Teheran minaccia Israele in ebraico: chiamati i riservisti, pronta l’aviazione

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(Roma, 05 aprile 2024). Khamenei spaventa il nemico: « Faremo rimpiangere ai sionisti l’attentato di Damasco ». L’ipotesi di un attacco con missili e droni

Lo scrive in ebraico e lo ripete in farsi. Anche per questo le minacce rivolte a Israele dell’Ayatollah Ali Khamenei vengono prese molto sul serio. E infatti la Cia segnala il rischio di un attacco con missili e sciami di droni allo stato ebraico. Il tutto mentre la difesa israeliana sospende permessi e congedi ai propri militari, richiama i riservisti della difesa aerea e annuncia l’alterazione dei sistemi Gps per rendere più complesso il raggiungimento di eventuali obbiettivi da parte di missili e droni lanciati dall’Iran o dalle milizie sue alleate in Medio Oriente.

La minaccia più inquietante, anche perché scritta in ebraico, appare all’alba di ieri sul sito di X attribuito alla Suprema Guida iraniana. «Con l’aiuto di Dio faremo rimpiangere ai sionisti la loro criminale aggressione al consolato iraniano di Damasco», annuncia Khamenei promettendo vendetta per l’uccisione del generale Mohammed Reza Zahedi, del suo luogotenente Mohammad Hadi Haji Rahimi e di altri cinque ufficiali dei pasdaran colpiti dai missili israeliani nel consolato iraniano di Damasco.

Un messaggio reiterato in un discorso ai funzionari della Repubblica Islamica in cui Khamenei promette di «prendere a schiaffi» Israele. Parole non sottovalutate dalla Cia, che sottolinea il rischio di possibili lanci di missili da crociera e droni contro infrastrutture strategiche. L’allarme viene subito condiviso dai vertici della Difesa israeliana che sospendono i congedi e annunciano «il reclutamento di riservisti per rinforzare il sistema di difesa aerea». Il tutto mentre l’ospedale Shaare Zedek di Gerusalemme avvia un’esercitazione in cui si simula un massiccio afflusso di feriti. E mentre il portavoce dell’Idf, Daniel Hagari, afferma che Israele è pronta a tutto. «Siamo in massima allerta. Osserviamo le minacce e le sventiamo continuamente su più fronti, e siamo ad un alto livello di preparazione sia in difesa sia in attacco. Prendiamo sul serio qualsiasi dichiarazione e tutti i nemici. Abbiamo aerei preparati per la difesa e pronti per l’attacco».

A questo punto però bisogna chiedersi quanto la minaccia sia concreta, ovvero se Teheran sia pronta a rischiare una guerra capace di coinvolgere oltre a Israele anche gli Stati Uniti. Fin qui la prospettiva di un conflitto aperto con i due grandi nemici è sempre stata scartata da un regime consapevole che uno scontro diretto ridimensionerebbe la sua influenza regionale e ne metterebbe a rischio la sopravvivenza. L’Ayatollah Khamenei e i vertici di Teheran potrebbero dunque puntare a una risposta non immediatamente attribuibile all’Iran, ma capace di restituire loro il ruolo d’indiscussi nemici dello stato ebraico.

La più scontata e immediata sarebbe un attacco missilistico delegato alle milizie sciite attive in Libano, Siria o Yemen. Ma un attacco di Hezbollah giustificherebbe una rappresaglia israeliana capace di ridimensionare il Partito di Dio libanese. Per questo la minaccia più probabile arriva dalla Siria o da quello Yemen dove operano i miliziani Houthi. Israele tuttavia non sottovaluta neppure il rischio di un attentato affidato a cellule palestinesi. Proprio ieri la sicurezza interna dello Shin Bet ha annunciato il fermo di sette arabi israeliani e quattro palestinesi che progettavano di colpire il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir oltre a varie basi militari e l’aeroporto internazionale Ben Gurion.

Ma la minaccia più temuta resta quella di un anonimo e sanguinoso attentato all’estero simile a quello messo a segno nel 1992 quando un kamikaze fece saltare l’ambasciata israeliana a Buenos Aires provocando la morte di 29 civili e 250 feriti.

Di Gian Micalessin. (Il Giornale)