(Roma 10 agosto 2020). Nicoletta Bombardiere era rientrata a Roma due giorni prima dell’esplosione. «Appena ci sarà un volo diretto ritornerà», dicono alla Farnesina.
A sette giorni dall’esplosione del porto di Beirut, nel pieno di una crisi di governo che ha portato alle dimissioni del primo ministro Hassan Diab, dopo i segnali di attivismo che hanno lanciato la Francia (con l’immediata visita di Macron) e la Turchia, con le esternazioni di un vice-presidente, l’Italia in Libano non ha ancora rimandato il suo ambasciatore.
«L’ambasciatrice è in ferie in Italia, era rientrata da due giorni, appena ci sarà un volo diretto ritornerà», dicono alla Farnesina. Appena arrivati a Beirut, giornalisti e soccorritori italiani hanno fatto immediatamente riferimento all’ambasciata, cercando l’ambasciatrice Nicoletta Bombardiere. Sul posto, dal primo momento, c’è l’attivissima numero 2, ma quando per esempio la Rai ha chiesto di fare un’intervista alla diplomatica, l’ambasciata ha ammesso che la titolare non era presente. E l’intervista è stata rifiutata.
Dice un ex diplomatico da Roma che «un’ambasciata funziona bene anche senza il titolare, i suoi colleghi sono perfettamente in grado di portare avanti gli affari correnti. Ma questo è un caso eccezionale, da costringere a riportare l’ambasciatore in sede con un volo militare».
L’Italia in Libano ha una storia antica ma anche recente assai rilevante: dal 2006 Roma offre alla missione Onu Unifil il comandante e un contingente di circa 2.000 uomini. Una missione negoziata dal governo Prodi-D’Alema. I soldati sono schierati a Sud per separare Israele dalla presenza dei militanti sciiti di Hezbollah. L’Italia è diventata anche il primo partner commerciale del Libano, e per esempio l’Eni ha ricevuto concessioni petrolifere assieme alla Russia e alla Francia per la ricerca di gas al largo nel Mediterraneo.
Aggiunge un ex diplomatico che «l’attenzione della politica per quello che accade nel Mediterraneo a volte non va al di là del soldato ferito o del connazionale disperso. Ma fra caos in Libia, espansione della Turchia e della Russia e adesso crollo del Libano, è tutto il Mediterraneo ad essere terremotato. Dovremmo essere in allarme 24 ore su 24».
Quando sarà trascorso Ferragosto, probabilmente a Beirut dovrebbe arrivare anche il premier Giuseppe Conte, in una visita più che necessaria. Il governo libanese però è dimissionario, e soprattutto si è schierato con tale forza contro gli attuali capi dei partiti politico/confessionali che Conte non avrà nessuna informazione dal premier Hassan Diab. L’unica cosa sarebbe provare a partecipare in queste ore alle riunioni e all’attività diplomatica in corso a Beirut. In presenza, non in teleconferenza.
(Vincenzo Nigro – La Repubblica). (L’articolo)