(Roma 20 novembre 2020). Non sappiamo ancora se Donald Trump riuscirà o meno a ribaltare l’esito delle ultime elezioni presidenziali per vie giudiziarie. Nel caso in cui dovesse farcela, il tycoon si aggiudicherebbe altri quattro anni di Casa Bianca. Una fumata nera chiuderebbe definitivamente la faccenda sancendo la vittoria di Joe Biden. In attesa di capire l’esito di questa estenuante vicenda, in politica estera Trump è pronto a lasciare qualche “polpetta avvelenata“ all’amministrazione democratica che, molto probabilmente, entrerà in carica a partire dal 2021.
Detto altrimenti, The Donald sta preparando il suo personalissimo giro di vite finale per un’uscita di scena a effetto. Il mirino è ovviamente puntato sulla Cina, rivale economico e geopolitico numero uno degli Stati Uniti. Tuttavia potrebbero non mancare proiettili da sparare su altri bersagli, tra cui Iran, Corea del Nord, Cuba e Venezuela, solo per citare alcune nazioni con le quali Washingotn ha conti più o meno aperti.
La Cina nel mirino
Dicevamo della Cina. Dopo le ripetute accuse sul virus rivolte a Pechino, Trump deve incassare la fumata bianca del Rcep, il mega accordo commerciale stretto tra il gigante asiatico e altri 14 Paesi di Asia e Oceania. Questo significa che il Dragone è tutt’altro che isolato. E che la guerra dei dazi mossa proprio da Trump per indebolire il governo cinese ha avuto effetti alquanto limitati.
Il presidente uscente, ha anticipato Axios John Ullyot, portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa, annuncerà un nuovo round di sanzioni contro la Cina per la violazione dei diritti umani e l’atteggiamento belligerante nei confronti degli Usa che minaccia la sicurezza nazionale. “A meno che Pechino non cambi corso e diventi un giocatore responsabile sullo scacchiere globale, il futuro presidente vedrà che rappresenterebbe un suicidio politico ribaltare le storiche mosse di Trump”, ha osservato Ullyot.
Ma, scendendo nel dettaglio, che cosa potrebbe accadere? Difficile dirlo con certezza. I funzionari dell’amministrazione escludono la chiusura di nuovi consolati o azioni su Taiwan da parte di Trump nelle ultime settimane di governo quanto, piuttosto, sanzioni in risposta alla stretta su Hong Kong, agli abusi sugli uiguri e alle attività di intelligence ai danni di Washington. Dunque: un accanimento economico e fiscale per aumentare la pressione su Xi Jinping.
Un’uscita a effetto
Donald Trump potrebbe sparare gli ultimi fuochi di artificio per creare problemi al successore Biden, o forse, più semplicemente, per essere ricordato al meglio dai suoi elettori prima di lasciare la Casa Bianca (e, chissà, ripresentarsi alle presidenziali 2024). In ogni caso, oltre alla Cina, il tycoon sembrerebbe avere le idee piuttosto chiare. Secondo quanto riferito da La Stampa, Trump vorrebbe mantenere alcune promesse fatte in campagna elettorale, lasciando alcune impronte indelebili in politica estera.
In particolare, ha sottolineato il New York Times, qualche giorno fa il presidente avrebbe chiesto ai propri collaboratori le possibili opzioni sul tavolo per bombardare l’Iran. Teheran ha infatti aumentato le scorte di uranio arricchito a basso livello, e Trump avrebbe voluto rispondere bombardando alcuni siti iraniani. Mike Pompeo e Mike Pence gli avrebbero tuttavia consigliato di rinunciare, perché un’azione del genere avrebbe scatenato una guerra.
Capitolo militari: The Donald vorrebbe ritirare dal campo di battaglia alcune truppe, così da portare i soldati americani in Afghanistan da 4.500 a 2.500 e quelli in Iraq da 3.500 a 2.500. Attenzione poi a Venezuela, Cuba e Corea del Nord. Tra questi tre nodi spinosi, la questione coreana sembrerebbe essere la più incandescente. Trump era riuscito a stringere un rapporto “di amicizia” con il presidente nordcoreano Kim Jong Un. Chissà che – sostengono i maligni – il tycoon non mandi tutto a rotoli per compromettere gli sforzi diplomatici avvenuti sotto la propria amministrazione e lasciare Biden con un pugno di mosche.
Federico Giuliani. (Inside Over)