(Roma, 03 gennaio, 2022). Un comunicato congiunto di Francia, Regno Unito, Cina, Stati Uniti e Russia contro l’uso delle armi nucleari. Sull’Onu si staglia l’ombra dell’escalation per l’atomica, preoccupa l’Iran: a Raisi basta un mese per assemblare una bomba
“Una guerra nucleare non si può vincere e non deve essere mai combattuta”. Il 2022 inizia con una solenne, insolita promessa. A sottoscriverla con un comunicato congiunto questo lunedì le cinque potenze del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: Stati Uniti, Cina, Russia, Francia e Regno Unito.
“Le armi nucleari – finché continueranno ad esistere – dovrebbero servire solo a scopi difensivi, per scoraggiare un’aggressione e prevenire la guerra”, si legge in apertura. “Sottolineiamo il nostro desiderio di lavorare con tutti gli Stati per creare un ambiente di sicurezza più indirizzato al progresso sul disarmo con l’obiettivo finale di un mondo senza armi nucleari”.
Il tempismo non è casuale. L’impegno dei “P5” arriva infatti alla vigilia di una importante riunione dell’Onu: questa settimana si terrà un incontro per la revisione quinquennale del “Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari” (Npt), l’accordo siglato nel 1970 e che oggi conta 191 Paesi aderenti. La conferenza, in programma a New York dal 4 al 28 gennaio ma rimandata a causa della diffusione della variante Omicron, si concentrerà su sei fronti, spiega in un editoriale per il Daily Star il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.
“Indicare un percorso per il disarmo nucleare. Concordare nuove misure di trasparenza e dialogo per ridurre il rischio di una guerra nucleare. Fare i conti con le crisi nucleari in Medio Oriente ed Asia. Rafforzare il Quadro globale per la non proliferazione, inclusa la Iaea”. E poi ancora “promuovere l’uso pacific di tecnologia nucleare per scopi medici” e “ricordare al mondo che eliminare le armi nucleari è l’unica garanzia perché non siano mai usate”.
Vuota retorica, accusano le ong, “scrivono questo bel comunicato ma in realtà fanno l’esatto opposto”, attacca Beatrice Fihn, direttrice esecutiva dell’Ican. La mossa dei membri del Consiglio Onu ha comunque attirato l’attenzione degli osservatori internazionali. Perché segnala, al di là del wishful thinking, che il rischio di un conflitto nucleare non è così lunare.
Non a caso arriva mentre a Vienna si sono aperti i dialoghi per salvare on the corner il Jcpoa, l’accordo per la denuclearizzazione iraniana. All’Iran di Ebrahim Raisi basta ancora solo un mese per raggiungere la quantità di uranio arricchito per fabbricare una bomba atomica, spiega il fondatore di Eurasia Group Ian Bremmer. Preoccupa poi l’escalation militare al confine orientale dell’Ucraina, dove ancora oggi sono stanziate più di settantamila truppe russe in tenuta da combattimento. Quanto alla Cina, l’allarme per una corsa alle armi nucleari è già stato lanciato a novembre dal Pentagono. Secondo la Difesa Usa il governo cinese potrebbe collezionare 700 testate nucleari entro il 2027 e 1000 entro il 2030.
Di Francesco Bechis. (Formiche)