(Roma 30 novembre 2020). « Le minacce di guerre tradizionali, quelle combattute con soldati e cannoni, sono potenziali. Invece il confronto digitale avviene ogni giorno: sul fronte cyber bisogna rispondere ora, non domani. Pensiamo anche all’info-pandemia, alla produzione di disinformazione contro le nostre democrazie. Uno scenario minaccioso che non viene solo da Russia e Cina, ma anche da gruppi terroristici ». Lo ha detto a « la Repubblica » il generale Claudio Graziano, il quale è il presidente del Comitato militare dell’Unione Europea. Ex comandante dell’Esercito e delle forze armate italiane, ha guidato missioni dal Mozambico all’Afghanistan, dal Libano alla Libia. Oggi è il referente di tutti i piani per trasformare l’Ue in una realtà militare autonoma, capace di misurarsi con minacce vecchie e nuove. A partire da quella cibernetica: « Oggi tutto è tecnologia: nel mondo digitale è difficile tracciare il confine tra la dimensione civile e quella militare. L’Unione ha stanziato fondi rilevanti per migliorare la capacità di reazione e garantire una sovranità tecnologica nei confronti di Stati Uniti e Cina anche in questo settore. La prospettiva è quella di arrivare a una infrastruttura Ue per la difesa cibernetica, basata su unità di risposta rapida. Ma serve un passo in più: ci vuole una legislazione comune, mentre oggi ogni Paese ha regole diverse ». « La reazione agli attacchi cyber – aggiunge – richiede la collaborazione tra aziende, militari, strutture di polizia e di intelligence. Un coordinamento complesso e difficile a livello di singole nazioni, che noi miriamo a rendere europeo. Ma mentre chi gestisce o ispira le aggressioni telematiche non rispetta nessuna legge, noi dobbiamo essere in grado di rispondere rispettando i principi giuridici delle nostre democrazie. E per questo c’è urgenza di dotarci di regole comuni », ha concluso Graziano.