Kaliningrad: l’exclave russa incubo della Nato

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(Roma, 20 giugno 2022). Con l’ingresso nella Nato prima della Polonia e poi – nel 2004 – della Lituania, Kaliningrad si è trovata circondata da territori appartenenti all’Alleanza Atlantica. La conseguenza è stata una crescente militarizzazione dell’Oblast, dove ha sede la Flotta russa del Baltico

Prima del 1946 si chiamava Konigsberg, fu capitale del Ducato di Prussia ed è rimasta celebre per aver dato i natali a Immanuel Kant. Quando, dopo la disfatta del Terzo Reich, la Prussia orientale fu divisa tra Urss e Polonia e la sua popolazione autoctona espulsa, la città che fu roccaforte dei cavalieri teutonici divenne territorio sovietico e venne ribattezzata Kaliningrad in memoria di Mikhail Kalinin, leader bolscevico da poco deceduto.

Finché le nazioni baltiche fecero parte dell’Urss, la regione di Kaliningrad poté contare su una continuità territoriale con il resto del Paese. La situazione mutò drasticamente dopo la caduta del muro di Berlino, quando l’Oblast diventò una exclave stretta tra Polonia e Lituania, priva di ogni collegamento terrestre con il resto della Russia.

La complessa questione fu regolata da Russia e Unione Europea con una dichiarazione di partnership del 2002, integrata nel 2004, che garantisce il transito di merci tra l’exclave e il resto della Federazione. Ed è proprio questa dichiarazione che il Cremlino ritiene oggi violata dalla decisione lituana di chiudere il transito attraverso il suo territorio dei beni colpiti da sanzioni Ue.

Con il progressivo deteriorarsi delle relazioni tra Russia e Ue, molti accordi stretti in precedenza, a partire dall’Accordo di Partenariato e Cooperazione, sono diventati in parte lettera morta, per stessa ammissione dei firmatari. A rendere incandescente la crisi innescata dall’iniziativa di Vilnius, che afferma di applicare semplicemente le sanzioni previste, è però il suo profilo militare.

Con l’ingresso nella Nato prima della Polonia e poi – nel 2004 – della Lituania, Kaliningrad si è trovata circondata da territori appartenenti all’Alleanza Atlantica. La conseguenza fu una crescente militarizzazione dell’Oblast, dove ha sede la Flotta russa del Baltico. Nella regione di Kaliningrad sono un sofisticato sistema radar Voronezh DM con una copertura di 6 mila chilometri e batterie di missili ipersonici Iskander-M con gittata sufficiente a raggiungere Berlino.

Mosca ha minacciato di armarli con testate nucleari in seguito alla richiesta di adesione alla Nato avanzata da Svezia e Finlandia ma nella comunità di analisti militari c’è chi sostiene che la regione ospiti già da tempo armi atomiche.

Il personale militare schierato nell’Oblast è pari, secondo Mosca, a 100 mila effettivi. Alcuni osservatori occidentali ritengono siano il doppio.

Nel caso di un’escalation militare, il primo obiettivo russo sarebbe la chiusura del corridoio di Suwalki, una striscia di 100 chilometri tra Polonia e Lituania che separa Kaliningrad dalla Bielorussia ed è in assoluto il punto più vulnerabile di tutto il territorio Nato. Se le forze di Mosca e Minsk chiudessero il corridoio (operazione simulata più volte durante esercitazioni militari congiunte), i Paesi baltici si ritroverebbero isolati, privi di collegamenti terrestri con il resto del blocco atlantico.

Washington e i suoi alleati hanno, a loro volta, un piano per distruggere le difese di Kaliningrad, aveva assicurato nel 2019 il generale Jeff Harrigan, comandante dell’aviazione Usa in Europa.

« Ci esercitiamo, pensiamo a questi piani tutto il tempo e, se diventassi mai necessario, siamo pronti a eseguirli », aveva dichiarato Harrigan ad alcuni cronisti specializzati senza, come naturale, fornire dettagli. Oggi, con Mosca dettasi pronta a usare « ogni mezzo » per sbloccare l’exclave, il rischio di dover mettere in pratica tali piani non è mai stato così concreto.

Di Francesco Russo. (AGI)