(Roma 20 agosto 2020). Il Ministero degli Esteri iraniano, il 20 agosto, ha annunciato di aver sequestrato una nave degli Emirati Arabi Uniti (UAE) per violazione delle acque territoriali dell’Iran. Nella stessa giornata, sono stati presentati i prototipi di due missili, nominati in onore del generale della Quds Force, Qassem Soleimani, e del vice capo delle Forze di Mobilitazione Popolare, Abu Mahdi al-Muhandis, uccisi il 3 gennaio scorso.
Circa il primo episodio, il sequestro e il conseguente arresto dell’equipaggio a bordo, risale, in realtà, al 17 agosto, ma è stato rivelato oggi, 20 agosto, attraverso un comunicato del Ministero degli Esteri di Teheran. A detta di quest’ultimo, la nave emiratina sequestrata è entrata illegalmente in acque territoriali iraniane e, al momento, è in atto una procedura legale volta a valutare lo stato dell’imbarcazione.
L’accaduto fa seguito alla morte di due pescatori iraniani, i quali sono stati uccisi per sbaglio dalla Guardia Costiera emiratina dopo che questa ha aperto il fuoco contro un peschereccio. Le autorità emiratine, a detta dell’agenzia di stampa di Abu Dhabi, avevano provato a frenare otto imbarcazioni che avevano violato le proprie acque territoriali nel Nord-Ovest dell’isola di Sir Abu Nu’Ayr, ma non avevano fatto accenno a vittime.
A seguito dell’incidente, le autorità iraniane hanno convocato l’incaricato d’affari degli Emirati, per chiarimenti sulla morte dei due pescatori. Da parte sua, il 19 agosto, gli UAE hanno espresso « profondo rammarico » per quanto accaduto e si sono detti disposti a risarcire i danni e le perdite provocati. Tuttavia, il Ministero iraniano ha riferito che non “chiuderà un occhio” di fronte a eventuali violazioni contro i suoi cittadini e interessi nelle acque del Golfo.
La giornata del 20 agosto ha poi visto l’Iran presentare il prototipo di due nuovi missili. Il primo, intitolato « Qassem Soleimani », è un missile balistico superficie-superficie, che, secondo quanto riferito dal ministro della Difesa, Amir Hatami, ha una gittata pari a 1.400 km. Il secondo, invece, chiamato « Abu Mahdi » è un missile da crociera con un raggio pari a 1.000 km. Come riportato dalla tv di Stato iraniana, si tratta del missile più moderno al momento posseduto da Teheran, che mira a rafforzare il « potere deterrente » del Paese.
L’annuncio dei due progetti è avvenuto durante una parata militare, organizzata in occasione della Giornata dell’industria della Difesa iraniana, alla quale hanno partecipato il presidente Hassan Rouhani e il ministro della Difesa Amir Hatami. Nel corso dell’evento, il capo di Stato Rouhani ha affermato che il « potere difensivo » dell’Iran non costituisce una minaccia per gli Stati del Golfo, in quanto il Paese non è intenzionato a farne uso per attaccare i propri vicini. La strategia di Teheran, è stato spiegato, è puramente difensiva e mira a salvaguardare la sicurezza dei suoi territori. Allo stesso modo, è stato evidenziato come tali capacità difensive vadano, in realtà, nell’interesse della regione del Golfo e, nonostante la presenza di diversi conflitti, l’Iran non ha mai intrapreso una guerra, sin dalla rivoluzione del 1979.
Le due notizie, il sequestro dell’imbarcazione e la presentazione dei nuovi missili, sebbene non connesse fra loro, sono da porsi in un quadro di perduranti tensioni nella regione del Golfo che interessano, direttamente e indirettamente, l’Iran. Da un lato, Washington, più volte definita un « acerrimo nemico » di Teheran è impegnata nel convincere il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ad estendere l’embargo sulle armi imposto contro l’Iran, la cui scadenza è prevista per il 18 ottobre prossimo. Il 14 agosto, il Consiglio di Sicurezza ha respinto la richiesta statunitense, e il rischio attuale è che gli Stati Uniti avviino il meccanismo di « snapback », ritornando a sanzionare l’Iran non solo per le armi, ma anche per le vendite di petrolio e gli accordi bancari.
Tra gli ultimi episodi più rilevanti che hanno esacerbato le tensioni tra i due Paesi vi è l’uccisione del generale Soleimani e di Abu Mahdi al-Muhandis, a seguito di un raid aereo, ordinato dal presidente USA, Donald Trump, il 3 gennaio, contro l’aeroporto internazionale di Baghdad.
Un accaduto che, secondo più voci, potrebbe apportare cambiamenti nel panorama mediorientale è il cosiddetto « accordo Abraham », annunciato il 13 agosto da Trump, il quale ha riferito che Israele si è impegnato a sospendere l’annessione dei territori palestinesi della Cisgiordania, così come annunciato in precedenza. Di fatto, tale patto normalizza le relazioni tra Israele e gli UAE. In tale quadro, il 15 agosto, Rouhani ha definito la normalizzazione « un errore enorme », giudicandolo « un tradimento » da parte di un Paese del Golfo. Parallelamente, il capo delle forze armate dell’Iran, il generale Mohammad Bagheri, ha affermato che Teheran cambierà il proprio approccio verso gli UAE, e questi ultimi saranno ritenuti responsabili nel caso in cui dovesse accadere qualcosa nel Golfo che possa mettere a repentaglio la sicurezza nazionale iraniana.
Per il Ministero degli Esteri emiratino, il presidente iraniano ha pronunciato un discorso inaccettabile e diffamatorio, che potrebbe avere gravi ripercussioni per la sicurezza e la stabilità della regione araba e del Golfo. Ciò ha portato alla convocazione dell’incaricato d’affari di Teheran ad Abu Dhabi, il 16 agosto.
(Piera Laurenza – Sicurezza Internazionale). (L’articolo)