(Roma 16 dicembre 2020). Rimane irrisolto il caso del sacerdote italiano, padre Paolo Dall’Oglio, scomparso a Raqqa, in Siria, nel luglio del 2013. Cosa sappiamo della sua vita e delle sue attività in Medio Oriente.
Padre Dall’Oglio si era recato in Siria per la prima volta per studiare l’arabo negli anni ’80 ed è diventato poi responsabile del restauro di un antico monastero vicino alla capitale siriana, Damasco, e della sua trasformazione in un centro inter-religioso noto come Monastero di San Mosè, o Deir Mar Musa, in arabo.
Dall’Oglio ha organizzato seminari di dialogo inter-religioso e la sua comunità di preti e suore “si è adoperata instancabilmente per facilitare migliori relazioni tra le religioni in Siria, impiegando lavoratori di ogni provenienza e celebrando feste cristiane e musulmane”, secondo quanto raccontato da Shaun O’Neill, che ha incontrato Dall’Oglio nel 2011 poco prima dello scoppio della guerra civile in Siria. O’Neill ha scritto un libro a tale riguardo, intitolato “A Church of Islam: The Syrian Calling of Father Paolo Dall’Oglio”. Secondo l’autore, il monastero “ha dato rifugio a dissidenti politici e vittime delle torture del regime prima e durante la guerra civile siriana”.
Secondo quanto riferisce il quotidiano Al Arabiya, quando è scoppiata la guerra civile siriana, il 15 marzo 2011, il rapporto tra Dall’Oglio e il regime del presidente siriano Bashar al-Assad è peggiorato notevolmente. In un’intervista televisiva con il canale televisivo di Al Arabiya, nel 2012, il prete aveva dichiarato che le attività di dialogo inter-religioso della sua comunità erano state anche affiancate ad una serie di attività contro la corruzione, “creando una nuvola nera sopra la nostra testa”, in riferimento all’attenzione a loro riservata dal regime siriano. Dell’Oglio ha supportato apertamente una transizione democratica non violenta per la Siria e ha appoggiato l’ipotesi dell’istituzione di una squadra di 50.000 osservatori internazionali nel Paese a tale fine. Proprio queste idee gli hanno causato problemi con l’esecutivo siriano e hanno creato tensioni con la leadership, portando poi alla sua espulsione dalla Siria.
“Non sono mai stato in silenzio in Siria perché non ero adatto al silenzio”, ha dichiarato il prete nell’intervista del 2012, che era stata effettuata dopo la sua espulsione dal Paese. “Ho parlato perché il Paese stava annegando”, ha sottolineato. “Le persone stanno vivendo una guerra civile, si massacrano a vicenda per le strade supportati da chi ne trae vantaggio per proteggere il vecchio regime”, ha affermato Dall’Oglio, aggiungendo che come monaco si era impegnato a perseguire la strada della non violenza. Dopo la sua espulsione, il prete italiano è riuscito a tornare in Siria sotto la protezione del Free Syrian Army e di altri gruppi dell’opposizione schierata contro il presidente Assad. Successivamente, il prete scomparirà a Raqqa nel luglio del 2013 e i dettagli a tale riguardo continuano ad essere pochi e confusi. Secondo O’Neill, Dall’Oglio era in Siria “a negoziare il rilascio dei prigionieri politici come aveva fatto molte volte in precedenza”. “Ma qualcosa è andato storto: l’ISIS stava invadendo la città in quel momento”, ha aggiunto O’Neill.
La proclamazione dello Stato Islamico in Siria è stata annunciata la sera del 29 giugno 2014 da Abū Bakr al-Baghdadi il califfo di quell’iniziativa che doveva rappresentare una “restaurazione islamica”. La guerra siriana si è poi protratta per anni fino ad oggi e le attività terroristiche dell’ISIS sono state denunciate in tutto il mondo. Nel corso del 2020, attacchi, bombardamenti e imboscate hanno riguardato soprattutto l’area dell’Eufrate occidentale, della valle di Deir Ezzor, oltre a Raqqa, Homs e As-Suwayda, e tra i principali obiettivi vi sono state le Syrian Democratic Forces. Queste ultime, il 23 marzo 2019, avevano annunciato ufficialmente la conquista dell’ultima enclave posta sotto il controllo dell’ISIS, Baghouz, nell’Est della Siria. In questo modo, si poneva fine al califfato jihadista. Tuttavia, la minaccia posta dall’ISIS non è stata mai del tutto sconfitta.
Le Syrian Democratic Forces sono un’alleanza multi-etnica e multi-religiosa, composta da curdi, arabi, turkmeni, armeni e ceceni. Il braccio armato principale, nonché forza preponderante, è rappresentato dalle Unità di Protezione Popolare curde (YPG). Fin dalla loro formazione, il 10 ottobre 2015, le SDF hanno svolto un ruolo fondamentale nella lotta contro lo Stato Islamico in Siria, contribuendo alla progressiva liberazione delle roccaforti occupate dai jihadisti. Le loro operazioni sono state perlopiù sostenute dagli Stati Uniti, che hanno fornito armi e copertura aerea.
Maria Grazia Rutigliano. (Sicurezza Internazionale)