(Roma, Parigi, 25.02.2023). Un anno e passato e si continua a sparare, con i tentativi di cessate il fuoco che non portano frutti. Compreso quello della Cina, che ha proposto un piano per la pace in Ucraina in 12 punti che chiede il sostegno a colloqui tra Russia e Ucraina e la fine delle ostilità, e ribadisce il no di Pechino all’uso di armi nucleari e agli attacchi alle centrali nucleari. Il piano pubblicato dal ministero degli Esteri cinese nel primo anniversario dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina (che Pechino non riconosce come tale, né condanna) mantiene le posizioni già espresse dalla Cina rispetto al conflitto, e appare una summa del pensiero cinese sulla guerra in corso. La Cina chiede di «mantenere razionalità e moderazione» e ribadisce che «il dialogo e il negoziato sono l’unica via d’uscita praticabile» alla crisi. I toni più netti sono riservati all’opposizione del ricorso alle armi nucleari, biologiche o chimiche («non si può combattere una guerra nucleare»). Pechino chiede il rispetto della sovranità di tutti i Paesi, l’abbandono della mentalità da Guerra Fredda e lo stop alle sanzioni «unilaterali», con un linguaggio che fornisce apparenti richiami agli Stati Uniti, mai citati direttamente nel piano di Pechino, ma spesso additati in via ufficiale e sui media statali di essere i veri «promotori della crisi», accusati di «gettare benzina sul fuoco» e di volere trarre profitto dalla situazione. Altri punti del piano cinese riguardano le garanzie per l’esportazione di grano e della stabilità delle filiere industriali e di approvvigionamento, e infine il sostegno alla ricostruzione post-bellica.
Il piano giunge all’indomani del rientro in Cina dell’alto diplomatico di Pechino, Wang Yi, dopo il lungo tour in Europa e in Russia. Wang ha incontrato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, a margine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, mentre a Mosca ha parlato con il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, e con il presidente, Vladimir Putin: il viaggio ha attirato nuovi sospetti da parte dell’Occidente, e in particolare degli Stati Uniti, su quello che viene visto come un sostanziale «allineamento» di Pechino alle posizioni di Mosca, accusa che Pechino respinge: «non c’è nulla di cui preoccuparsi», ha fatto sapere il ministero degli Esteri, che ha parlato anche di «comunicazioni fluide» tra la Cina e l’Ucraina. La crisi ucraina «non si può trascinare all’infinito», ha detto ieri Wang, a capo della Commissione Affari Esteri del Partito Comunista Cinese. Nonostante negli incontri dei giorni scorsi siano emerse posizioni diverse «e persino nettamente opposte» sulla guerra in Ucraina, sostiene l’alto diplomatico di Pechino, «tutti accettano che le controversie debbano essere risolte attraverso il dialogo e i negoziati», e tutti si aspettano dalla Cina «un ruolo più attivo» negli sforzi per arrivare alla pace.
Dalle prime impressioni registrate a livello internazionale, il piano per una soluzione politica della crisi in Ucraina proposto da Pechino non sembra suscitare grandi entusiasmi. È «un buon segnale», per l’incaricata d’affari dell’Ambasciata ucraina a Pechino, Leshchynska Zhanna, che sollecita, però, la Cina a convincere Mosca al ritiro delle truppe dal Paese, e a sostenere gli sforzi di Kiev. Duro il giudizio del segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, che già aveva mostrato scetticismo nei giorni scorsi verso la proposta di Pechino annunciata alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. «La Cina non ha molta credibilità perché non ha condannato l’invasione illegale dell’Ucraina», ha commentato il capo dell’Alleanza Atlantica da Tallinn, mentre per la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, quello proposto da Pechino non è un piano di pace, ma soltanto alcuni principi, e ha ricordato che la Cina ha siglato una partnership «senza limiti» con la Russia solo poche settimane prima dell’inizio dell’invasione.