Iran: la ribellione al regime prosegue, l’attrice si mostra di nuovo senza hijab

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(Roma, 21.05.2023). Pantea Bahram, nonostante cause legali e multe, è comparsa nuovamente in pubblico senza il capo coperto mentre prendeva parte al funerale di un regista

Le attrici iraniane Katayoun Riahi e Pantea Bahram sono state denunciate per non avere osservato l’obbligo di indossare il velo in pubblico e stanno affrontando una causa legale. Era il 25 aprile 2023 e a rendere pubblica la questione era stata l’agenza degli attivisti dei diritti umani iraniani Hrana. Oggi la nota attrice Pantea Bahram «ci è ricascata», ed è comparsa nuovamente in pubblico senza il capo coperto mentre prendeva parte al funerale di un regista.

«Ci è ricascata» perché si tratta di una questione di principio. Già in passato, l’attrice aveva partecipato alla cerimonia per la prima di un film senza indossare l’hijab e le autorità giudiziarie avevano avviato un provvedimento a suo carico. L’attrice è stata inoltre multata per avere pubblicato foto e video sui suoi profili social in cui non indossava il velo, in solidarietà con la protesta delle donne in Iran cominciata lo scorso settembre con la morte di Mahsa Amini. Il giorno successivo all’uccisione della ragazza, morta per un capello fuori posto, Pantea aveva pubblicato sui social un disegno della Morte, con la falce appoggiata a un furgone della polizia. In ottobre, la stessa attrice si mostrò su Instagram con lividi sul volto, dopo essere stata arrestata dalle forze di sicurezza e trattenuta per diversi giorni.

Lo scorso 13 febbraio l’attrice Pantea Bahram, 53 anni, era apparsa in un nuovo video dalla sua casa di Teheran: «Vengo da una famiglia nella quale la maggior parte delle persone crede nell’hijab, non nell’hijab obbligatorio». «L’hijab come scelta è qualcosa che io e tutti noi rispettiamo, viene dal cuore. Il fatto che con la coercizione l’avete trasformato in un’imposizione molesta e un trauma collettivo vuol dire che voi non avete alcun rispetto per l’hijab», ha aggiunto rivolgendosi alle autorità iraniane. Poi, ha raccontato un episodio personale risalente al 1993, quando fu picchiata alla testa con una manganellata e poi sospesa dall’università per anni per avere rifiutato di coprire una ciocca di capelli.

Taraneh Alidoosti

Pantea Bahram è solo una delle e dei tanti intellettuali iraniani che si schierano con le donne e gli uomini in rivolta in Iran. Taraneh Alidoosti, una delle più note attrici iraniane (Oscar 2017 al miglior film straniero The Client di Asghar Farhadi), era stata arrestata lo scorso 17 dicembre dalle forze di sicurezza dopo avere criticato sui social l’esecuzione del primo condannato a morte per le proteste in corso nel Paese. L’attrice era stata accusata di «diffondere informazioni false e di sostenere circoli contro-rivoluzionari», come pure di avere «pubblicato contenuti falsi e distorti e incitato al caos», oltre che di avere infranto il rigido codice di abbigliamento femminile della Repubblica islamica. Alidoosti si era schierata con i manifestanti e con le donne iraniane sin dai primi giorni delle proteste. Il mondo del cinema si era mobiliato per invocarne la liberazione, dal Toronto International Film Festival, al festival di Cannes, fino al Locarno Film Festival. Anche la Berlinale si era dichiarata «solidale con le donne e gli uomini che in Iran lottano per i loro diritti». Nei primi giorni del 2023, Taraneh Alidoosti è stata rilasciata su cauzione e ha lasciato il carcere di Evin.

La rivista Time, lo ricordiamo, ha dichiarato le donne iraniane «eroi dell’anno» 2022. Protagoniste indiscusse di queste proteste, le giovani iraniane – sottolineava il magazine americano – vivono una vita che è sempre più «in contrasto» con il messaggio ideologico della Repubblica islamica, tra una repressione sempre più forte e le sanzioni statunitensi che hanno devastato l’economia del Paese mentre il sistema di potere appare «paralizzato» e «preferisce l’isolamento» internazionale.

(Corriere Del Ticino)