«Non passano dal Bosforo». La Turchia blocca le navi donate da Londra all’Ucraina

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(Roma, 03 gennaio 2024). Il governo di Ankara ha messo negato il passaggio ai due cacciamine donate dalla Royal Navy alla marina di Kiev, mettendo in pratica la convenzione di Montreux

Nonostante il suo desiderio di mantenere una posizione di equilibro tra Russia e Ucraina, la Turchia ha deciso di giocare una carta in favore di Mosca. Martedì 2 gennaio, il governo di Ankara ha annunciato che impedirà il passaggio attraverso il Bosforo e lo stretto dei Dardanelli a due navi dragamine donate dalla Royal Navy britannica alla marina militare di Kiev il mese scorso, in modo da potenziare le forze marittime del Paese invaso nel Mar Nero che, ad oggi, sono costituite solamente da droni.

“I nostri alleati sono stati debitamente informati che le navi cacciamine donate all’Ucraina dal Regno Unito non potranno attraversare lo stretto turco per raggiungere il Mar Nero finché la guerra continuerà”, ha riferito l’ufficio del presidente Recep Tayyip Erdogan, mettendo dunque in pratica la convenzione di Montreux del 1936 attivata dalla Turchia allo scoppio del conflitto. Il trattato prevede il divieto di attraversamento degli stretti che dividono l’Europa dall’Asia alle navi che battono la bandiera di parti in conflitto, esentando però quelle che ritornano nelle loro basi. Fino ad ora, né la Russia né l’Ucraina hanno espresso il desiderio di far passare le loro imbarcazioni nel corridoio di mare controllato da Ankara. Il documento, inoltre, non nomina alcun tipo di restrizione per le marine militari di Paesi non coinvolti in una guerra, ma allo stesso tempo decreta che la Turchia ha l’ultima parola sul passaggio di tutte le navi se teme di essere coinvolta in un conflitto. Ad oggi, il governo di Erdogan ha applicato la convenzione in modo meticoloso e imparziale, in modo da evitare una pericolosa escalation che trascinerebbe i Paesi Nato in guerra.

I due dragamine sarebbero un’aggiunta importante nell’arsenale dell’Ucraina. L’utilizzo dei droni marittimi kamikaze ha infatti costretto la Russia a ritirare le proprie forze dalla parte ovest del Mar Nero, permettendo il ripristino parziale delle rotte commerciali e l’esportazione di grano dal Paese invaso. I mercantili, però, corrono costantemente il rischio di essere danneggiati o distrutti dagli ordigni con cui la marina di Mosca ha tappezzato le acque. In un 2024 che si preannuncia come decisivo per la guerra, la possibilità di esportare un quantitativo maggior di prodotti sarebbe una necessaria iniezione di vitalità per l’economia del Paese invaso, anche a fronte dei blocchi autostradali organizzati dagli agricoltori di nazioni esteuropee per impedire che i loro mercati vengano invasi dalle derrate alimentari ucraine.

Di Filippo Jacopo Carpani. (Il Giornale)