Il premier Netanyahu scioglie il gabinetto di guerra e definisce «inaccettabili» le pause umanitarie, ma sul «day after» non ha un piano se non quello di continuare la guerra.
Appare sempre più caotica la scena politica in Israele dove il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato lo scioglimento del gabinetto di guerra che da nove mesi presiede le operazioni militari nella Striscia di Gaza. Netanyahu hai dichiarato che il gabinetto di guerra era stato istituito come parte di un accordo con il politico moderato Benny Gantz e il suo partito di unità nazionale. Con le dimissioni di Gantz, annunciate una settimana fa, il gabinetto di guerra «non ha più ragion d’essere», ha spiegato il premier che d’ora in poi, per le operazioni militari, si consulterà con un gruppo ristretto di ministri, tra cui quello della Difesa, Yoav Gallant, e il ministro degli Affari strategici, Ron Dermer. È improbabile che lo scioglimento del gabinetto di guerra abbia un impatto significativo sul conflitto ma le conseguenze politiche potrebbero essere più ampie: la mossa di Netanyahu infatti è stata vista come un affronto dagli alleati di estrema destra della coalizione di governo, che in seguito alle dimissioni di Gantz avevano rivendicato un ruolo nel gabinetto di guerra dopo aver lamentato di essere stati esclusi per mesi dalle decisioni chiave.
Sul fronte interno, il premier Netanyahu deve tenere sotto controllo anche il crescente malcontento dell’opinione pubblica. Questa settimana, i manifestanti antigovernativi hanno indetto una serie di azioni pianificate con l’obiettivo di paralizzare strade e autostrade del paese e ottenere dall’esecutivo che si dimetta e indica elezioni entro il primo anniversario degli attacchi del 7 ottobre. Ieri migliaia di israeliani hanno sfilato per il lungomare di Tel Aviv per chiedere il rilascio degli ostaggi detenuti a Gaza e stasera è prevista una manifestazione a Gerusalemme davanti alla Knesset. In un video discorso rivolto alla folla l’ostaggio liberato Andrey Kozlov, salvato durante l’operazione della settimana scorsa a Gaza, ha chiesto a Israele di concludere un accordo con Hamas: «Per gli ostaggi che sono ancora a Gaza, c’è una decisione, una sola, si tratta di un accordo tra Israele e Hamas». A Tel Aviv come a Cesarea, vicino all’abitazione privata di Netanyahu, la polizia ha rimosso i cartelli appesi dai manifestanti, effettuato arresti e in alcuni casi è intervenuta con la violenza per disperdere la folla. Lo stesso ex ministro Benny Gantz, che la scorsa settimana ha lasciato la coalizione di Netanyahu in polemica sul fatto che il premier non avrebbe nessuna strategia per il ‘day after’ nella Striscia di Gaza, ha partecipato a una manifestazione in un incrocio nel sud del paese.
(ISPI)