(Roma, Parigi, 27 marzo 2024). Israele colpisce in profondità nel Libano: « É stato condotto l’attacco più settentrionale dall’inizio della guerra ». All’origine del raid isrealiano la risposta a un attacco di Hezbollah lungo il confine
Israele ha colpito ieri obiettivi di Hezbollah in territorio libanese. A confermarlo sono state le stesse forze di difesa israeliane, che hanno condotto raid aerei nella profondità del Libano come risposta a un attacco sferrato dalla milizia sciita libanese che aveva preso di mira una posizione militare israeliana sulle alture del Golan. L’istallazione, considerata « sensibile », è adibita al controllo del traffico aereo nel nord di Israele.
Secondo quanto riportato dal Times of Israel, l’attacco portato dai cacciabombardieri dello Stato ebraico si è concentrato su targert localizzati nelle vicinanze di Zboud, città sita a più di 110 chilometri dal confine israeliano. Quello di ieri, martedì 26 marzo, è considerato « l’attacco più profondo in Libano » lanciato dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. La nuova fase del conflitto israelo-palestinese che conta oggi il 173esimo giorno di ostilità.
Nessuna tregua per Hezbollah
Nel mirino degli israeliani è finito un « complesso militare » attributo ai miliziani di Hezbollah che comprendeva diversi edifici, una piattaforma di atterraggio per droni, e altre infrastrutture utilizzate dalla milizia sciita nel sud del Libano. Compreso un posto di osservazione a Maroun al-Ras identificato proprio in prossimità del base militare israeliana che è stata colpita da missili anticarro lanciati dal Libano. L’istallazione in questione si trova sul Monte Meron.
Il ministro della Difesa Yoav Gallant aveva già annunciato lo scorso mese, in vista di una tregua con Gaza, che il cessate il fuoco per ragioni umanitarie, ora richiesto a gran voce dall’Onu, non avrebbe in nessun modo « influenzato l’obiettivo di Israele di respingere Hezbollah » da confine settentrionale. Un obiettivo che Israele intende raggiungere con la diplomazia o con la forza, se necessario. Secondo quanto riportato da Tel Aviv la « situazione al nord » si sta facendo giorno dopo giorno sempre più insostenibile, e l’escalation che aprirebbe un secondo fronte contro Hezbollah in Libano per quanto indesiderata, rimane contemplata da mesi sia dagli osservatori internazionali, che dai vertici dell’intelligence israeliana che avranno sicuramente pianificato strategie di contingenza.
Le fonti israeliane riportano come dal giorno successivo alla strage del 7 ottobre, i miliziani del « Partito di dio » libanese sostenuto dall’Iran abbiano attaccato « quasi quotidianamente le comunità israeliane » di confine, colpendo siti civili e postazioni militari. Il lancio di razzi, droni armati, missili anticarro e colpi di armi leggere va considerato come un modo di « sostenere Gaza » e tenere impegnati i soldati israeliani che sono stati schierati sul Golan nel caso si fosse aperto un secondo fronte a nord.
Nonostante il sistema di difesa Iron Dome e le altre contromisure, dieci soldati israeliani e sette civili sono rimasti uccisi negli attacchi condotti fino ad ora nelle zone di confine con Libano. Attacchi che hanno sempre assistito a risposte militari israeliane di commisurata intensità.
Tra Libano e Siria
Dall’inizio delle ostilità le forze di difesa israeliane hanno condotto diversi attacchi per eliminare obiettivi di Hamas e sopratutto di Hezbollah, in Libano e anche in Siria. Depositi di armi di Hezbollah e di altre milizie locali filo-iraniane localizzati nelle periferie di Damasco e Aleppo sono finiti a più riprese nel mirino di caccia e droni israeliani. Il 20 gennaio il vertice dell’apparato informativo dei Guardiani della Rivoluzione iraniani e è stato dichiarato morto insieme ad altri tre pasdaran in seguito a un raid israeliano sferrato su Damasco.
Secondo quanto affermato dagli stessi Hezbollah, 248 membri della milizia sciita sono stati uccisi da Israele dall’inizio delle ostilità. Alcuni di loro si trovavano in Siria.
A questo dato vengono aggiunti 42 elementi collegati ad altre sigle terroristiche che considerano lo Stato Ebraico il nemico numero uno della Jihad.
Di Davide Bartoccini. (Il Giornale)