(Roma, 29 ottobre 2022). Sconfiggere il Battaglione Azov forse è stato uno dei primi obiettivi perseguiti da Mosca a partire da febbraio, da quando cioè il Cremlino ha lanciato le proprie operazioni militari in Ucraina. Quando Putin, nel momento di annunciare l’inizio delle ostilità, ha parlato di “denazificazione” dell’Ucraina, tra i riferimenti c’era senza dubbio la sfida all’Azov. Del resto i membri del Battaglione non hanno mai nascosto, soprattutto negli anni successivi alla fondazione del gruppo, i propri orientamenti politici nazionalisti. E anche nei simboli i richiami all’estrema destra sono sempre apparsi molto evidenti.
In questa guerra del Battaglione Azov si è sentito parlare soprattutto in occasione della battaglia di Mariupol. La città portuale dal 2014 era la sede del gruppo. E forse non è un caso che i russi l’hanno assaltata mettendo in campo anche forze speciali e ceceni. I membri dell’Azov sono rimasti per mesi rintanati nell’acciaieria Azovstal, trasformata nell’ultimo rifugio dei combattenti ucraini a Mariupol.
Poi, con la caduta dell’ultimo bastione il 21 maggio scorso, il Battaglione è sembrato quasi inghiottito dalla storia. Ma è realmente così? Per la verità combattenti con i simboli dell’Azov sono riapparsi nelle ultime settimane nella zona di Kharkiv. E hanno promesso guerra a oltranza alla Russia.
La creazione del Battaglione Kraken
Quando il 24 febbraio scorso nelle città ucraine si vedevano i primi bagliori causati dai primi raid russi, sui social una serie di gruppi di volontari combattenti decidevano di dare vita a un nuovo Battaglione. Il nome scelto è stato quello di Kraken, un mostro marino della mitologia norrena somigliante a un calamaro gigante. All’interno del nuovo gruppo sono confluiti ultras di squadre di calcio, alcuni veterani del conflitto del Donbass del 2014, esponenti di fazioni nazionaliste e anche combattenti riconducibili proprio al Battaglione Azov.
Le squadre di soldati del Karen, non organiche all’esercito di Kiev ma comunque agganciate al ministero della Difesa, sono state dislocate soprattutto a Kharkiv. E questo non è un caso. La seconda città del Paese è stata tra le prime a essere attaccata via terra dai russi. L’idea di Mosca era di prenderla in poche ore, sperando anche in un’approvazione popolare dell’operazione vista la presenza di numerosi cittadini russofoni. Così non è stato: l’esercito regolare ucraino ha risposto e il 27 febbraio le prime avanguardie russe presenti nel perimetro urbano di Kharkiv sono state respinte.
Questo ha spinto molti gruppi ad armarsi e ad aderire al nuovo Battaglione Kraken. Il quale, da allora in poi, oltre a crescere per numero di iscritti ha subito un grande balzo in avanti in termini di popolarità tra i vari gruppi di volontari ucraini impegnati al fronte. E ha ricevuto, tra le altre cose, anche armi e addestramento.
I nuovi combattenti di Azov presenti a Kharkiv
Ma qual è il filo che unisce il Battaglione Kraken con l’Azov? Con la caduta di Mariupol, i gruppi di volontari ucraini hanno cercato altri riferimenti. Per i russi prendere la città portuale ha voluto significare mozzare la testa, a livello sia simbolico che operativo, al Battaglione Azov. Per cui diversi combattenti con le insegne del gruppo hanno iniziato ad aderire al Kraken.
Molti di loro hanno combattuto negli ultimi mesi a Kharkiv, lì dove gli ucraini hanno poi organizzato una controffensiva capace di far indietreggiare i russi fino al proprio confine. Nove giorni dopo la caduta dell’acciaieria Azovstal a Mariupol, è stato proprio uno dei comandanti del Kraken a Kharkiv ad annunciare la nascita di una nuova unità denominata “Azov”. Konstantin Nemichev, nativo di Kharkiv e un passato politico in alcune formazioni di estrema destra, su Telegram il 30 maggio ha reso noto che all’interno del Battaglione Kraken è stata creata un’unità chiamata con lo stesso nome del Battaglione sconfitto a Mariupol.
Non è chiaro chi al momento si trovi al vertice. C’è chi ha parlato di Anatoliy Sydorenko, altro combattente di estrema destra, mentre nella stampa russa sono emersi riferimenti a Nikita Nadtochiy. Quest’ultimo, ferito ad Azovstal nei mesi scorsi ed evacuato in elicottero, sarebbe stato indicato direttamente dall’ex comandante Denis Prokopenko. A giugno la nuova unità non aveva più nello stemma la Wolfsangel ma, al contrario, un simbolo costituito tra da tre spade su sfondo giallo. Più di recente però sui social sono apparse alcune uniforme con il precedente logo.
All’interno dell’unità ci sono nuovi volontari, così come anche veterani del “vecchio” Azov. Del resto il gruppo non era presente solo nella città portuale conquistata dai russi, ma risultava impegnato anche in altri fronti.
Il ritorno dei combattenti imprigionati in Russia
Ma ad aderire alla nuova unità Azov nelle prossime settimane potrebbero essere anche i combattenti fatti prigionieri ad Azovstal e rilasciati nei giorni scorsi dai russi. Se infatti il comandante del Battaglione sconfitto a Mariupol, Denis Prokopenko, è costretto a rimanere in Turchia fino alla fine della guerra in base agli accordi per la liberazione dei prigionieri, molti altri hanno fatto ritorno in Ucraina. E sarebbero pronti a imbracciare nuovamente le armi. Lo hanno specificato pochi giorni fa alcuni comandanti della nuova unità Azov in un’improvvisata conferenza stampa trasmessa sui propri canali YouTube.
Il Battaglione quindi è tornato a esistere, seppur in altre forme e con una schiera diversa di combattenti. Segno di come, per via del perdurare del conflitto, i gruppi di estrema destra e i gruppi nazionalisti continuino a trovare simpatizzanti. Un effetto indiretto paradossale della guerra voluta da Putin: più la Russia attacca e più simboli vicini al mondo dell’estrema destra nazionalista rischiano di affermarsi.
Di Mauro Indelicato. (Il Giornale/Inside Over)