Libano: l’economia continua a peggiorare, il popolo scende in piazza

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(Roma il 26 gennaio 2021). Tre città libanesi, tra cui la capitale Beirut, hanno assistito a violenti scontri tra le forze dell’ordine e i gruppi di manifestanti, scesi in piazza per protestare contro il perdurante deterioramento del quadro economico del Libano.

Le proteste sono scoppiate nella sera del 25 gennaio, nonostante il coprifuoco imposto dalle autorità libanesi per far fronte alla pandemia di Covid-19. A Beirut, i cittadini si sono radunati nel centro della città, inneggiando slogan contro la classe politica al potere, ritenuta la principale responsabile del collasso economico e del peggioramento delle condizioni di vita. Una delle strade principali è stata bloccata per più di mezz’ora, per poi essere liberata con l’intervento delle forze di sicurezza interna. A Tripoli, nel Nord del Libano, le proteste sono continuate per il terzo giorno consecutivo. I manifestanti hanno colpito con pietre un edificio governativo, per protestare contro le misure di lockdown imposte e una crisi economica ritenuta “soffocante”. Anche qui, diverse strade sono state bloccate, mentre agenti di polizia e manifestanti si sono scontrati, impiegando pietre e gas lacrimogeni. La Croce Rossa libanese ha riferito che vi sono state anche diverse vittime, trasferite negli ospedali locali. Scenari simili hanno poi interessato la città meridionale di Sidone, dove i cittadini si sono ribellati alle decisioni e alle politiche di un’autorità che ha portato il Paese al collasso.

Mentre il Libano continua a far fronte a una delle peggiori crisi economiche e finanziarie dalla guerra civile del 1975-1990, il governo di Beirut, il 21 gennaio, ha annunciato l’estensione delle misure anti-Covid fino all’8 febbraio prossimo, tra cui la chiusura di istituzioni e negozi e un coprifuoco 24h. Ciò ha alimentato la rabbia della popolazione, la quale continua a vedere il proprio potere d’acquisto diminuire, mentre i tassi di povertà e disoccupazione aumentano giorno dopo giorno. Finora in Libano, la cui popolazione ammonta a circa sei milioni di abitanti, sono stati registrati 282.249 casi positivi al Coronavirus, di cui 2.404 morti. La curva dei contagi è aumentata in modo significativo dopo che il governo aveva concesso una parziale riapertura di bar e centri di intrattenimento prima delle festività di Natale e Capodanno, nel tentativo di dare un sospiro di sollievo al sistema economico. Ciò, però ha peggiorato il quadro epidemiologico e il governo si è trovato costretto a introdurre ulteriori restrizioni, nonostante il crescente malcontento.

A peggiorare il quadro libanese vi è poi una perdurante fase di stallo politico. È dal 22 ottobre 2020 che Saad Hariri si è impegnato a risanare una situazione politica sempre più precaria. In tale data, Hariri è riuscito a ottenere 65 voti, su un totale di 120, e a essere nominato primo ministro per la quarta volta dal 14 febbraio 2005, giorno dell’assassinio del padre, Rafiq Hariri. Il premier designato era uscito di scena sotto la spinta della forte mobilitazione popolare iniziata il 17 ottobre 2019, quando la popolazione libanese è scesa in piazza per protestare contro la dilagante corruzione della classe politica al potere e il deterioramento delle condizioni economiche e sociali. Tuttavia, da allora il Paese non è riuscito a trovare una via d’uscita alla perdurante crisi, aggravata ulteriormente dalla pandemia e dall’esplosione che, il 4 agosto 2020, ha colpito il porto di Beirut.

Ad ostacolare la formazione del nuovo esecutivo sembrano esservi divergenze tra Hariri e il capo di Stato, Michel Aoun, la cui approvazione, ai sensi della Costituzione libanese, è necessaria per dare il via libera al governo. Non è da escludersi, poi, la responsabilità di Hezbollah, anch’egli alla ricerca di guadagni politici. Ad ogni modo, un nuovo governo è alla base delle richieste di Parigi e dei donatori internazionali, i quali si sono detti disposti a offrire assistenza finanziaria a Beirut, ma in cambio di una squadra governativa “credibile ed efficace”, in grado di porre in essere delle misure e delle riforme volte a risanare la situazione di un Paese che, secondo le Nazioni Unite, si sta dirigendo verso una “catastrofe sociale”.

Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)