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Israele riconosce il Somaliland per avere una sua base africana

(Roma, 26 dicembre 2025). Con una mossa a sorpresa oggi Israele è diventato il primo Stato al mondo a riconoscere ufficialmente l’indipendenza del Somaliland, Stato de facto secessionista nelle aree della Somalia un tempo controllate dal Regno Unito. Tel Aviv ha riconosciuto le autorità di Hargheisa, capitale di un Paese che dal 1991 vive in sostanziale indipendenza e con una maggiore stabilità interna rispetto al Paese nel caos del Corno d’Africa. Il richiamo della dichiarazione bilaterale di instaurazione delle relazioni diplomatiche è allo “spirito degli Accordi di Abramo” mediati nel 2019 dal presidente Usa Donald Trump.

Il Somaliland riconosciuto da Israele

Da tempo Israele aveva accelerato l’avvicinamento al Somaliland, che nel grande gioco tra Corno d’Africa, Golfo di Aden (su cui si affaccia) e Mar Rosso è stato attenzionato anche dall’Etiopia, che nel 2024 ha ottenuto l’accesso al mare con il diritto allo sfruttamento del porto di Berbera ed è l’unico Paese assieme a Taiwan ad aver mandato dei diplomatici ad Hargheisa. Tel Aviv balza in avanti, e non è un caso visto il contesto geopolitico di riferimento. Il Somaliland è strategico per avere un affaccio sulla porta meridionale del Mar Rosso.

Il presidente del Somaliland Abdirahman Mohamed Abdullahi ha aperto a diverse possibili concessioni in cambio del riconoscimento. Tra queste si include, secondo diversi report, la possibilità di ricevere piccoli gruppi di palestinesi sfollati o trasferiti da Gaza.

La sfida geopolitica di Israele sul Somaliland

Al Majalla ha sottolineato come Tel Aviv stesse lavorando da tempo all’idea di una base in Africa o alle porte dell’Oceano Indiano per poter monitorare i flussi di armi dirette agli Houthi yemeniti o avviare importanti operazioni di intelligence: “Israele vuole una base militare e di intelligence per aumentare la sua profondità strategica nel Corno d’Africa, che gli consenta di monitorare e distruggere le spedizioni di armi marittime iraniane agli Houthi”, proiettando la potenza israeliana nell’Oceano Indiano e modificando sensibilmente gli equilibri di potere sul piano militare e politico.

Il riconoscimento israeliano del Somaliland è prodromico a un piano di questo tipo? Non è ancora certo ma indubbiamente plausibile, così come è possibile che Tel Aviv miri a muoversi per controbilanciare l’influenza sul Corno d’Africa della Turchia, che proprio sulla Somalia ha da tempo un importante affaccio.

Il braccio di ferro con la Turchia

Mogadiscio è pienamente nella zona d’influenza turca, sul territorio somalo l’intelligence di Ankara si muove liberamente per monitorare in profondità le minacce jihadiste e securitarie e aprire la strada alla proiezione militare e strategica, certificata dal 2017 dalla presenza nella capitale somala della base Camp TURKSOM, la più grande mai operata da Ankara all’estero.

Horn Review ha sottolineato la pervasività dell’influenza turca, spiegando che “a totalità dell’influenza, dal comando per la sicurezza e il controllo delle infrastrutture ai diritti proprietari sulla futura ricchezza di risorse, va oltre la semplice alleanza” e che “la situazione rivela un criterio di influenza moderna in cui le acute esigenze di sicurezza, investimenti e supporto istituzionale di uno Stato delicato sono soddisfatte da un partner che in cambio si assicura sistematicamente leve di comando sulla sua economia, sul suo patrimonio naturale e sul suo apparato difensivo”. Sarà lo stesso per Israele e Somaliland ? Si aprirà una partita a scacchi e un nuovo fronte nella grande rivalità tra Tel Aviv e Ankara, dopo la Siria e Cipro ? Tutto lascia presagire che ciò sia possibile.

Il Mar Rosso e il Golfo di Aden, epicentro di crisi

Israele preparava questa mossa da tempo, e ha valutato delle priorità strategiche ben precise (la proiezione regionale e il duello con Ankara) per giustificarla. Resta però un problema: il Paese che in casa propria si oppone fermamente alla statualità palestinese e rivendica un’occupazione pressoché totale della Terra Santa ora legittima, per primo, l’amputazione territoriale della Somalia.

Del resto, altrove, la scelta di Tel Aviv era stata favorevole a processi di occupazione come quello operato dal Marocco nel Sahara Occidentale, riconosciuto integralmente sotto la sovranità di Rabat. La realtà dei fatti parla di un contesto regionale sempre più frammentato. Sul Mar Rosso e il Golfo di Aden ora insistono il Sudan nel pieno della guerra civile, lo Yemen con lo scontro tra i rivali del fronte anti-Houthi in corso e il Somaliland “prenotato” come alleato da Tel Aviv in funzione anti-Iran, anti-Houthi e anti-turca. Per un’arteria strategica per i flussi globali di merci, parliamo di una serie di patate bollenti tutt’altro che secondarie nel quadro di un sistema geopolitico in evoluzione verso un caos crescente su scala globale.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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