(Roma 18 gennaio 2021). I gruppi dell’opposizione siriana, lunedì 18 gennaio, hanno respinto le forze dell’esercito di Damasco, mentre queste cercavano di avanzare in un’area periferica di Idlib, governatorato situato nel Nord-Ovest della Siria. Nel frattempo, anche a Zakia, a Sud della capitale, prevale uno stato di tensione.
A riferirlo è il quotidiano al-Araby al-Jadeed, sulla base delle informazioni fornite dalle fonti locali, secondo cui i tentativi di infiltrazione dell’esercito affiliato al presidente siriano, Bashar al-Assad, sono stati respinti, ma hanno causato morti e feriti tra le parti belligeranti. Nello specifico, gli scontri si sono verificati all’alba del 18 gennaio sull’asse di Deir sunbul, un villaggio siriano situato nel distretto di Ariha, a Idlib, e hanno visto l’impiego di armi pesanti. A fronte delle perdite subite, però, gli uomini di Assad sono stati costretti a ritirarsi.
In tale quadro, secondo uno degli ultimi aggiornamenti, una forte esplosione ha interessato, sempre il 18 gennaio, la città di Idlib, mentre due auto con a bordo civili sono state prese di mira da bombardamenti delle forze filo-governative nell’area rurale occidentale di Hama, provocando feriti e danni materiali. Parallelamente, un’altra esplosione in un deposito di armi nel centro di Idlib ha causato ulteriori vittime.
Nel frattempo, stando a quanto riportato da al-Araby al-Jadeed, la città di Zakia, nell’area rurale meridionale di Damasco, sta assistendo a uno stato di tensione, alla luce dei blitz condotti nel corso degli ultimi due giorni dalle forze di Assad. Tali incursioni, a loro volta, sono giunte in risposta alle proteste scoppiate a Zakia contro l’arresto di due cittadini, che, secondo la popolazione locale, sono stati detenuti senza validi motivi. Le forze di sicurezza siriane, secondo quanto riferito dagli abitanti di Zakia, hanno arrestato già diversi manifestanti durante la scorsa settimana, accusandoli di appartenere ai gruppi di opposizione. Tra questi, vi sono anche donne e bambini.
Il governatorato di Idlib, situato nel Nord-Ovest della Siria, rappresenta l’ultima roccaforte posta ancora sotto il controllo delle forze di opposizione ed era al centro di una violenta offensiva lanciata nel mese di aprile 2019. Poi, il 5 marzo 2020, il presidente russo, Vladimir Putin, ed il suo omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, hanno concordato una tregua nella regione, volta a favorire il ritorno degli sfollati e rifugiati siriani. Un altro punto dell’accordo prevede l’organizzazione di operazioni di pattugliamento congiunte tra Mosca e Ankara, da effettuarsi prevalentemente presso l’’autostrada M4, a circa 30 km dal confine meridionale della Turchia. Le pattuglie, sebbene siano riuscite a compiere circa diversi round, sono state spesso ostacolate non solo da gruppi di ribelli locali, ma anche da Hayat Tahrir al-Sham. Circa la tregua, invece, questa può dirsi in gran parte rispettata, sebbene non siano mai mancati attacchi sporadici da parte delle forze aeree siriane e scontri sul campo. L’accordo del 5 marzo ha, tuttavia, scongiurato il rischio di una violenta offensiva su vasta scala. Ad ogni modo, l’esercito di Assad non sembra essere disposto ancora a lasciare che i gruppi di opposizione prendano il controllo definitivo di Idlib.
Il quadro di perdurante instabilità comprende, poi, un episodio verificatosi il 17 gennaio, quando 3 soldati di Assad hanno perso la vita a seguito di un attacco perpetrato contro un posto di blocco situato in una zona smilitarizzata del Golan, a Quneitra, nella Siria meridionale. Non si conosce l’identità degli aggressori, ma alcune fonti hanno parlato di un “attacco terroristico” perpetrato per mezzo di esplosivi. Sebbene le forze del regime e i gruppi armati alleati abbiano ripreso il controllo dei governatorati di Daraa e Quneitra nel 2018, vengono periodicamente registrati attacchi da parte di fazioni armate nei siti governativi del Sud della Siria.
Nel frattempo, le forze siriane, coadiuvate da Mosca, sono impegnate in una campagna volta a mettere i sicurezza le aree di Deir Ezzor e Homs, dove si pensa siano ancora attive cellule dello Stato Islamico. L’ultima operazione ha avuto inizio il 17 gennaio, ma, in 24 ore ha causato la morte di 9 uomini, a seguito dell’esplosione di mine piantate dall’ISIS. Una delle ultime imboscate attribuite all’organizzazione terroristica risale al primo gennaio, quando 12 membri del regime e 3 civili sono morti in un attentato perpetrato mentre questi viaggiavano nei propri veicoli sull’autostrada che collega Damasco e Raqqa.
Piera Laurenza. (Sicurezza Internazionale)