Libano: colpi di tosse e difficoltà respiratorie durante il discorso, per Israele Nasrallah è malato di Covid

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(Roma, 28 maggio 2021). Doveva essere il « discorso della vittoria » quello pronunciato dal leader di Hezbollah Hassan Nasrallah martedì sera nel ricorrere dei 21 anni dal ritiro dell’esercito israeliano dal Libano meridionale. Invece è stato ribattezzato « il discorso dei colpi di tosse »: a nessuno è sfuggito che il capo del movimento sciita, che gestisce de facto il Paese dei Cedri, era in seria difficoltà respiratoria, tanto che si è scusato per non essere intervenuto pubblicamente nell’ultimo periodo.

Secondo quanto riportato dalla stampa israeliana, la valutazione dell’esercito dello Stato ebraico è che Nasrallah abbia contratto il Covid e che il discorso in questione sia stato uno « errore miserabile » perché la sua « evidente debolezza fisica ha messo in ombra i messaggi minacciosi che voleva trasmettere ». Per placare la preoccupazione dei sostenitori che sui social media si interrogavano sullo stato di salute del leader 61enne, il figlio Jawad si è affrettato a twittare « È solo un’allergia, state tranquilli ».

Anche il suo ultimo discorso del 7 maggio era corredato dai colpi di tosse e Nasrallah stesso aveva parlato di una leggera infiammazione respiratoria. Il ministro della Salute libanese ha detto in un’intervista alla stampa locale di non essere al corrente se il leader del Partito di Dio sia vaccinato contro il Covid e che in caso affermativo « dovrebbe dichiararlo pubblicamente per contrastare i timori in merito della popolazione libanese ».

Nel discorso di un’ora e mezza, tra i ripetuti colpi di tosse e sorsi d’acqua, Nasrallah ha fatto riferimento all’ultimo round di escalation tra Israele e Hamas, elogiando la resistenza di Gaza e ribadendo la necessità di convalidare l’equazione per cui « le aggressioni di Israele a Gerusalemme porteranno a una guerra regionale in cui non ci sono linee rosse ».

Durante gli 11 giorni di conflitto tra Israele e Hamas, anche il fronte libanese – calmo dalla devastante guerra del 2006 salvo episodi sporadici – ha destato preoccupazione: nei primi giorni dell’escalation, una cellula terroristica ha superato il confine Nord per cercare di mettere in atto un attentato nella cittadina di Metulla, respinta dai soldati israeliani che hanno ucciso uno degli infiltrati. In altre tre occasioni sono stati lanciati razzi verso il territorio israeliano, in un caso attivando le sirene antimissilistiche con una caduta nei pressi della cittadina araba di Shfaram nella bassa Galilea. Israele ha reagito con colpi di mortaio indirizzati verso aeree disabitate. L’esercito libanese ha effettuato alcuni arresti in un campo profughi palestinese, e Israele non ha menzionato la responsabilità di Hezbollah per evitare di aprire un secondo fronte, anche se è opinione comune che l’organizzazione sciita fosse consapevole dell’attacco.

Il ministro della difesa Benny Gantz, in un passaggio di un discorso pubblico ieri, ha detto che Israele considera lo Stato libanese responsabile per ogni atto di aggressione che provenga dal suo territorio: « Se dal Nord dovesse aprirsi un’escalation, il Libano tremerà e le abitazioni dove nascondono gli arsenali saranno distrutte ».

La valutazione generale è che Hezbollah, che agisce per conto di Teheran, non aprirà un nuovo fronte nei giorni critici in cui sono in corso i colloqui per il rientro degli Stati Uniti nell’accordo sul nucleare iraniano Jcpoa.

Nel frattempo, a una settimana dal cessate il fuoco senza condizioni tra Israele e Hamas, continuano le trattative per stabilire una tregua duratura. Il Cairo, il mediatore più attivo, ha invitato le parti nella capitale egiziana per proseguire i colloqui, che al momento sono incentrati sulla necessità di ricostruire Gaza evitando che i fondi internazionali vengano impiegati nuovamente per ricostruire l’arsenale missilistico di Hamas. Una delegazione israeliana guidata dal ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi dovrebbe recarsi nella capitale egiziana agli inizi della settimana prossima.

Sharon Nizza. (La Repubblica)