Le armi e le tattiche con cui Hamas combatte e resiste a Gaza

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(Roma, 11 agosto 2024). Dopo il 7 ottobre, le forze israeliane hanno iniziato ad avanzare all’interno della Striscia di Gaza. Questo movimento era atteso dai palestinesi, che si erano preparati per un combattimento di guerriglia nel proprio territorio. L’esercito israeliano, trovandosi di fronte a tecniche di combattimento per le quali non era preparato, si è trovato in difficoltà. Nonostante la superiorità numerica e materiale degli israeliani, i gruppi palestinesi riescono a resistere. Le azioni a “distanza nulla”, che implicano combattimenti ravvicinati tra la fanteria palestinese e i carri armati israeliani, risultano essere sia molto efficaci sia altamente mediatici. Per realizzare questi obiettivi i palestinesi usano strumenti tecnici appropriati.

Il Guerrilla Action Kit consiste in una granata AL-YASSIN-105 equipaggiata con una piastra magnetica di contatto. I combattenti di Hamas fissano queste granate sulla parte posteriore dei carri MERKAVA. L’esplosione proietta un proiettile di rame fuso che causa gravi danni all’interno del veicolo. La granata termobarica, invece, è utilizzata contro gruppi di fanteria in spazi chiusi.

Trovandosi mal preparati per un combattimento di guerriglia, i militari israeliani vivono in un clima di insicurezza permanente, rimanendo all’interno dei loro carri armati sotto la difesa del blindaggio e dei sistemi di protezione attivi come il WINDBREAKER (noto anche come TROPHY). I combattenti palestinesi sfruttano gli angoli ciechi dei blindati e le distanze minime per l’attivazione dei sistemi TROPHY, sviluppando armi destinate all’uso a contatto diretto con i blindati. Queste cariche esplosive causano danni significativi quando applicate direttamente al blindaggio. Per proteggersi, i carri israeliani sono stati dotati di un rivestimento antimagnetico, una soluzione simile a quella usata sui carri tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale (Zimmerit).

Un altro strumento sono gli esplosivi della categoria SHOAZ, che sono armi posizionate in prossimità immediata dei blindati israeliani. Attraverso tunnel d’attacco, i combattenti di Hamas possono emergere dal sottosuolo vicino agli israeliani, piazzare la carica esplosiva e scomparire per la stessa via. Le cariche di distruzione SHOAZ, parte dell’arsenale palestinese, includono cariche cave che proiettano piastre di rame deformate in volo, creando proiettili potenti e distruttivi, noti come Explosive Formed Penetrators (EFP). Queste armi, osservate già all’inizio degli anni 2000 in Iraq, sono fabbricate utilizzando l’esplosivo recuperato da bombe e granate israeliane inesplose, il cui tasso di fallimento è stimato intorno al 15% dall’intelligence israeliana.

Fra le tattiche utilizzate dai guerrieri palestinesi ci sono naturalmente i tunnel. Il sottosuolo di Gaza è attraversato da una rete di piccoli tunnel che permettono ai combattenti palestinesi di muoversi senza essere visti e di emergere vicino alle truppe israeliane. Questi tunnel evidenziano la vocazione difensiva di Hamas e la sua capacità di anticipare le mosse israeliane. L’esercito israeliano, prevedibile nelle sue azioni, ha permesso ai palestinesi di prepararsi adeguatamente. I video di propaganda di Hamas mostrano tattiche di attacco ben coordinate, con squadre che immobilizzano i carri armati con razzi AL-YASSIN-105 per poi sparire nei tunnel, mentre una seconda squadra cattura i militari israeliani per farli prigionieri. La rete di tunnel è estesa, diversificata e distribuita su più livelli.

Le imboscate sono una tattica antica ma nuova per l’esercito israeliano nell’operazione SPADE DI FERRO. I palestinesi utilizzano una serie quasi ininterrotta di imboscate, a volte anche multiple: un primo gruppo israeliano cade in un’imboscata, seguito dai rinforzi che vengono colpiti da un’altra imboscata, e così via fino a tre livelli. Le forze israeliane spesso giustificano i bombardamenti delle zone abitate sostenendo che i palestinesi utilizzano le case civili per lanciare razzi, ma queste affermazioni sono state contestate, come nel caso di una casa a Zeitoun già bombardata in precedenza e evacuata dai civili.

Dopo 120 giorni di conflitto intenso, le strutture di comando palestinesi rimangono operative. Nonostante la presenza israeliana, i palestinesi mantengono una coordinazione efficace delle loro operazioni su tutto il territorio. La capacità di condividere esperienze tra il Nord e il Sud della Striscia di Gaza dimostra la decentralizzazione ma anche l’efficienza del loro sistema di comando. L’immagine propagandata da Israele di centri di comando nascosti sotto gli ospedali si è rivelata falsa. Israele non è riuscita a comprendere come i palestinesi gestiscono le loro operazioni di resistenza, cercando di distruggere individui piuttosto che il “sistema” palestinese. Questo approccio ha permesso ai palestinesi di ottenere non solo vittorie tattiche, ma anche successi operativi e strategici.

Di Giuseppe Gagliano. (Inside Over)