Regno Unito : coronavirus, aumentati i contagi. Johnson a parole fa marcia indietro, Ora misure draconiane

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Il premier esorta gli inglesi a «uscire di casa solo per i servizi necessari o per esercizi fisici distanziati dagli altri, a ridurre gli spostamenti, lavorare da casa e limitare i contatti». Tutti i locali per ora potranno rimanere aperti, così come le scuole.

Ci sono due motivi per i quali oggi Boris Johnson e il suo governo hanno fatto una mezza e controversa marcia indietro sulla lotta, sinora «rilassata» per i critici, contro il coronavirus in Regno Unito. Il primo: fonti di Downing Street riferiscono che «i contagi sono cresciuti troppo negli ultimi giorni».

 E così da «quattro settimane di distanza da una situazione stile Italia», si è arrivati drasticamente a tre, con la capitale Londra che corre sempre più spedita verso l’emergenza rispetto al resto del Paese: «Quindi bisogna limitare subito i contagi». Il secondo: la tanto celebrata sanità pubblica britannica ha sinora soltanto 6mila posti letto per la terapia intensiva. Pochissimi. Quindi serviva prendere tempo per evitare una pressione abnorme e pericolosa sul sistema sanitario nazionale.

Ecco perché stasera il premier ha annunciato in conferenza stampa a Downing Street nuove misure «urgenti e draconiane» per fermare l’epidemia del coronavirus in Regno Unito, dove i morti oggi sono diventati 55 (venti in più rispetto a ieri) e i contagi totali 1.543. Ma è difficile dire quanto questi provvedimenti siano davvero «draconiani».

Johnson ha esortato d’ora in poi gli inglesi a «uscire di casa solo per i servizi necessari o per esercizi fisici ben distanziati dalle altre persone, a ridurre gli spostamenti all’interno del Paese, lavorare da casa per quanto possibile e limitare drasticamente i contatti e i luoghi pubblici, e quindi i tradizionali pub, discoteche, ristoranti, cinema, teatri». Tutti locali che però in teoria potranno rimanere aperti, così come le scuole di ogni sorta, almeno per ora, a differenza di quasi tutti gli altri Paesi europei: «Ora non è il momento di simili decisioni, ma magari in futuro sì», ha detto Johnson.

Attenzione: tutto questo sarà su base volontaria. Non ci sarà un obbligo reale per i cittaidini di stare in casa, né saranno incriminati qualora non rispettassero gli inviti del premier, che però dice: «Mi fido del buonsenso di questo Paese maturo e adulto». Certo, i britannici hanno di norma un elevato senso civico e c’è da scommettere che nelle prossime settimane e mesi la stragrande maggioranza della popolazione rinuncerà alle loro pinte quotidiane e a moltissimo altro nel rispetto dell’appello del premier. Un «annuncio che non si era mai visto in tempi recenti di pace», Boris dixit. Ma di fatto innesca un limbo confusionario: che cosa faranno adesso i proprietari di ristoranti, pub e cinema? Come si comporteranno? Qualcuno è già sul piede di guerra perché l’invito del premier a non frequentare i loro locali è peggiore della chiusura drastica. In quel caso, infatti, almeno le assicurazioni avrebbero pagato dei risarcimenti. Adesso, invece, neanche una sterlina. Johnson ha assicurato «sostegno alle piccole e medie imprese». Ma senza articolare di più, per il momento.

Altra misura «draconiana» di Johnson: se si ha uno dei due sintomi del coronavirus (febbre alta o tosse persistente), il soggetto dovrà astenersi dall’uscire per una settimana mentre «tutto » il resto della famiglia dovrà rimanere in quarantena per due settimane. Non solo: le categorie «più fragili» dovranno restare a casa per 12 settimane, con o senza sintomi.

Tra questi, tutti gli ultrasettantenni (come riportato due giorni fa da Repubblica), adulti con meno di settant’anni con patologie serie e infine le donne incinte, perché «non è chiaro», ha detto la massima autorità medica del governo Chris Whitty, «l’effetto del coronavirus su di loro». Alla domanda « ma la quarantena preventiva degli ultra 70enni si applicherà anche ai parlamentari? », il premier ha confermato di sì con un piccolo ghigno. Perché, dunque, dovrà rispettarla anche il «nemico» e leader laburista Jeremy Corbyn, confinato dunque lontano dal Parlamento.

Infine, la polemica sull’immunità di gregge contro il coronavirus. A domanda precisa «è dunque ora esclusa come strategia? », Sir Patrick Vallance, colui che nel weekend aveva sganciato la bomba rivelando a Sky e Bbc che sarà «necessario che il 60% dei britannici contragga il virus nei prossimi mesi per proteggere i più fragili» in tre giorni di disastro comunicativo del governo Johnson, ha risposto che «la nostra priorità è salvare le vite dei più deboli e dei più anziani». Ma non ha smentito sull’immunità di gregge. Parola che il governo di qui in avanti non pronuncerà più. Ma resta, eccome, sul tavolo. (La Repubblica)