La Siria alle urne il 26 maggio per eleggere un nuovo presidente

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(Roma, 19 aprile 2021). Si aprono oggi, lunedì 19 aprile, le candidature per la presidenza in Siria, dopo che, ieri, il 18 aprile, è stato annunciato che il 26 maggio prossimo la popolazione sarà chiamata a recarsi alle urne per esprimere il proprio voto. Sebbene non sia chiaro se il capo di Stato in carica, Bashar al-Assad, si ricandiderà o meno, al momento sembra non vi siano particolari concorrenti.

A dare notizia delle prossime elezioni è stato, il 18 aprile, il presidente dell’Assemblea popolare, Hamouda Sabbagh, nel corso di una seduta straordinaria svoltasi a Damasco, durante la quale è stato specificato che i siriani all’estero potranno recarsi alle urne il 20 maggio. Si tratterà della seconda tornata elettorale per la Siria dallo scoppio del conflitto civile, il cui inizio risale al 15 marzo 2011, considerato che le elezioni presidenziali si tengono ogni sette anni. Al momento, il presidente Assad, il cui primo mandato ha avuto inizio il 24 giugno 2000, a seguito della morte del padre Hafiz, non ha presentato la propria candidatura. Tuttavia, sono diverse le fonti che sottolineano la mancanza di concorrenti, il che fa pensare che Assad abbia buone possibilità di ottenere un quarto mandato presidenziale. Alle ultime elezioni presidenziali del 3 giugno 2014, il capo di Stato aveva vinto con l’88% dei voti a suo favore.

Come specificato da Sabbagh, i potenziali candidati potranno presentare domanda entro dieci giorni. Tra i criteri stabiliti vi è l’aver risieduto in Siria negli ultimi dieci anni, impedendo di fatto a qualsiasi figura di spicco dell’opposizione in esilio di candidarsi alle elezioni. Inoltre, ciascun candidato deve godere dell’appoggio di almeno 35 deputati. Un risultato che sembra essere difficile da raggiungere se si considera che in Parlamento è il partito Baath, guidato da Assad, a predominare e che ciascun membro dell’Assemblea popolare può concedere il suo sostegno solo a un candidato. Circa la ricandidatura di Assad, questa dovrebbe essere ostacolata dall’articolo 88 della Costituzione, secondo cui il presidente non può essere eletto per più di due mandati di sette anni ciascuno. Tuttavia, l’articolo 155 chiarisce che tale principio non si applica al capo di Stato in carica.

Diversamente dal 2014, le elezioni di maggio prossimo si svolgeranno in un momento in cui le forze filogovernative detengono il controllo di circa i due terzi della Siria, oltre che di città quali Aleppo, Homs e Hama. Al contempo, però, il Paese deve far fronte a una perdurante crisi economica, ulteriormente esacerbata dalle sanzioni imposte dagli USA con il Caesar Act, entrato in vigore il 17 giugno 2020.

Era stata proprio l’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Linda Thomas Greenfield, ad affermare, il 30 marzo scorso, che le prossime elezioni presidenziali non saranno libere ed eque, il quanto il governo damasceno cercherà di sfruttarle per imporre una propria legittimità, contraddicendo altresì quanto stabilito nella risoluzione 2254, secondo cui le elezioni dovrebbero svolgersi sotto l’egida dell’Onu o secondo i principi di una nuova costituzione, oltre che una soluzione politica del decennale conflitto. Ad oggi, gli ultimi due criteri non sono stati soddisfatti e gli ultimi round del Comitato costituzionale non hanno portato ad alcun risultato concreto. Voci di condanna sono giunte anche all’interno del panorama siriano. Il capo della Coalizione nazionale delle forze rivoluzionarie e di opposizione siriane, Naser al-Hariri, ha affermato che stabilire una data per le elezioni presidenziali è una “farsa” e conferma, ancora una volta, come il governo legato ad Assad sia slegato dalla realtà in cui vive il popolo siriano.

Le elezioni presidenziali si svolgeranno solo nelle aree poste sotto il controllo delle forze di Damasco. Per quanto riguarda le aree Nord-orientali, perlopiù controllate dall’Amministrazione Autonoma Curda, è possibile che si decida di aprire seggi in aree dove sono dispiegate truppe di Assad, tra cui Hasakah e Qamishli. In altre regioni prevalentemente occupate dai gruppi ribelli e dai loro alleati, invece, tra cui Idlib, nel Nord-Ovest della Siria, non vi sarà alcun processo elettorale.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)