e mi attengo ai fatti». Lo dice in una intervista a QN Andrea Margelletti, analista e presidente del Centro Studi Internazionali. «Se dovesse essere usato uno strumento del genere da parte russa, questo porterebbe immediatamente all’ingresso di alcune nazioni europee all’interno dell’Ucraina. Penso che nel giro di tre anni un conflitto convenzionale con la Russia sia pressoché inevitabile, anche se i russi non dovessero lanciare alcuna bomba nucleare – ha aggiunto – Alcune nazioni europee non vogliono che l’Ucraina cada. Non se lo possono semplicemente permettere. Diciamo che c’è anche una difformità di visione fra l’Europa centro-settentrionale e quella centro-meridionale. Credo anche il motivo che possa avere spinto alcuni Paesi europei a un atteggiamento diverso sia stato l’arrivo di migliaia di soldati nordcoreani a combattere in Russia”. Il prossimo 20 gennaio Donald Trump si insedia alla Casa Bianca, determinato a trovare una soluzione diplomatica. «Il rischio vero è che Trump ripeta la modalità afgana, ossia facendo un accordo che non tenga conto del volere degli ucraini, com’è successo appunto in Afghanistan. Per questo l’amministrazione Biden sta cercando di dare più risorse, perché se si arrivasse a un tavolo di trattativa, gli ucraini vi possano partecipare da un rapporto di forza maggiore», spiega ancora Margelletti – Un eventuale dialogo continua a essere fondamentalmente nelle fantasie degli occidentali. I russi in questi anni non hanno dato la minima dimostrazione di voler trattare. È una meravigliosa fantasia nostra, perché siamo terrorizzati all’idea di un confronto militare».
Di Simone Pierini. (Il Mattino)