(Roma, 16 marzo 2024). Nel discorso alla nazione del 14 marzo il presidente francese Emmanuel Macron ha ricordato a Vladimir Putin, accusato di voler alzare la tensione in Ucraina, che anche Parigi è una potenza nucleare. Dobbiamo innanzitutto sentirci protetti, perché siamo una potenza nucleare. Siamo pronti; abbiamo una dottrina [per l’uso delle armi nucleari]”, ha detto l’inquilino dell’Eliseo. Accarezzando neanche troppo velatamente il “bottone rosso” della Force de Dissuasion, il deterrente atomico che la Francia possiede da oltre sessant’anni, unica potenza dell’Europa continentale a poter garantire un ombrello nucleare.
Macron lancia un messaggio alla Russia ma anche – se non soprattutto – all’Europa. Alla Russia Macron si rivolge per consolidare quella competizione retorica, politica e strategica che Parigi ha gradualmente innalzato dopo che allo stallo sul conflitto ucraino si è aggiunta, nell’ultimo anno, la dura rivalità tra i proxy di Mosca e i gendarmi francesi in Africa, segno di una lotta senza quartiere che all’Eliseo ha fatto prendere coscienza delle minacce ibride del Cremlino. Macron ha a lungo cercato un accomodamento con Putin, ha tergiversato nel rifornire con forza l’Ucraina e tenuto aperti più canali diplomatici possibili. Ribadendo un ruolo autonomo della Francia come potenza sovrana.
La dissuasione atomica di Parigi
Ma, per usare un gioco di parole, la sovranità è nulla senza la proiezione di potenza. E per il presidente transalpino manifestare il ruolo nucleare della Francia significa riscoprire l’unico vero fattore per cui Parigi può considerarsi attore di statura globale nella competizione militare. Macron, non a caso, parla della dottrina nucleare francese, ispirata al principio del “controvalore“.
La forza nucleare francese, la quarta più grande al mondo dopo quella di Cina, Stati Uniti e Russia, si ispira allo storico dettame del generale Charles de Gaulle, pronunciato ai tempi della Guerra Fredda: “avremo i mezzi per uccidere 80 milioni di russi. Credo davvero che non si attacchi a cuor leggero coloro che sono capaci di uccidere 80 milioni di russi, anche se loro potessero uccidere 800 milioni di francesi, ammesso ci siano 800 milioni di francesi”. Un principio poi sistematizzato nel saggio La paix nucleaire dall’ammiraglio Marc de Joybert, secondo cui innalzando al livello atomico la deterrenza la Francia avrebbe potuto presentarsi come partner diplomatico più credibile e capace di “scalare” ogni risposta alle crisi internazionali.
La dimensione paneuropea dell’atomica francese
E proprio per questo motivo il messaggio europeo è anche all’Europa. Nel contesto del sogno macroniano di una Difesa comune europea, la sommatoria di forze aeree, terrestre, navali, cibernetiche e d’intelligence comunitarie dovrebbe avere come suo nume tutelare la proiezione garantita dalla Force de dissuasion sottomarina e aerea.
Parlando all’Ecolé de Guerre di Parigi il 7 febbraio 2020 Macron intendeva rivolgersi all’Europa quando diceva che il nucleare di Parigi “garantisce la nostra indipendenza, la nostra libertà di valutare, prendere decisioni e agire. Impedisce agli avversari di scommettere sull’escalation, sull’intimidazione e sul ricatto per raggiungere i propri fini”. Parole che possono apparire come miele per chi, oggigiorno, a Est cerca sponde politiche per contrastare la Russia. Si pensi ai Paesi baltici e alla Polonia. Paesi che hanno un rapporto privilegiato con il Regno Unito, in sistemi come la Nato e la Joint Expeditionary Force, e rappresentano il grande paradosso dei piani di difesa comune europei. Loro principale ostacolo in quanto atlantici prima che comunitari ieri, possibile opportunità oggi che Macron usa la “scusa” di Putin per riaffermare la centralità di Parigi.
Una nuova centralità di Parigi
Sarà interessante capire quanto lo sfoggio di potenza di Macron servirà effettivamente a rendere attiva protagonista Parigi in un’Europa che cambia i suoi paradigmi per la politica estera e in cui, in pochi mesi, si dovrà procedere al rinnovo delle cariche apicali. Nel 2019 Macron fu decisivo per l’elezione di Ursula von der Leyen alla Commissione Europea e Charles Michel al Consiglio Europeo. Oggi, dopo la pandemia e la guerra, vuole ricordare il ruolo di kingmaker in un contesto in cui l’asse privilegiato tra Parigi e la Germania si trova diverso a diverse problematiche. E ricordare, ogni tanto, di essere l’unica nazione europea garante della sovranità atomica del Vecchio Continente potrebbe apparire come uno sfoggio di rilevanza politica tutt’altro che indifferente in certe parti del Vecchio Continente. I nomi graditi a Parigi potrebbero dunque avere un percorso privilegiato verso le istituzioni europee.
Nell’Europa di domani Macron vede un ruolo per Tusk e Draghi ?
Due nomi su tutti? Il rientrante premier polacco Donald Tusk, che Macron vuole “sottrarre” al protettorato americano riscoprendone la dimensione europea ed è una tentazione come guida per una futura Commissione Europea, e il sempreverde Mario Draghi che Macron sogna come presidente del Consiglio Europeo. Al tavolo delle trattative di piccole e grandi questioni, avere un bottone nucleare, in questa fase, probabilmente potrebbe rendere la voce di Parigi particolarmente ascoltata. Per arrivare dove, è tutto da vedere: la dimensione del velleitarismo non va mai tolta dal banco quando si parla della strategia francese in generale e quella macroniana in particolare. Per ora lo sfoggio nucleare alimenta la proiezione di Parigi. Tutto da vedere se spingerà i Paesi europei a partecipare a progetti di Difesa europea o se, al contrario, potrà spingere qualcuno a tirare i remi in barca.
Di Andrea Muratore. (Inside Over)