Libano : l’Unione europea sollecita le riforme per uscire da una «crisi senza fine»

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(Roma, 05 aprile 2024). Dal 2019 Beirut è in crisi economica e finanziaria tra le più gravi mai registrate, secondo la Banca mondiale

L’Unione europea ha sottolineato “l’importanza delle riforme strutturali per evitare al Libano di rimanere intrappolato in un ciclo di crisi perpetuo”. È quanto dichiarato dalla delegazione dell’Ue in Libano e dalle ambasciate degli Stati membri a Beirut, secondo un comunicato stampa diffuso dal sito web dell’Ue in Libano, che sollecita a una “leadership decisa nel Paese”. Riconoscendo “la difficile situazione attuale del Libano”, l’Ue sostiene che “questo momento potrebbe e dovrebbe fungere da catalizzatore per il cambiamento”, invitando a “eleggere un presidente della Repubblica e a formare un governo pienamente funzionante”. “Qualsiasi ritardo, però, non dovrebbe ostacolare l’attuazione delle riforme fondamentali concordate, al fine di ripristinare la fiducia degli attori internazionali e dei cittadini libanesi nel sistema finanziario”, aggiunge la nota, evidenziando che “l’approvazione del bilancio 2024 entro i termini costituzionali, la riforma della legge sul segreto bancario e il mantenimento della stabilità del tasso di cambio dimostrano che dove c’è volontà, c’è una via” percorribile.

Dal 2019, il Libano è afflitto da una crisi economica e finanziaria tra le più gravi mai registrate, secondo la Banca mondiale. La contrazione del Pil reale del 39,9 per cento dal 2018 ha cancellato 15 anni di crescita economica. Una crisi che continua a generare gravi conseguenze sociali e a ostacolare l’accesso ai servizi pubblici essenziali. Con il forte deterioramento della valuta, l’inflazione a tre cifre e un aumento dell’insicurezza alimentare, le condizioni di vita delle famiglie estremamente povere e vulnerabili peggiorano costantemente. Due anni fa, il 7 aprile 2022, il Libano e il Fondo monetario internazionale (Fmi) hanno concordato un programma di azioni e riforme. Il completamento delle riforme avrebbe sbloccato oltre 3 miliardi di dollari in aiuti, ulteriore sostegno da parte dei donatori, avviato il Libano verso la ripresa economica e ristabilito la sua credibilità internazionale. L’Ue ha sottolineato, in questo contesto, che “purtroppo, da allora, sono stati compiuti solo progressi limitati”.

Dal primo novembre 2022, il Libano è senza un presidente, mentre il governo guidato da Najib Miqati si occupa del disbrigo degli affari correnti dal maggio 2022. L’Fmi aveva precedentemente avvertito che “il Paese si trova in una situazione estremamente pericolosa”. Tuttavia, l’attuazione delle riforme economiche e finanziarie in Libano affronta ostacoli significativi radicati nella struttura della società e del sistema politico. L’instabilità politica cronica, alimentata da un sistema settario di condivisione del potere, genera impasse e paralisi decisionale. Questa situazione è aggravata da un livello endemico di corruzione. La crisi bancaria e le conseguenti restrizioni monetarie complicano ulteriormente la situazione. La necessaria ristrutturazione è ostacolata dalla resistenza delle élite economiche e politiche che traggono beneficio dallo status quo.

Il pesante debito pubblico del Libano limita seriamente il margine di manovra del governo per stimolare l’economia e intraprendere riforme strutturali. Le tensioni e i conflitti regionali peggiorano l’instabilità, distogliendo risorse e attenzione dalle riforme necessarie. Questo è particolarmente problematico, considerando che il Libano deve affrontare anche le conseguenze di infrastrutture disfunzionali e servizi pubblici inefficienti, problemi evidenziati e aggravati dalla devastante esplosione al porto di Beirut nell’agosto 2020. La resistenza al cambiamento rappresenta un ulteriore ostacolo significativo. Le riforme economiche spesso comportano perturbazioni che minacciano gli interessi consolidati. In Libano, alcune consorterie economiche, come i titolari di agenzie esclusive che dominano gran parte del mercato, esercitano influenza per preservare i loro privilegi economici, opponendosi vigorosamente a qualsiasi tentativo di liberalizzazione o regolamentazione che possa minacciare il loro monopolio.

(Nova News)