(Roma, 08 settembre 2021). Il problema storico dell’Afghanistan è quello di non essere mai riuscito ad avere una vera conformazione statale. Le divisioni etniche e la suddivisione in tribù e clan della società non hanno mai dato al Paese una forma di Stato. Gli Usa ci hanno provato, illudendosi con la creazione di un nuovo governo e l’organizzazione di consultazioni elettorali di aver forgiato un nuovo attore della comunità internazionale. Ma dopo 20 anni è bastato lasciare le basi militari occupate dal 2001 per veder sgretolare Stato, esercito e istituzioni. Tutto si è sciolto come neve al sole appena i talebani hanno preso ad avanzare. Occorre partire proprio da qui per comprendere verso quale direzione andrà il futuro “emirato” che gli studenti coranici dicono di voler instaurare.
Che tipo di governo sarà quello talebano ?
Allo stesso modo di come l’occidente ha creduto di poter formare uno Stato in Afghanistan, oggi nel valutare il nuovo corso nel Paese sta compiendo un altro errore. Considerare cioè i talebani come un “normale” movimento politico, il cui unico “limite” è dato dal propagandare una visione rigida dell’Islam. Nelle varie cancellerie occidentali, da quando gli studenti coranici hanno messo piede a Kabul, ci si chiede che tipo di governo verrà messo in piedi adesso. Ma forse ai talebani il concetto stesso di governo non è molto familiare. Parlare oggi di teocrazia o di altre forme istituzionali potrebbe essere fuorviante. Non si è nell’Iran della rivoluzione culturale del 1979. In quell’occasione gli ayatollah hanno sì fatto avanzare rivendicazioni e ideologie islamiche, ma hanno creato una Repubblica con le sue norme, le sue leggi e la sua complessa macchina istituzionale. Ma in Iran una forma di Stato c’era già e la società aveva una dimestichezza pluridecennale con il concetto di nazione.
In Afghanistan il contesto è molto diverso. I clan badano ai clan, le tribù badano alle tribù e ogni etnia bada a preservare le proprie peculiarità e le proprie posizioni. E ai talebani poi interessa parlare solo di emirato. Che vuol dire tutto e il contrario di tutto. Per loro esistono solo le leggi islamiche della Sharia e i codici di condotta delle proprie tribù. Ci sarà sì un governo, ma non inteso in occidente come “potere esecutivo”. Più probabilmente varranno le norme dettate a voce dai mullah e dalle guide spirituali. Tra il 1996 e il 2001 del resto è stato così. A guidare il Paese nel primo quinquennio talebano è stato il mullah Omar dalla sua residenza di Kandahar, da cui dettava ordini dopo aver consultato le poche figure di fedelissimi di cui si circondava. Prima di veder andare via anche l’ultimo soldato Usa, le Nazioni Unite hanno chiesto un “governo inclusivo”. Il quale però non è contemplato nella logica talebana. Per evitare l’isolamento internazionale forse verranno dati incarichi a qualche ex esponente del “vecchio” sistema collassato, ma in Afghanistan non sta sorgendo alcuno Stato e alcuna nazione. Si sta per dare vita a un emirato con regole tutte proprie e la cui tenuta è tutta da verificare. Di questo è bene rendersene conto adesso.
Un emirato senza Stato
La stabilità in Afghanistan ha sempre rappresentato un’utopia proprio per la mancanza di un vero Stato. Quando gli emiri, i re o i rappresentanti della Repubblica Democratica nata sul finire degli anni ’70 hanno provato a imporre le proprie visioni, hanno fallito proprio perché mancava nella società afghana l’idea stessa di una nazione. Allo stesso modo, quando i russi prima e gli americani poi hanno provato a controllare il Paese, la risposta dei clan e delle tribù ha provocato l’abbandono repentino del territorio. Una legge non scritta, quella dell’instabilità afghana, che potrebbe ritorcersi contro gli stessi talebani. Loro, che non sembrano avere intenzione di costituire uno Stato, potrebbero andare incontro ai medesimi problemi di chi a Kabul li ha preceduti.
Un emirato concepito nella modalità talebana potrebbe non bastare per cementificare nel tempo il potere. Né tanto meno per plasmare la complicata e articolata società afghana secondo le ideologie e i dettami degli studenti coranici. Potrebbe reggere nel breve e nel medio periodo, ma nel lungo termine le tensioni derivanti dagli interessi di singoli clan o singoli gruppi di potere rischiano di rappresentare una forte insidia. Proprio perché il potere talebano si preannuncia sì “forte” ma non statale e non propriamente centralizzato. L’emirato, in poche parole, sarà un’incognita tanto per la comunità internazionale quanto per gli stessi islamisti che hanno preso il comando.
Mauro Indelicato. (Il Giornale)