(Roma, 17 maggio 2021). Fonti sia iraniane sia irachene hanno ripreso a parlare di un progetto messo in pausa da anni, relativo alla costruzione di una rete ferroviaria che collegherà l’Iran all’Iraq, per poi giungere alla Siria e, in particolare, al bacino del Mediterraneo.
Secondo quanto riportato da al-Arab, la General Railways Company irachena, società affiliata al Ministero dei Trasporti, ha rivelato, il 16 maggio, che l’attuazione della prima parte del progetto, che collegherà Bassora e Shalamcheh è imminente, in quanto nei prossimi giorni vi saranno colloqui per la firma di un Memorandum di intesa. Pochi giorni prima, il 13 maggio, è stato il presidente iraniano, Hassan Rouhani, a far riferimento al progetto dopo tempo, affermando che l’obiettivo è consentire a Teheran di approdare sulle coste del Mediterraneo, attraversando i territori iracheni e siriani. Per Rouhani collegare la città irachena di Bassora e quella iraniana di Shalamcheh, attraverso una linea ferroviaria di circa 32 chilometri, è “molto importante”, ed espandere ulteriormente il collegamento verso il Mediterraneo rappresenterà un “grande cambiamento” a livello regionale.
Come spiega al-Arab, in tal modo l’Iran avrà la possibilità di collegare le proprie sfere di influenza non solo in Siria e Iraq, ma anche in Libano, comunicando in modo diretto e libero con i propri affiliati e fornendo loro il supporto militare e logistico richiesto. È per tale ragione che gli Stati Uniti non hanno mai accolto con favore il piano, mettendo in luce come un progetto simile rappresenti, in realtà, un corridoio da impiegare per fini militari, che contribuirebbe a rafforzare la presenza iraniana nella regione.
Il progetto della linea ferroviaria è nato alla fine del 2016, quando l’allora assistente per gli affari militari, Yahya Safavi, sottolineò l’importanza di collegare l’Iran con l’Iraq e poi con il porto siriano di Latakia, per favorire la crescita economica dei Paesi coinvolti. Poi, nel luglio 2019, le autorità iraniane annunciarono ufficialmente l’inizio dei lavori della linea che avrebbe collegato Latakia con il porto iraniano di Imam Khomeini, passando per i territori iracheni. La prima fase prevedeva, nello specifico, la linea Imam Khomeini- Khorramshahr, città situata nel Sud-Ovest dell’Iran, per poi proseguire con Shalamcheh, Bassora e infine il porto siriano. Il progetto, oltre che strategico, venne descritto da Safavi come il più rilevante nell’ambito delle linee di trasporto terrestri. Tale idea è stata ribadita, il 16 maggio, dal direttore generale della General Railways Company, Talib Jawad al-Husseini, che ha parlato di una linea “vitale”.
Latakia è considerato il secondo porto più importante in Siria dopo Tartous, quest’ultimo posto per buona parte sotto il controllo di Mosca. In un primo momento, l’Iran aveva iniziato a rafforzare la propria presenza a Latakia nominando suoi alti funzionari al suo interno o circondando la città con milizie da esso sostenute. Tuttavia, con l’intervento russo in Siria, nell’autunno 2015, Teheran ha visto ostacolate le proprie ambizioni sulla costa del Mediterraneo. Nel 2019, il presidente siriano, Bashar al-Assad, pensò di affidare il porto di Latakia a una compagnia iraniana, ma la mossa incontrò l’opposizione della Russia, determinata a preservare la propria influenza sui porti siriani.
Ora, alcuni analisti ritengono che la ripresa del progetto della linea ferroviaria Shalamcheh-Latakia sia da collegarsi all’accordo di cooperazione raggiunto da Teheran e Pechino, siglato il 27 marzo, della durata di 25 anni. Questo perché un progetto così grande, che si estende su una distanza di 1041 chilometri e costa circa 10 miliardi di dollari, potrebbe diventare un sinonimo della Via della Seta che si estende “dalla Cina al Pakistan, dall’Iran all’Iraq e alla fine della Siria”. A tal proposito, l’Iran e la Cina potrebbero essere i massimi beneficiari della rete ferroviaria da un punto di vista sia economico sia strategico, ma dovranno tenere in considerazione anche la presenza della coalizione internazionale guidata dagli Usa nella base militare di al-Tanf, al confine siriano-iracheno-giordano. Non da ultimo, Baghdad, al momento, sembra non avere le risorse finanziarie necessarie a coprire i costi della parte del progetto che interessa i propri territori.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)