(Roma 03 settembre 2020). Un documento dell’Intelligence turca ha rivelato che un membro di spicco del governo di Ankara, affiliato al Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), ha ricevuto una tangente, dal valore di 65 milioni di dollari, da parte dei servizi segreti di Doha, in cambio del dispiegamento di forze turche in Qatar.
La notizia è stata riportata, il 3 settembre, da al-Arabiya, sulla base di un documento di 19 pagine diffuso dal sito Nordic Monitor. Stando a quanto riportato, nel 2015 la Turchia ha approvato l’istituzione di una base militare in Qatar, da inserirsi nel quadro di un accordo in materia di difesa siglato nel 2014, finalizzato a far fronte a «nemici comuni». Il patto prevedeva il dispiegamento di 3.000 truppe di terra nella base, in previsione di un loro incremento fino a quota 5.000.
Come rivelato dal documento, un deputato turco, Ahmet Berat Conkar, allora membro della Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento di Ankara e vicino al presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, avrebbe ricevuto, una settimana prima della sessione parlamentare, una tangente di 65 milioni di dollari per spingere i deputati turchi ad approvare il dispiegamento dei propri soldati nel Paese del Golfo.
L’informazione era stata già rivelata nel marzo del 2019 dall’ammiraglio Sinan Surer, responsabile per i servizi di Intelligence esterna dell’esercito turco al momento dell’accordo. Chiamato a testimoniare in tribunale, Surer ha riferito di aver ricevuto il documento in questione dai servizi di intelligence nazionale e che questo parlava altresì di altre scoperte, tra cui il legame del capo di Stato turco con gruppi terroristici, tra cui l’ISIS. Il 20 giugno 2019, Surer è stato condannato a 141 anni di reclusione.
L’episodio va inserito in uno scenario che vede il Qatar isolato a livello regionale, a seguito della cosiddetta «crisi del Golfo», che ha avuto inizio il 5 giugno 2017, data in cui è stato imposto su Doha un embargo diplomatico, economico e logistico, accusandola di sostenere e finanziare gruppi terroristici come Hamas ed Hezbollah e di appoggiare l’Iran, il principale rivale di Riad nella regione. I paesi fautori del blocco sono stati Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Bahrain, i quali, in un elenco composto da 13 richieste, hanno invitato il Qatar a chiudere le basi militari appartenenti alla Turchia.
Proprio tale condizione di isolamento, secondo alcuni, ha spinto Doha a stringere nel tempo un’alleanza con Ankara, a tal punto da essere definita uno «Stato della Turchia». Secondo quanto rivelato da diverse fonti, la Turchia avrebbe recentemente chiesto al proprio alleato del Golfo fondi volti a finanziare i propri progetti nella regione del Mediterraneo orientale, così come in Siria e in Libia, dove entrambi sostengono il governo di Tripoli, altresì noto come Governo di Accordo Nazionale (GNA). A tal proposito, è stato riferito che è proprio grazie al sostegno qatariota in materia finanziaria, logistica e nel campo dell’informazione che la Turchia ha potuto avviare le proprie operazioni non solo in Libia, ma anche in Yemen, Somalia e nel Corno d’Africa. Si tratterebbe, a detta delle fonti, di un «sogno utopico» che Ankara mira a realizzare e che prevede la riaffermazione del vecchio impero ottomano.
Non da ultimo, il primo febbraio scorso, Ankara e Doha hanno raggiunto un accordo «di sicurezza», con cui Erdogan si è impegnato ad inviare membri delle proprie forze di sicurezza in Qatar. Il pretesto è garantire la sicurezza dell’emirato mediorientale, in vista degli eventi futuri, tra cui i mondiali di calcio del 2022. In realtà, secondo i termini dell’accordo, le forze di polizia turche non andranno via al termine del campionato. Al contrario, il patto ha validità di cinque anni e potrà essere altresì rinnovato.
Negli anni, non sono mancati accordi in termini di armamenti con alcuni produttori turchi, tra cui Baykar, che produce droni armati di tipo TB-2, Nurol Makina, il produttore dei veicoli da combattimento 4×4 Ejder, BMC, che produce i veicoli Kirpi resistenti alle mine e veicoli blindati multiuso Amazon, e il cantiere navale Anadolu, che produce navi da addestramento per cadetti. Contratti rilevanti con le suddette compagnie stati raggiunti in occasione della Fiera internazionale sulla Difesa marittima del 2018, a Doha, per un valore totale di 800 milioni di dollari.
Tuttavia, secondo un ex diplomatico in condizioni di anonimato, l’asse Doha-Ankara non è ben visto dalla popolazione qatariota, la quale considera il proprio governo vittima di estorsione e sfruttamento. La Turchia farebbe credere al proprio alleato di poter svolgere un ruolo equo nello scacchiere internazionale e nelle diverse questioni regionali, ma, in realtà, il Qatar fornisce semplicemente denaro e resta in attesa del completamento delle missioni da parte dell’esercito turco.
(Piera Laurenza – Sicurezza Internazionale). (L’articolo)