Libano: Aoun respinge la proposta di estendere i confini marittimi

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(Roma, 14 aprile 2021). Il presidente libanese, Michel Aoun, non ha approvato il decreto che prevede l’estensione unilaterale dei confini marittimi libanesi a danno di Israele.

Il riferimento va all’emendamento al decreto n. 6433, proposto, il 12 aprile, dal ministro dei Lavori pubblici del governo libanese uscente, Michel Najjar. In particolare, quest’ultimo ha chiesto di estendere l’area contesa con Israele da 860 a 1432 km2, il che rende la dimensione della zona oggetto della disputa pari a 2.290 km2. L’emendamento ha ottenuto l’approvazione del primo ministro custode, Hassan Diab, prima di essere inviato al capo di Stato per una “approvazione straordinaria”. Da parte sua, però, il presidente Aoun si è rifiutato di firmare l’emendamento, affermando che la decisione deve essere presa durante una sessione di governo, in linea con l’opinione della Commissione Legislazione e Consultazione, legata al Ministero della Giustizia.

La mossa è stata vista da alcuni come un modo per placare Israele, il quale aveva minacciato di abbandonare definitivamente i negoziati, al momento ancora in stallo, e di “rilanciare” il governo custode. Da parte sua, il capo di Stato ha giustificato la sua decisione affermando che il suo compito è specificare cosa pensa sia giusto per salvaguardare il Paese, in linea con il giuramento e i principi costituzionali. Parallelamente, Aoun ha rassicurato la popolazione libanese, dichiarando che le parti coinvolte nella vicenda con Israele agiranno in modo da preservare i diritti territoriali e marittimi del Paese. Parallelamente, fonti politiche libanesi hanno precisato che Aoun non si è rifiutato di firmare il decreto, ma ha semplicemente chiesto una riunione a livello governativo, vista l’importanza della questione e le conseguenze che potrebbero scaturirne. Altri, invece, hanno collegato il comportamento di Aoun alla visita del sottosegretario di Stato degli USA, David Hale, il quale ha esortato le parti libanesi a risolvere la perdurante crisi politica.

Quanto accaduto il 12 aprile è giunto a circa cinque mesi di distanza dal terzo round di colloqui tra delegati israeliani e libanesi, mediati dagli Stati Uniti, volti a risolvere una disputa riguardante 860 km2 di territorio marittimo ricco di idrocarburi, situato a Sud del Libano, e che si estende lungo il confine di tre blocchi energetici del Libano meridionale, nel bacino del Mediterraneo. Sia Israele sia il Libano sostengono che tale area rientri nella propria Zona Economica Esclusiva (ZEE). Ad oggi la questione risulta essere ancora irrisolta e, dopo il meeting dell’11 novembre 2020, le parti coinvolte non si sono più incontrate. Tuttavia, la mossa unilaterale annunciata da Najjar il 12 aprile ha rischiato di alimentare nuovi dissidi, dopo che, già nel corso dell’ultimo round, Beirut aveva chiesto di includere nei propri territori ulteriori 1430 km2, sede di due giacimenti di gas, uno dei quali oggetto di attività di esplorazione sotto concessione di Israele.

A seguito della diffusione della notizia sull’emendemento, è stato il ministro dell’Energia israeliano, Yuval Steinitz, a sottolineare come la mossa libanese rischiasse di minare il percorso intrapreso con i colloqui del 2020, e con esso la possibilità di una soluzione. Inoltre, ha affermato Steinitz, Israele è pronto a rispondere alle misure unilaterali del Libano in modo analogo. Parallelamente, gli Stati Uniti, tramite la propria ambasciatrice in Libano, Dorothy C. Shea, hanno inviato un messaggio alle autorità libanesi, in cui è stato sottolineato che Israele è pronto a ritirarsi dai negoziati nel caso di approvazione dell’emendamento.

Sebbene i negoziati abbiano riguardato solo i confini marittimi, il Libano rivendica da anni anche le cosiddette fattorie di Shebaa, circa un chilometro quadrato da dove gli israeliani non si sono ritirati nel 2000, alla fine all’occupazione del Sud del Paese. Un motivo di attrito riguarda un muro che Israele sta costruendo. Per Beirut, tale muro attraversa parte del territorio appartenente al Libano, ai sensi della cosiddetta “linea blu” demarcata dalle Nazioni Unite. Per la controparte, il muro tocca soltanto i territori israeliani.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)