Iraq: i sadristi infiammano Baghdad, occupato il Parlamento

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La Polizia spara lacrimogeni contro la folla che ha sfondato le barriere. Al Sadr, il leader anti-Usa e anti-Iran che fa tremare l’Iraq

Diventa sempre più esplosiva l’aria di Baghdad dove le fazioni sciite si confrontano senza trovare soluzioni alla paralisi politica che attanaglia l’Iraq.

Migliaia di sostenitori del leader sciita Moqtada Sadr sono tornati in piazza nella capitale, assaltando la Zona Verde dove hanno abbattuto le barriere occupando di nuovo la sede del Parlamento.

Le immagini diffuse dai media panarabi mostrano le forze di sicurezza che hanno tentato di respingere i manifestanti sparando lacrimogeni e bombe sonore, ma nulla hanno potuto davanti alle centinaia di persone che, con l’ausilio di corde, hanno tirato giù i pezzi di cemento armato alti oltre tre metri che cingono il perimetro dell’area superprotetta, sede dei palazzi istituzionali e delle ambasciate straniere. Altri si sono invece arrampicati, con gli agenti che hanno sostanzialmente lasciato fare, come accaduto mercoledì scorso quando è andato in scena all’incirca lo stesso copione. L’unica differenza questa volta è l’alto numero di feriti, 125 nell’ultimo bilancio, compresi 25 poliziotti. In Parlamento, dopo i selfie di rito, i dimostranti hanno indetto un sit-in permanente, e non è chiaro se e quando usciranno. Appare chiaro che qualche migliaio di manifestanti non uscirà senza un ordine diretto del loro leader. Un’azione di forza appare assai improbabile, il costo umano sarebbe insostenibile anche per le fazioni più bellicose. Quel che è certo è che sono caduti nel nulla gli appelli alla calma, al dialogo e all’unità reiterati in questi giorni dai principali esponenti del governo uscente, a partire dal presidente Barham Saleh, e dalla missione Onu che ha ribadito l’appello a evitare un’escalation di violenza e che si dice preoccupata per la situazione. La Lega Araba è stata ancor più netta, con il segretario generale Ahmad Aboul Gheit che ha chiesto a tutti di anteporre gli interessi del Paese « a quelli di partito e personali ». La crisi politica nel Paese del resto va avanti da 10 mesi, un record di instabilità dall’invasione americana del 2003: le parti non riescono a trovare un accordo per la nomina del presidente della Repubblica e per un nuovo primo ministro. Il blocco parlamentare sadrista ha ritirato i suoi deputati, consentendo di fatto alla coalizione filo-iraniana di diventare maggioritaria nell’assemblea. I partiti armati filo-Teheran nei giorni scorsi hanno candidato a premier Muhammad Sudani – ostile al fronte sadrista che lo bolla come ‘marionetta’ di Teheran – e il voto in Parlamento era previsto in queste ore. Sullo sfondo, avvertono gli analisti, c’è lo scontro vero anche personale tra lo stesso Sadr e Nouri al-Maliki, l’ex premier capofila della fazioni filoiraniane. Si tratta di un confronto che si consuma anche nei palazzi del potere, dove nel corso degli anni gli opposti schieramenti hanno creato quello che i critici chiamano « Stato parallelo », che ha allontanato sempre più la popolazione dalla politica. Alle ultime elezioni, stravinte dal blocco Sadr, si è recato alle urne solo il 43% degli elettori. Nelle piazze per ora le scintille non hanno scatenato l’incendio della violenza tra i due schieramenti. Secondo alcune fonti, per evitare un possibile bagno di sangue è sbarcato a Baghdad anche Esmail Qaani, capo delle forze al Quds dei Pasdaran iraniani, che avrebbe invitato gli alleati di Teheran a « non provocare Sadr ». Il leader sciita tuttavia sembra soffiare sul fuoco, collegando le proteste con il mese sacro del Muharram che culmina per gli sciiti nella celebrazione della Ashura, quest’anno l’8 agosto, quando in migliaia scenderanno in piazza per ricordare la morte dell’Imam Hussein. In tanti temono che nei prossimi giorni la miscela di fervore politico e religioso possa infiammare ancor di più il Paese.

Al Sadr, il leader anti-Iran e anti-Usa che fa tremare l’Iraq

Anti iraniano, elettoralmente popolare anche grazie a passati richiami messianici e politicamente audace, ma soprattutto capo-milizia in grado di scombussolare l’Iraq con ripercussioni nell’area: questo e molto altro è Muqtada al-Sadr, il leader sciita iracheno che ha fatto occupare il Parlamento di Baghad. Vincitore delle elezioni del 10 ottobre scorso, Moqtada si oppone a ogni interferenza straniera chiedendo a gran voce il ripristino della sovranità nazionale irachena a scapito delle influenze iraniana e statunitense. Anche se circa i rapporti con Teheran analisti gli attribuiscono un elevato pragmatismo, storicamente diverso è il discorso sugli Usa: i suoi uomini avevano combattuto fieramente l’occupazione americana dopo il 2003. La milizia che fu impegnata in quella guerriglia era stata da lui fondata nel giugno di quell’anno e ha un nome evocativo: « Jaysh al-Mahdi » (Jam), quindi « Esercito del Mahdi », con rimando a una figura dell’escatologia islamica equiparabile al Messia cristiano ed ebraico. L’enciclopedia britannica lo ha definito il « patrono del populismo sciita durante la guerra in Iraq ». I mal coordinati ma numerosi (migliaia) miliziani del Jam si scontrarono con le forze multinazionali soprattutto nell’aprile e nell’agosto 2004 e furono accusati di aver molto contribuito al conflitto tra sciiti e sunniti in Iraq innescando spirali di odio con rapimenti, uccisioni, torture e distruzione di moschee. Moqtada si vanta di non aver mai lasciato l’Iraq, nemmeno negli anni bui della repressione di Saddam Hussein, fonte di altro odio, soprattutto personale: il padre Mohammed Sadeq al-Sadr, grande ayatollah e una delle figure religiose più importanti del mondo islamico alla fine del secolo scorso, fu assassinato a Najaf (città natale di Moqtada e roccaforte della famiglia) nel febbraio 1999 insieme a due figli, sembra per volere proprio del governo del rais. Leader del Movimento Sadrista, partito al quale appartengono 73 parlamentari dell’attuale legislatura (composta da 329 deputati), 48 anni giovedì prossimo, Muqtada alle elezioni di ottobre aveva battuto tutti i suoi concorrenti iracheni ma soprattutto i partiti sostenuti dall’Iran per poi tentare una mossa definita « senza precedenti » dal think tank Atlantic Council: evitare una coalizione maggioritaria escludendo del tutto dal governo i partiti allineati con Teheran e anche quelli sciiti, in quello che « sarebbe stato un duro colpo per la crescente influenza regionale dell’Iran in Medio Oriente ». Sadr è considerato « uno dei pochissimi leader politici iracheni difficile da intimidire », avverte il centro studi americano ricordando la forza della sua milizia personale, la « Saraya al-Salam » (le « Brigate della pace »): una « rivitalizzata forma » dell’Esercito del Mahdi, concorrente di milizie filo-iraniane come l' »Asa’ib Ahl al-Haq » e la « Kata’ib Hezbollah », ricorda il sito « Jihad Intel ».

(ANSA)