(Roma, 17.05.2023). Kiev è stata attaccata dalla Russia per l’ottava volta negli ultimi 16 giorni. Nella sua ultima offensiva, di portata “eccezionale” per la sua intensità, il Cremlino si è affidato a missili da crociera, forse missili balistici Kinzhal e droni. Per le autorità ucraine si è trattato del “massimo numero di attacchi missilistici nel più breve periodo di tempo”.
Le difese dell’Ucraina hanno tuttavia retto all’urto e limitato i danni. Le esplosioni dell’antiaerea hanno infatti protetto la capitale e distrutto le minacce. L’aeronautica ucraina ha parlato di 18 missili intercettati, fra cui sei Kinzhal.
Volodymyr Zelensky ha confermato la versione, dichiarata al Consiglio d’Europa, in videoconferenza, che il 100% dei missili russi lanciati contro il territorio ucraino durante la notte, tra lunedì e martedì, era stato neutralizzato. Mosca ha tuttavia smentito la versione di Kiev, spiegando di non aver lanciato tanti Kinzhal quanti l’Ucraina ha dichiarato di aver abbattuto.
Certo è che i jolly di Zelensky coincidono con i Patriot, mentre la strategia della Russia dà l’impressione di essersi orientata verso l’attacco diretto contro i citati sistemi missilistici difensivi, in dotazione alle forze militari ucraine.
La strategia di Mosca
A proposito della Russia, sembra quasi che Mosca, in questa fase del conflitto, non sia tanto intenzionata a colpire città o strutture nemiche, quanto, piuttosto, gli aiuti militari donati a Kiev. I sistemi Patriot, ad esempio, sono finiti in cima alla lista nera del Cremlino.
Per quale motivo? È lecito supporre che i russi cerchino di puntare alla distruzione delle armi occidentali per una questione di immagine, quasi propagandistica, oltre che militare. Affermare di essere riusciti a disintegrare armamenti americani, ad esempio, può valere una narrazione graffiante. Che, una volta rielaborata, consentirebbe alla leadership russa di sottolineare come le armi occidentali non possano niente di fronte alla potenza delle proprie. Una forzatura, certo, ma che potrebbe far comodo in una fase così delicata del conflitto, con la guerra ormai in corso da più di un anno e con la Russia impantanata in un logorante conflitto limitato al Donbass.
In ogni caso, una strategia del genere, ammesso che si possa parlare di strategia, risulterebbe alquanto dispendiosa in termini economici. Secondo quanto riportato dall’Ekonomichna Pravda, che ha citato informazioni dell’Aeronautica militare ucraina, la Russia avrebbe speso almeno 119,08 milioni di dollari per l’attacco su larga scala lanciato tra il 15 e il 16 maggio scorsi.
Scendendo nei dettagli, Forbes ha scritto che un missile da crociera Kalibr costa 6,5 milioni di dollari, un ipersonico Kh-47 Kinzhal circa 10 milioni, i droni d’attacco Shahed-136/131 di fabbricazione iraniana tra i 20mila e i 50mila dollari per unità e, infine, il valore di un drone Orlan-10 si aggirerebbe intorno ai 100.000 dollari.
Il giallo dei Patriot
Per quanto riguarda le armi occidentali colpite, il ministero della Difesa russo ha affermato che un Kinzhal ha colpito un Patriot. Due funzionari statunitensi hanno riferito che uno dei sistemi di difesa controllati da Kiev sarebbe stato danneggiato durante l’ultimo attacco, aggiungendo tuttavia che sarebbe rimasto operativo contro tutte le minacce. I radar del sistema sarebbero ancora funzionanti e in grado di tracciare i missili in arrivo e intercettarli, ha detto un secondo funzionario.
L’Ucraina ha smentito la versione. Il portavoce dell’aeronautica, Yurii Ihnat, ha detto che il sistema Patriot non può essere distrutto in un singolo attacco, anche se a compiere l’incursione è un missile Kinzhal. “Voglio dirvi di non preoccuparvi per il destino del Patriot”, ha detto Ihnat alla televisione ucraina, aggiungendo che il Patriot è un sistema complesso. “Distruggere il sistema con una sorta di Kinzhal, beh, è impossibile. Pertanto, tutto ciò che i russi dicono, lascia che rimanga nel loro archivio della propaganda”, ha proseguito, di fatto, contraddicendo la versione riportata da vari quotidiani statunitensi.
Di Federico Giuliani. (Il Giornale/Inside Over)