(Roma, 23.06.2023). Dall’inizio della guerra in Ucraina, l’incubo di una guerra nucleare è stato spesso oggetto dell’attenzione dei media. Un interesse sorto con l’inizio dell’invasione ma rafforzato soprattutto quando il presidente russo Vladimir Putin decise, poco dopo l’inizio della “operazione militare speciale”, di mettere le forze strategiche del Paese in stato d’allerta.
La scelta del capo del Cremlino scatenò l’immediata reazione della stampa, che iniziò a interrogarsi su come sarebbe potuto avvenire un lancio nucleare da parte di Mosca. Da una parte andando a studiare le basi formali e strategiche, facendo ricorso alla dottrina nucleare della Federazione Russa. Dall’altra parte, interrogandosi sulla procedura che potrebbe essere avviata in caso di attacco nucleare della Russia.
Sul punto, è importante sottolineare che il documento a cui fanno riferimento gli osservatori è un provvedimento del 2020 firmato dallo stesso Putin e intitolato: “Principi di base della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare”.
Come funziona la catena di comando
Qui, si possono leggere almeno due articoli che chiariscono i principi ispiratori della catena di comando russa in caso di lanciato di testate nucleari. Il primo è l’articolo 18, in base al quale “la decisione di utilizzare armi nucleari è presa dal Presidente della Federazione Russa”. Questo articolo dunque conferma la verticalità della catena di comando dell’arsenale nucleare di Mosca, in cui è il capo del Cremlino, in questo caso Putin, a decidere se utilizzare o meno la bomba. Questo implica dunque che la decisione sull’utilizzo di quest’arma esula dal semplice contesto militare per arrivare fino al massimo livello del potere politico e militare.
Un altro articolo importante all’interno del documento russo è il 20, che afferma che “il Presidente della Federazione Russa potrebbe, se necessario, informare la dirigenza politico-militare di altri Stati e/o organizzazioni internazionali sulla disponibilità della Federazione Russa a utilizzare armi nucleari o sulla decisione presa di utilizzare armi nucleari, nonché il fatto che siano state usate armi nucleari”. Anche in questo caso, pertanto, è fondamentale il ruolo politico del presidente russo, che fa da interlocutore con le altre potenze in caso di utilizzo dello strumento nucleare.
Come funziona la Cheget
In caso di ordine di “first strike”, entra in campo la cosiddetta “valigetta nucleare”, nota in Russia come Cheget. A Mosca esistono tre valigette: una è per il presidente, una è per il ministro della Difesa e la terza per il capo di Stato maggiore delle forze armate. La presenza di queste tre valigette conferma quello che molti osservatori hanno detto sin dall’inizio del conflitto in Ucraina, e cioè che per attivare un attacco nucleare, il procedimento prevede la conferma di tutte e tre le persone che hanno la valigetta. Motivo per il quale, molti ritenevano improbabile un attacco nucleare russo anche per la presunta divergenza di opinioni tra Sergei Shoigu, Valerj Gerasimov e Putin sia dalla prima volta in cui furono mostrati mentre quest’ultimo metteva le forze strategiche in stato d’allerta. Va però sottolineato che alcuni analisti si sono soffermati anche sull’ipotesi che per lanciare i missili non sarebbero necessarie tutte e tre le approvazioni, ma “almeno due”. In ogni caso, il presidente, pur come decisore finale ribadito anche nella dottrina nucleare, non potrebbe decidere sua sponte di lanciare un attacco senza averne reso consapevoli i due maggiori vertici della Difesa russa.
Una volta che il presidente, in quanto decisore finale, ordina l’attacco e le altre due valigette confermano dandone la rispettiva autorizzazione, il Cheget trasmette gli ordini di lancio allo Stato Maggiore che, a sua volta, come ricorda Reuters, invia i codici di autorizzazione ai singoli comandanti delle basi o dei mezzi armati di testate nucleari. Questi, a loro volta, possono così eseguire le procedure di lancio. Esiste anche un altro metodo: lo Stato Maggiore, in caso di abbattimento delle strutture di comando e controllo, potrebbe far partire direttamente il lancio di missili terrestri evitando quindi il passaggio alla catena di comando immediatamente subalterna.
Infine, non bisogna dimenticare Perimeter, anche se questo, come ricordato su il Giornale, non va preso in considerazione in caso di “first strike”, cioè di primo colpo da parte della Federazione Russa. Il protocollo Perimetr entrerebbe in funzione soltanto come attacco di rappresaglia, e consiste in un sistema di “back-up” per mantenere in vita tutti i canali di comunicazione tra basi di lancio e comandi andando a scatenare l’attacco in modo automatico in assenza di strutture di comando e controllo rimaste operative. In sostanza, qualora un nemico dovesse colpire la Russia per primo, e dovesse distruggere le valigette del Cheget, a entrare in servizio sarebbe un sistema capace non di discernere la ragione dell’attacco né la minaccia, ma solo di avviare un’inquietante rappresaglia nucleare per la muta distruzione reciproca.
Di Lorenzo Vita. (Inside Over)