Le 527 schede bianche all’esito della seconda votazione per l’elezione del presidente della Repubblica, insieme alle nulle (38) e ai voti dispersi (125), sono le vere protagoniste di questo nuovo scrutinio che lascia ancora aperta la partita per il nuovo capo dello Stato. Crescono però i consensi nei confronti di Sergio Mattarella e Paolo Maddalena (39), Renzo Tondo (18) Roberto Cassinelli (17), Ettore Rosato (14), Umberto Bossi (12) Giancarlo Giorgetti, Luigi Manconi e Marta Cartabia (8), Silvio Berlusconi e Giuseppe Moles (7) e Nicola Gratteri (6). La seduta comune è aggiornata a domani, alle 11. Procedimento particolarmente fluido quello della seconda giornata di votazioni per l’elezione del presidente della Repubblica. Il meccanismo di scrutini per fasce orarie e tranches di grandi elettori, collaudato nella prima giornata, non ha visto alcun intoppo e senatori, deputati e delegati regionali si sono ordinatamente succeduti dalle 15 fino al termine, alle 18.30 circa.
Letizia Moratti, Marcello Pera, Carlo Nordio. Sono i tre candidati del centrodestra per la presidenza della Repubblica, emersi al termine di una riunione dei leader della coalizione a Montecitorio. Ad annunciarlo è stato il segretario della Lega, Matteo Salvini, durante una conferenza stampa sempre alla Camera. “Non presentiamo dirigenti di partito, anche se c’è qualcuno seduto a questo tavolo che avrebbe tutti i titoli per ambire a questa carica”, ha proseguito l’ex ministro dell’Interno riferendosi al coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani, presente all’incontro con i cronisti, e citato per l’alto profilo internazionale. “Non c’è, invece, il nome di Elisabetta Alberti Casellati perché riteniamo le cariche istituzionali debbano essere tenute fuori”, ha poi spiegato il senatore leghista, malgrado la sensazione che in occasione del quarto scrutinio, quello in cui serve la maggioranza assoluta dei voti, il centrodestra possa calare sul tavolo la carta rappresenta dall’attuale presidente del Senato. “Di più non possiamo e non vogliamo fare: chiedo ai partiti di parlare del merito. Auspichiamo di trovare dall’altra parte uguale responsabilità: attendiamo una risposta. Facciamo una proposta per fare un passo avanti e per evitare che la politica dia una pessima immagine di sé continuando a prendere tempo per giorni”, ha affermato la numero uno di Fd’I, Giorgia Meloni, che ha, inoltre, sottolineato: “La nostra proposta non è tattica e non si tratta di candidati di bandiera”, ma “il centrodestra, visti i numeri, ha diritto di fare proposte e di chiedere agli altri di esprimersi su quelle proposte”. “Noi vogliamo dialogare, vogliamo confrontarci con tutti in un Parlamento sovrano e trovare la soluzione migliore”, il pensiero di Tajani stesso.
Immediato il commento del segretario del Partito democratico, Enrico Letta, secondo cui si tratta di “nomi sicuramente di qualità, li valuteremo senza spirito pregiudiziale”. Parole salutate con soddisfazione da Meloni, che le ha giudicate “un passo avanti”, e da Salvini su Twitter: “Bene l’apertura al confronto – le considerazioni dell’ex vicepremier -, dal centrodestra nessun tatticismo. Scegliamo in fretta il meglio per l’Italia”. Aperture, quelle di Letta, contraddette solo qualche ora più tardi da una nota congiunta di Movimento cinque stelle, Pd e Liberi e uguali. “Prendiamo atto della terna formulata dal centrodestra che appare un passo in avanti, utile al dialogo – scrivono al termine del loro incontro Giuseppe Conte, Letta e Roberto Speranza -. Pur rispettando le legittime scelte del centrodestra, non riteniamo che su quei nomi possa svilupparsi la larga condivisione in questo momento necessaria. Riconfermiamo la nostra volontà di giungere a una soluzione condivisa su un nome super partes e per questo non contrapponiamo una nostra rosa di nomi. Nella giornata di domani proponiamo un incontro tra due delegazioni ristrette in cui porteremo le nostre proposte”. “Dobbiamo incontrarci” con il centrodestra “e buttare via la chiave finché non si trova una soluzione” per il Quirinale, ha ribadito sempre Letta lasciando Montecitorio dopo la riunione. “Il Paese non può aspettare giorni di schede bianche. Noi siamo disponibili a farlo”, ha proseguito. “Oggi abbiamo deciso di non presentare una rosa di nomi. In questo modo acceleriamo il dialogo con il centrodestra con l’impegno di trovare nelle prossime ore una soluzione condivisa. L’Italia non ha tempo da perdere. Non è il momento del muro contro muro”, ha segnalato Conte che ha confermato la contrarietà del M5s al trasloco di Draghi da palazzo Chigi al Quirinale, rilevando che “se abbiamo affidato a un timoniere questa nave in difficoltà, non ci sono le condizioni per fermare i motori e cambiare l’equipaggio. La nostra nave è ancora in difficoltà”.
Mosse e contromosse, dunque, come in una partita a scacchi, in un’altra giornata segnata da faccia a faccia, come quello tra Tajani ed ancora Letta, al palazzo dei gruppi parlamentari a Montecitorio. Un “colloquio costruttivo”, viene riferito da fonti del Nazareno, “in cui si sono valutate opzioni e vagliati nomi con l’auspicio di arrivare a una soluzione equilibrata nell’interesse del Paese. Letta ha spiegato come in questa partita non abbia mai negato al centrodestra la legittimità di proporre profili, chiarendo però perché secondo lui, in un Parlamento così frammentato – hanno spiegato le fonti del Pd -, solo un profilo realmente super partes, autorevole e non divisivo può rappresentare una soluzione soddisfacente per tutti”. “E’ necessario che nessuno vinca per vincere tutti”, ha ripetuto il leader democratico. Dal canto suo, Matteo Renzi non ha dubbi: “Si fanno le rose senza il coraggio di votare i nomi. Alla terza votazione per il presidente della Repubblica non si fanno le rose, si votano i nomi: facciamo politica, non sondaggi d’opinione. Si perde tempo con una votazione al giorno (torniamo almeno a fare due votazioni al giorno). E manca la regia politica – ha osservato il fondatore di Italia viva ed ex premier nella sua Enews -. Nel 2013 e nel 2015 il Parlamento era lo stesso. Nel 2013, i grandi elettori hanno fallito; nel 2015, i grandi elettori hanno scelto Mattarella. Il Parlamento era lo stesso, la platea era la stessa. Ma nel 2013 è mancata la regia politica”.
Nelle prossime ore, in vista della terza votazione, ed in attesa delle indicazioni da parte di M5s-Pd-Leu, spazio ad altri colloqui e contatti. L’attivissimo Salvini, che ha dichiarato di aver sentito ancora Draghi, vedrà di nuovo sia Conte che Letta, mentre ci dovrebbe essere l’ennesima riunione del centrodestra e l’incontro tra le due delegazioni ristrette – da un lato il centrodestra, dall’altro M5s, Pd e Leu – in cui questi ultimi presenteranno appunto le loro proposte. Il quadro, dunque, è ancora incerto: se al quarto scrutinio, in programma giovedì, il centrodestra non ce la facesse a far passare uno dei nomi della sua terna di candidati o, in alternativa Casellati, la scelta si restringerebbe tra Mario Draghi e Pier Ferdinando Casini. Senza dimenticare, sullo sfondo, nel caso di stallo, la possibilità di un estremo appello a Sergio Mattarella per un suo bis al Colle. (Nova News)