(Roma, 02 giugno 2024). L’ex presidente si è candidato a ricoprire il ruolo lasciato prematuramente da Ebrahim Raisi, morto nell’incidente in elicottero del 19 maggio. In passato, ha avuto contrasti con l’ayatollah
Mahmoud Ahmadinejad ha deciso di riprovarci. L’ex presidente iraniano, in carica dal 2005 al 2013, si è candidato alle elezioni anticipate che si svolgeranno il 28 giugno, indette dopo la morte di Ebrahim Raisi nell’incidente in elicottero del 19 maggio scorso. Stando a quanto riportato dall’agenzia Mehr, l’ultra conservatore ha depositato la sua candidatura negli uffici del ministero dell’Interno oggi, domenica 2 giugno, accompagnato da decine di sostenitori che sventolavano la bandiera della Repubblica islamica.
Ahmadinejad si era presentato anche alle elezioni del 2017 e del 2021, ma gli era stato impedito di partecipare perché negli ultimi anni della sua presidenza aveva avuto dei contrasti con la guida suprema Ali Khamenei, che lo aveva accusato di “comportarsi come i nemici del Paese”. Non è sicuro, dunque, che la sua candidatura verrà approvata dal Consiglio dei guardiani, il potente organo di controllo iraniano che si occupa di vagliare i possibili partecipanti alle presidenziali e di eliminare coloro che non vengono considerati in linea con le posizioni delle autorità clericali.
Mahmoud Ahmadinejad era succeduto al presidente riformista Mohamed Khatami, che nel 1999 aveva portato apertura nella Repubblica islamica. Negli anni del suo mandato, era stato contestato molto sia all’estero che in patria, ma ad oggi può ancora contare sul sostegno delle classi popolari che confidano nel suo aiuto per quanto riguarda le questioni finanziarie. Oltre a lui, si sono registrati come candidati anche l’attuale sindaco di Teheran Alireza Zakani, l’ex ministro della Sanità Masoud Pezeshkian, il governatore delle province del Sistan e Baluchistan, Lorestan e Kerman Habibollah Dahmardeh, l’ex governatore della Banca centrale Abdonnaser Hemmati, il precedente capo negoziatore sul nucleare Saeed Jalili, l’ex speaker del parlamento Ali Larijiani e Vahid Haghanian, che per anni ha servito come brigadiere generale dei pasdaran.
Quest’ultimo è considerato “la mano invisibile” dell’ayatollah Ali Khamenei ed è un bersaglio delle sanzioni degli Stati Uniti dal 2019. Appena dopo il 1979, si è unito ai Wester Teheran Strike Groups, noti per la repressione sanguinosa di gruppi di dissidenti. Nel 1984, si è arruolato nelle Guardie della rivoluzione e ne ha scalato rapidamente i ranghi, arrivando a comandare le unità di intelligence navale e le Forze Quds. Dalla metà degli anni 2000, ha ricoperto il ruolo di vicepresidente esecutivo dell’ufficio di Khamenei.
Haghanian ha dichiarato che la sua decisione di candidarsi è stata “personale”, ma è innegabile che vi sia dietro la mano della guida suprema e la sua vicinanza con l’ayatollah lo rende il candidato favorito di questa tornata elettorale.
Di Filippo Jacopo Carpani. (Il Giornale)