Siria: intercettati missili di Israele contro il Nord-Est di Damasco

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Il 31 gennaio, le forze di Difesa aerea siriana hanno intercettato missili, presumibilmente di Israele, diretti verso la periferia Orientale della capitale Damasco. A riferirlo sono state fonti militari locali, secondo quanto reso noto da Reuters, la quale ha citato le agenzie di stampa siriane.

L’esplosione di tali missili, ha spiegato la fonte, ha provocato danni materiali non specificati alle strutture circostanti. Maggiori informazioni sono poi state fornite da due disertori militari siriani, i quali hanno chiarito che tali attacchi avevano colpito aree nel Nord-Est di Damasco, vicino alla città di Qutayfah. Si tratta di un territorio dove il gruppo libanese di Hezbollah, sostenuto dall’Iran, è significativamente presente. Nell’area, inoltre, tale gruppo dispone di un deposito di armi. L’Esercito israeliano ha rifiutato di lasciare commenti su tali sviluppi, ha riferito Reuters. A confermare quanto accaduto è stata anche l’emittente al-Arabiya. Quest’ultima, citando l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR), ha spiegato che le aree gestite da Hezbollah, situate a Nord-Est di Damasco, sono state colpite da una raffica di missili di Israele, intorno alle 3:05 del mattino, ora locale. Successivamente, fonti affidabili hanno reso noto che l’attacco ha provocato una serie di incendi “in avamposti militari e nei depositi di armi appartenenti a Hezbollah”. Secondo il SHOR, tali violenze avrebbero provocato delle vittime, sebbene non siano stati ancora forniti dati ufficiali. Nonostante ciò, media ufficiali statali della Siria hanno reso noto che l’attacco aveva causato solo danni materiali, senza fornire maggiori dettagli su quale fosse, de facto, l’obiettivo dell’incursione.  “Alle 3:05 di oggi [31 gennaio], il nemico israeliano ha effettuato un assalto aereo per mezzo di una raffica di missili, prendendo di mira alcuni punti nella periferia di Damasco”, ha affermato l’agenzia di stampa SANA, citata da al-Arabiya. “Le nostre difese aeree hanno risposto all’attacco. Sono stati intercettati alcuni missili”, si legge.

Nel frattempo, il 30 gennaio, le Syrian Democratic Forces (SDF), supportate dagli Stati Uniti, hanno annunciato di aver neutralizzato tutti i militanti dello Stato Islamico presenti nelle carceri siriane. L’operazione è giunta dopo che, il 20 gennaio, più di cento combattenti dell’ISIS avevano attaccato la prigione gestita dai curdi di Ghwayran, una delle più grandi strutture che ospitano i militanti dello Stato Islamico nel Nord-Est della Siria. L’incursione aveva provocato la liberazione di altri membri del gruppo, il sequestro di armi e la presa di controllo di diversi blocchi di celle. Dal 20 gennaio, i pesanti combattimenti dentro e intorno alla prigione hanno ucciso 181 persone, inclusi 124 membri dell’ISIS, 50 combattenti curdi e 7 civili, secondo il SOHR. Le SDF, con il sostegno della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’ISIS, avevano circondato la prigione e avevano cercato di indurre i combattenti ad arrendersi. La Coalizione aveva condotto attacchi aerei contro la prigione e si era servita di elicotteri Apache per prendere di mira i militanti dall’alto. Le SDF avevano anche lavorato per mettere in sicurezza i quartieri circostanti, poiché i combattenti si sono rifugiati nelle case dei civili e hanno sparato da lì. La presenza di ostaggi nella prigione ha reso difficile la riconquista, con le SDF che hanno affermato che la loro priorità era garantire la sicurezza degli ostaggi piuttosto che eliminare i militanti.

Tali eventi si collocano nel più ampio quadro del conflitto siriano, scoppiato il 15 marzo del 2011. In tale occasione, il governo, legato al presidente Bashar al-Assad, aveva assistito a una serie di proteste senza precedenti a favore della democratizzazione del Paese e la fine del regime di Assad. Gli scontri si sono successivamente acuiti e, a partire da settembre 2011, si sono tramutati in una vera e propria guerra civile. Da una parte, si trova il governo e le forze affiliate a Bashar al-Assad, dall’altra i ribelli. Negli anni sono sorti sempre più movimenti anti-governativi, alcuni dei quali si sono radicalizzati in gruppi di fondamentalisti islamici sunniti. Tra i Paesi intervenuti nel conflitto, la Russia si è collocata sul fronte filogovernativo, a partire dal 30 settembre 2015, offrendo supporto al governo di Assad sia a livello economico che militare. Dall’altra parte, la Turchia si è posta al fianco dei gruppi ribelli. È altresì importante ricordare che la presenza russa in Siria non si limita a supportare le forze filogovernative, ma conduce operazioni contro lo Stato Islamico. In tale contesto, l’ISIS ha trovato terreno fertile per subentrare, la cui autoproclamazione è avvenuta il 29 luglio 2014. Gli Stati Uniti sono intervenuti nel conflitto siriano attraverso l’operazione Inherent Resolve, la missione militare statunitense contro lo Stato Islamico in Siria e in Iraq, avviata il 15 giugno 2014, dopo la richiesta ufficiale di sostegno avanzata dal governo iracheno. Il 23 marzo 2019, le SDF avevano annunciato ufficialmente la conquista dell’ultima enclave posta sotto il controllo dell’ISIS, Baghouz, nell’Est della Siria. In questo modo, si poneva fine al califfato jihadista.

Di Anna Peverieri. (Sicurezza Internazionale)