Il 26 aprile, Nazanin Zaghari-Ratcliffe, una donna con la cittadinanza iraniana e britannica di 43 anni, è stata condannata ad un altro anno di reclusione per attività di propaganda ai danni del governo iraniano. La notizia è stata immediatamente condannata dal premier del Regno Unito, Boris Johnson.
Secondo quanto riferito da Al-Jazeera English, che cita l’avvocato della donna, è previsto un appello che potrà essere presentato entro 21 giorni. Nazanin Zaghari-Ratcliffe, per il momento, dovrà tornare in carcere, nonostante abbia già scontato una pena detentiva di 5 anni, in una prigione nella capitale, Teheran, prima di essere rilasciata agli arresti domiciliari nel marzo 2020 durante la pandemia di coronavirus. Dopo altri 12 mesi, scontata la pena, si attendeva il suo rientro in Regno Unito. Tuttavia, le è stata immediatamente notificata una richiesta di comparizione in tribunale. Le nuove accuse a suo carico riguardano la presunta partecipazione ad una protesta davanti all’ambasciata iraniana a Londra, nel 2009.
Lo stesso 26 aprile, le autorità britanniche hanno criticato la decisione del tribunale iraniano. “Non credo sia affatto giusto che Nazanin debba essere condannata a un altro periodo di carcere”, ha dichiarato Boris Johnson, sottolineando che la Gran Bretagna sta lavorando con gli Stati Uniti sulla questione dei cittadini con doppia cittadinanza incarcerati in Iran. Anche il ministro degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha messo l’accetto sulla questione, definendo la sentenza del tribunale iraniano “disumana e del tutto ingiustificata”. “Continuiamo a chiedere all’Iran di rilasciare immediatamente Nazanin in modo che possa tornare dalla sua famiglia nel Regno Unito”, ha affermato Raab.
L’Iran non riconosce la doppia nazionalità, quindi i detenuti come Zaghari-Ratcliffe non possono ricevere assistenza consolare. I gruppi per i diritti umani accusano Teheran di detenere persone con doppia cittadinanza come merce di scambio per guadagnare influenza nei negoziati con l’Occidente. Da parte sua, l’Iran nega tali accuse. Lo sviluppo nel caso della donna iraniano-britannica arriva mentre Londra e Teheran partecipano ai negoziati di Vienna sull’accordo sul nucleare iraniano del 2015. I colloqui in tale quadro riprenderanno martedì 27 aprile, secondo quanto ha reso noto l’Unione Europa. Il 21 aprile, al termine dell’ultimo round di discussioni, una fonte diplomatica aveva riferito che i negoziati erano giunti “quasi a metà” e che ci si aspetta un’intesa nella fase successiva.
L’accordo sul nucleare iraniano, noto anche come Joint Comprehensive Plan of Action, è stato negoziato durante l’amministrazione di Barack Obama ed è stato sottoscritto, il 14 luglio 2015, a Vienna, da parte di Iran, Cina, Francia, Russia, Regno Unito, Stati Uniti, Germania e Unione Europea. Questo prevedeva la sospensione di tutte le sanzioni nucleari imposte precedentemente contro l’Iran dall’Unione Europea, dall’Onu e dagli USA, in cambio della limitazione delle attività nucleari da parte del Paese mediorientale e ispezioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica presso gli impianti iraniani. L’8 maggio 2018, durante la presidenza di Donald Trump, Washington si è ritirata unilateralmente dall’accordo, imponendo nuove sanzioni contro Teheran che hanno, da un lato, aggravato le condizioni economiche del Paese mediorientale, e, dall’altro lato, acuito le tensioni tra Iran e Stati Uniti.
A seguito del suo insediamento, il 20 gennaio, il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha dichiarato di essere disposto a tornare all’accordo, ma, nel corso degli ultimi mesi, ha più volte ribadito come sia necessario dapprima che l’Iran rispetti il patto del 2015 per riprendere gli sforzi diplomatici. Pertanto, le due parti sono rimaste bloccate in una situazione di stallo, in cui ciascuna aspetta che sia l’altra ad agire per prima. Da parte sua, l’Unione Europea ha sottolineato l’importanza degli sforzi diplomatici congiunti su questo tema. “La diplomazia è l’unica via da seguire nel piano d’azione globale congiunto per affrontare le continue sfide”, ha affermato Enrique Mora, alto rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune dell’Unione Europea. In tale contesto, l’Iran ha più volte affermato che la diplomazia da sola non è sufficiente per il successo dei negoziati, e che le parti dovrebbero cercare di capire le posizioni di ciascuno e fare dei passi concreti in direzione dell’altro. (Sicurezza Internazionale)