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«Sia profezia di pace» : da Leone XIV in Libano un messaggio di speranza per il Medio Oriente

(Roma, 03 dicembre 2025). Una ventata di speranza per il Medio Oriente e un segnale di unità in un Paese che da tempo la agogna: la visita apostolica di Papa Leone XIV in Libano, che ha seguito quella altrettanto importante in Turchia, è stata un sasso nello stagno per il Medio Oriente.

Una visita pastorale, ecumenica, diplomatica, geopolitica: nel Paese che si trova alla fine della pace, al limitare tra instabilità e ricostruzione, nel mirino di Israele e delle maggiori potenze regionali l’arrivo del Santo Padre ha svolto la funzione di catalizzatore dell’attenzione verso la fondamentale necessità di ricostruire le fondamenta dello Stato e della comunità.

“Libano, rialzati!”

“Libano, rialzati! Sii casa di giustizia e di fraternità! Sii profezia di pace per tutto il Levante!”, ha detto Leone XIV nella messa finale a Beirut, riecheggiando quando detto nel 1997 da Giovanni Paolo II, che aveva definito il Libano “più che un Paese, un messaggio” nella sua messa alla spianata del Waterfront del 1997. Come riporta il Servizio d’Informazione Religiosa, Leone XIV ha invitato a “disarmare i nostri cuori” i fedeli, un messaggio importante in un Paese spesso attraversato da fratture confessionali ed etniche.

La visita di Leone XIV, infatti, ha trovato concordi tutti i libanesi, a prescindere dalle confessioni. Il presidente cristiano maronita Joseph Aoun ha dato a Leone XIV un caldo benvenuto, il Santo Padre ha pregato di fronte al sepolcro di San Charbel Makhlouf, autore di molteplici miracoli e ha visitato il luogo del porto della capitale dove il 4 agosto 2020 ci fu la devastante esplosione che causò 220 morti e soprattutto svelò le carenze amministrative e l’incuria dello Stato libanese.

Anche il Segretario generale di Hezbollah, Naim Qassem, ha salutato l’arrivo di “Baba Liyū” e la comunità musulmana del Paese dei Cedri ha visto Robert Francis Prevost elogiare l’importanza di “ogni suono di campana così come di ogni adhan [l’invito alla preghiera musulmano, nda]” per il dialogo interreligioso.

Leone XIV e la diplomazia per il Libano martoriato

Leone XIV ha compiuto dunque l’atto più significativo politicamente del suo pontificato e si è inserito sul solco della “diplomazia della misericordia” di Papa Francesco, una tendenza diplomatico-pastorale tesa a unire lo sforzo e la testimonianza apostolica del successore di Pietro come capo della Chiesa Cattolica alla vocazione per la pace che il papato romano promuove in quanto capo della Santa Sede, soggetto diplomatico pienamente legittimato.

E non è un caso che nel quadro degli appelli all’unità, Leone XIV arrivando in Libano abbia anche mandato un forte monito a Israele, Paese che si affaccia, spesso con bramosia, sul Libano di cui occupa territori a Sud e nei cui confronti si è espresso in relazione alla situazione di Gaza, rivendicando la necessità della soluzione a due Stati.

“La Santa Sede  ha formalmente riconosciuto lo Stato di Palestina nel 2015 e Leone ha già ribadito la sua posizione di lunga data a sostegno della soluzione dei due Stati”, nota il National Catholic Register, aggiungendo che “le sue dichiarazioni sull’aereo sono state il suo appello più diretto a favore dello Stato palestinese nel contesto della guerra a Gaza”.

Ponti di pace in un mondo in fiamme

Del resto, a Beirut Leone XIV ha proclamato la necessità di seguire “la pace come via, non come meta”: parole che assonano con la tendenza diplomatica dell’era di Jorge Mario Bergoglio e che prevedono la posizione del Vaticano come finalizzata a creare ponti di pace in un mondo in fiamme. Dirlo dal Medio Oriente su cui insiste la strategia di influenza israeliana è oltremodo significativo. Farlo dopo la visita in un Paese-pontiere, ma dalla posizione netta sulle responsabilità del caos regionale, come la Turchia, rafforza il messaggio.

L’unità espressa dal Libano, nei giorni della visita del Papa, è un messaggio alla regione e al contesto internazionale. Leone XIV ha voluto mostrare che esiste una via per il Medio Oriente che non passa per l’uso della forza e la riconfigurazione dettata dalle armi. A Beirut ci sperano. A Tel Aviv qualcuno avrà invece visto tutto ben più di traverso.

Di Andrea Muratore. (Inside Over)

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