(Roma, Parigi, 06 agosto 2022). Perché il Libano? Alcuni anni fa il distinto storico Jonathan Steinberg scrisse un libro dal titolo “Perché la Svizzera?”, e una domanda simile può essere posta per il Libano che, come la Svizzera, ospita al proprio interno varie comunità differenti. Nel caso libanese non basta tornare indietro nel tempo al tredicesimo secolo dopo Cristo (che vide la nascita dei cantoni svizzeri), bensì dobbiamo tornare molto più indietro, fino al tredicesimo secolo avanti Cristo. Benché la costa del Libano possa sembrare soltanto una sottile striscia circondata dalle montagne, improbabile centro di commercio e industria, la sua originale importanza risiede precisamente nelle sue estese risorse di legno. Nel 1075 a.C. un ufficiale egiziano di nome Wenamun si mise in viaggio dal delta del Nilo alla volta di Biblo (l’odierna Jbeil in Libano) con l’obiettivo di ottenere del legname per la ricostruzione di un tempio egiziano. Le sue avventure, immaginarie o più probabilmente veritiere, sono state documentate su un rotolo di papiro sopravvissuto sino ad oggi; le riserve di legno delle montagne libanesi furono una risorsa vitale per gli egiziani, che nel proprio Paese potevano ottenerne soltanto in misere quantità e di misera qualità.
Non è dunque di grande sorpresa che la striscia di costa che oggi costituisce il Libano fosse il luogo di nascita del commercio trans-mediterraneo nell’antichità. I mercanti fenici erano in grado di ottenere facilmente il legno di cui avevano bisogno per costruire robuste navi per navigare fino ed oltre allo Stretto di Gibilterra. I mercanti di Tiro stabilirono nuovi insediamenti tanto ad ovest quanto le città di Cartagine e Cadice, e guardavano ad est verso la crescente potenza di Assiria, che forniva beni di lusso alla corte dei re assiri — i quali rimasero una presenza significativa nella Roma imperiale portando tali beni dall’oriente. Il Libano era già dunque il crocevia tra la massa continentale del Medio Oriente e l’intera lunghezza del Mediterraneo, un ruolo che avrebbe mantenuto per la maggior parte della propria storia.
Nel Medio Evo, questo stesso tratto di costa venne dapprima conquistato dagli eserciti musulmani, nel settimo secolo, e poi dai crociati alla fine dell’undicesimo secolo. I crociati ne furono in possesso per meno di due secoli, eppure ne sfruttarono le risorse con gusto. Le vicine piantagioni di zucchero di Tiro, molte delle quali possedute da mercanti veneziani, fornivano ciò che nell’Europa occidentale era ancora una prelibatezza rara e costosa. La conquista del litorale da parte dei mammalucchi che governavano l’Egitto nel tardo tredicesimo secolo fu accompagnata dalla distruzione di molti porti levantini; ma ciò conferì soltanto ulteriore rilievo a Beirut, salvaguardata e che costruì stretti legami commerciali con i mercanti genovesi e veneziani che operavano fuori dalla città cipriota di Famagosta. Fra i prodotti che tali mercanti vendevano vi era il cotone, esportato dal nord Italia e trasformato in tessuti — tra cui i famosi fustagni della Lombardia, fatti di una combinazione tra cotone e lana.
L’area dell’odierno Libano era anche una regione di grande diversità etnica e religiosa. Il viaggiatore spagnolo Beniamino di Tudela passò attraverso il Libano intorno al 1170 e notò la presenza nell’entroterra montano della setta degli Assassini sciiti islamici e dei guerrieri drusi, membri di un gruppo religioso che divergeva dall’Islam sciita dell’undicesimo secolo e che conserva pratiche e credi distintivi; uno di questi è la reincarnazione, mentre altri sono ancora rimasti segreti. A questi gruppi andrebbe aggiunto quello dei cristiani maroniti all’interno, i quali veneravano diversi santi locali e che dal sesto secolo in poi svilupparono blandi legami con la chiesa cattolica romana grazie ai loro punti di vista teologici in comune; un rapporto che venne confermato nel corso del tardo dodicesimo secolo e che regge tuttora. La mappa religiosa del Libano moderno è resa ancora più complessa dalla stessa popolazione sciita che vive tra Tiro ed il confine israeliano, nonché dalla vasta popolazione di rifugiati palestinesi e dai loro discendenti, perlopiù musulmani sunniti, mentre la popolazione ebraica del Paese, una volta componente significativa, è quasi scomparsa.
Quando il Libano riemerse da secoli di dominazione ottomana (i Turchi conquistarono la regione nel 1516) le divisioni religiose divennero cruciali per determinarne il futuro. I leader drusi e maroniti collaboravano già tra di loro nel governo locale della regione nel diciottesimo secolo, ma il mandato francese in Siria in seguito alla Prima Guerra Mondiale e infine la scissione dell’impero ottomano offrirono ai nazionalisti un’occasione per concretizzare le proprie ambizioni. Fondando la Repubblica del Libano all’interno della Siria francese nel 1926, la Francia riconobbe la straordinaria importanza degli abitanti cristiani, soddisfacendo al tempo stesso gli interessi degli altri gruppi. L’attitudine francese era plasmata da un nostalgico attaccamento all’epoca delle crociate, viste dagli storici come una giovane espressione della mission civilisatrice della Francia nel Mediterraneo (visione non condivisa al giorno d’oggi). Ad una repubblica libanese completamente indipendente si arrivò nel 1943, in mezzo al caos della Seconda Guerra Mondiale, e la sua costituzione ancora insiste affinché il presidente debba essere un maronita ed il primo ministro uno sciita.
Dal 1948 una delle maggiori questioni della politica libanese è stata la presenza di Israele al sud. Il Libano si considera un Paese arabo ed è membro della Lega degli Stati Arabi, nonostante sia l’unico membro ad ospitare una così alta proporzione di cristiani, molti dei quali discendenti dagli abitanti pre-islamici del Medio Oriente. Sebbene il Libano si sia unito all’attacco arabo ad Israele in quello stesso anno, cercò il più possibile di mantenere un basso profilo nelle guerre contro Israele. Tuttavia il governo non è mai riuscito a limitarne gli attacchi contro, prima da parte dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (tenendo in considerazione la vasta popolazione palestinese nel Libano meridionale) e poi dell’organizzazione Hezbollah finanziata dall’Iran. Alla luce della guerra civile scoppiata in Libano nel 1975 e protrattasi fino al 1990, Israele invase il Libano nel 1982 in supporto agli alleati maroniti, raggiungendo le periferie di Beirut ed in seguito occupando una sottile striscia di terra davanti al proprio confine settentrionale fino al 2000. Le truppe siriane si riversarono nel Paese — la Siria non aveva mai riconosciuto l’indipendenza del Libano — e vennero rimosse soltanto nel 2005.
Tutto ciò ebbe gravi effetti sulla capitale Beirut, che nel suo fulgore era uno degli snodi commerciali più rilevanti del Medio Oriente. Al tempo, insieme alle ricchezze e al benessere arrivò la reputazione per un elevato standard di vita edonistico, con hotel e locali che attraevano sciami di visitatori da più aree puritane della regione. Tuttavia, la distruzione di alcune zone della città durante la guerra civile — seguita dalla ricostruzione, seguita a sua volta da un’altra distruzione — ha contribuito a distruggere anche l’economia del Paese, che nel 2022 è stata segnata da una ripida inflazione, tagli energetici, carenze di scorte alimentari e ovviamente nuove crisi politiche. L’influenza di Hezbollah sulla politica sembra impossibile da spezzare. Una consolazione, forse, è che la Valle della Beqa produce ancora dell’ottimo vino, tra cui il prestigioso Château Musar; ma a parte questo, per il momento, il futuro economico e politico del Paese continua a prospettarsi desolante. Non più il ponte tra Mediterraneo e Medio Oriente, il Libano rischia di diventare uno Stato fallito.
Di David Abulafia. (Inside Over)