Libia: manifestanti assaltano il Parlamento di Tobruk, fiamme dall’edificio

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(Roma, 01 luglio 2022). Alcuni dimostranti sono penetrati nella Camera dei rappresentanti di Tobruk, la sede del parlamento libico basato nell’est del Paese, appiccando un incendio. Il quartier generale del foro legislativo eletto nel 2014 è stato preso d’assalto da alcuni manifestanti, che sono apparentemente riusciti a dare alle fiamme alcuni documenti all’interno dell’edificio. A Tripoli, la capitale, centinaia di persone hanno riempito l’iconica piazza dei Martiri per chiedere il rovesciamento di tutti gli organi politici ed esecutivi del Paese. Era dal 2019 che non si verificavano proteste di tale portata non solo a Tripoli, ma anche a Bengasi (est), Misurata (ovest) e Tobruk (est). La differenza, stavolta, è che le critiche sono rivolte all’intera classe politica. I manifestanti nella piazza dei Martiri, area controllata dalla Brigata Nawasi, gruppo armato da tempi ai ferri corti con il Governo di unità nazionale del premier ad interim Abdulhamid Dabaiba, hanno chiesto anche la caduta di Siddiq Al Kabir, il governatore della Banca Centrale della Libia, considerato da molti dimostranti tra i principali responsabili della crisi politica, sociale ed economica del Paese.

Claudia Gazzini, analista senior dell’International Crisis Group (Icg), aveva previsto che il malcontento popolare in Libia stava aumentando. “La gente è molto arrabbiata. C’è tanta rabbia, molta voglia di iniziare una sorta di rivolta popolare nei confronti del Parlamento, dei due governi (uno con sede a Tripoli e l’altro a Sirte, ndr) e di tutti coloro che sono al potere”, aveva detto Gazzini a “Nova” il 28 giugno scorso, anticipando la mobilitazione popolare che ha avuto luogo oggi. “Sia a Bengasi che a Tripoli manca l’elettricità anche per 12 ore al giorno e le spiegazioni che vengono fornite non sono sempre sufficienti”, ha detto Gazzini, sottolineando l’importanza di riprendere quanto prima le esportazioni petrolifere per alimentare le centrali elettriche del Paese.

Da febbraio è in corso un braccio di ferro tra due coalizioni rivali in Libia: da una parte il Governo di unità nazionale (Gun) del premier ad interim Abdulhamid Dabaiba con sede a Tripoli, riconosciuto al livello internazionale ma sfiduciato dal Parlamento; dall’altra il Governo di stabilità nazionale designato dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk e guidato da Fathi Bashagha, appoggiato a sua volta dal generale Khalifa Haftar. L’esecutivo del premier uscente controlla la capitale Tripoli e diverse zone della Tripolitania, la regione più popolosa del Paese. Il Gsn sostenuto dal Parlamento dell’est e dal generale libico Khalifa Haftar controlla i pozzi petroliferi situati in Cirenaica e nel Fezzan, oltre agli edifici governativi di Bengasi (est), Sirte (centro-nord) e Sebha (sud-ovest). Intanto la produzione petrolifera è crollata per effetto dei blocchi dei terminal di esportazione, con gravi conseguenze sul sistema elettrico che dipende dal carburante

Mustafa Sanallah, il presidente della National Oil Corporation (Noc), l’ente petrolifero libico ha recentemente avvertito che la situazione in Libia è “molto grave” e ha annunciato lo stato di forza maggiore, cioè l’impossibilità di consegnare i carichi di greggio ai clienti, nella regione del Golfo della Sirte (nell’est del Paese) e nel giacimento El Feel situato nel sud del Paese. Questo potrebbe portare la produzione petrolifera della Libia a circa 100 mila, uno dei dati più bassi di sempre. “E’ essenziale che le esportazioni continuino per garantire l’approvvigionamento di combustibile, sia gas che diesel, che alimentano le centrali libiche”, aveva detto da parte sua Gazzini. La chiusura dei porti ha conseguenze che vanno ben al di là della mancata esportazione del greggio. I terminal petroliferi sono interconnessi con le linee di produzione e i giacimenti stessi, che in molti casi non producono solo petrolio ma anche gas associato. Quest’ultimo, insieme al carburante che viene acquistato sui mercati internazionali con denaro liquido o con scambio merci (swap petrolio-diesel), serve ad alimentare le centrali elettriche libiche della Libia.

(Agenzia Nova)