(Roma, 26 luglio 2021). Biden firma la fine delle operazioni militari. Nel Paese resteranno solo 2.500 marines, per controbilanciare l’influenza degli iraniani. La lotta contro l’Isis resta nelle mani delle forze di sicurezza di Baghdad
Gli Stati Uniti sono in procinto di dichiarare la fine delle operazioni militari in Iraq, sicuri che le truppe di Baghdad siano ormai in grado di portare avanti la lotta all’Isis. In programma c’è lunedì un incontro a Washington tra il premier iracheno, Mustafa al-Kadhimi, e il presidente americano Joe Biden a Washington, dove saranno apposte le firme sull’accordo del disimpegno americano e sul futuro programma di training che i marines continueranno a fornire agli iracheni.
Kadhimi ci guadagna a livello di immagine, firmando un accordo che lo slega dalla dipendenza dagli Usa che tanto ha pesato su tutti i suoi predecessori nel post Saddam. Biden ‘riesce’ invece a realizzare una delle promesse non mantenute da Trump, relativo la fine ‘delle guerre eterne degli Usa in Medio Oriente’.
L’incontro di Washington è un capitolo del ‘dialogo strategico Usa-Iraq’, mirato a mostrare l’indipendenza e la parità tra i due Paesi nel portare avanti una strategia comune e difendere comuni interessi. In Iraq saranno di stanza appena 2.500 marines, cui si aggiungono poche centinaia di britannici. Una presenza tale da controbilanciare l’influenza degli iraniani, mentre gli attacchi dell’Isis si fanno sempre più sporadici, nonostante l’attentato contro gli sciiti di Sadr city, costato la vita a 35 persone la scorsa settimana.
Circostanze che hanno anche ammorbidito il leader sciita Moqtada al Sadr, che ha mantenuto una retorica anti americana, pur appiattendosi su posizioni piu’ nazionaliste e meno filo iraniane. Di sicuro va registrato un ritorno degli Stati Uniti a una strategia fatta di realismo in Medio Oriente.
Biden ha ereditato dai propri predecessori la vicinanza a Israele, critica la monarchia saudita e i Paesi del Golfo sui diritti umani e prosegue la dottrina Trump del disimpegno dalle ‘forever wars’, come appunto l’Iraq. Ecco perche’ l’incontro previsto a Washington oggi e’ parte della nuova strategia Usa in Medio Oriente: non cosi’ tante truppe da essere in guerra, ma abbastanza uomini da continuare a difendere il nostro interesse. Gli ultimi mesi dell’anno saranno decisivi per capire se funzionerà o meno.
(Agenzia Giornalistica Italia-AGI)