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Meno truppe lungo il fianco Est della NATO : la mossa di Trump in Europa

(Roma, 29 ottobre 2025). Washington riduce la presenza militare in Romania e altri Paesi per riequilibrare le forze verso l’Indo-Pacifico. Bucarest parla di “aggiustamento tecnico”, ma la mossa ha peso simbolico

Gli Stati Uniti hanno deciso di ridurre parte della loro presenza militare in Romania e in altri Paesi dell’Europa orientale, in quella che viene descritta come una rivalutazione della postura militare americana nel continente. La notizia è stata confermata dal ministero della Difesa di Bucarest, che ha reso noto di essere stato informato della decisione da parte di Washington.

La rimodulazione sul fianco Est

Secondo quanto dichiarato dalle autorità rumene, gli Stati Uniti hanno scelto di sospendere la rotazione in Europa di una brigata che aveva elementi distribuiti in diversi Paesi della NATO. Dopo questa rimodulazione, circa 800 soldati statunitensi rimarranno comunque schierati sul territorio rumeno, dove sono presenti basi chiave come Mihail Kogălniceanu, Deveselu e Câmpia Turzii. Il ministero ha precisato che la decisione americana si inserisce in un quadro di “rivalutazione delle esigenze globali”, sottolineando al tempo stesso che la cooperazione militare tra Washington e Bucarest resta “solida e strategica”.

Il governo statunitense non ha ancora diffuso dettagli operativi sul numero complessivo delle truppe coinvolte né sulle tempistiche del ritiro, ma la misura avrebbe effetto immediato secondo fonti della difesa romena. Oltre alla Romania, la riduzione dovrebbe interessare anche Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, Paesi che ospitano unità americane e NATO dislocate sul cosiddetto fianco orientale dell’Alleanza.

Riorganizzazione strategica o abbandono ?

Il ridimensionamento avviene in un momento in cui la NATO continua a mantenere alta la vigilanza lungo la frontiera con la Russia e in prossimità del Mar Nero. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, l’Alleanza ha rafforzato in modo significativo la propria presenza nell’Europa sud-orientale, dispiegando truppe multinazionali e aumentando la frequenza delle esercitazioni congiunte. La Romania, in particolare, è diventata uno dei principali centri di comando e logistica dell’Alleanza in questa regione, anche per via della base di Deveselu che ospita il sistema di difesa antimissile Aegis Ashore, considerato una componente cruciale della difesa collettiva europea.

Da Washington, la decisione viene interpretata come parte di una più ampia riorganizzazione strategica che mira a bilanciare gli impegni militari statunitensi tra Europa e altre aree di crescente importanza geopolitica, come l’Indo-Pacifico. La Casa Bianca e il Pentagono da tempo insistono sulla necessità di un maggiore contributo europeo alla sicurezza del continente, ribadendo che gli alleati della NATO devono accrescere la propria capacità di difesa autonoma.

Il ministero della Difesa rumeno ha chiarito che la riduzione non implica una diminuzione della cooperazione militare bilaterale, ma un semplice “aggiustamento tecnico” dovuto al fatto che la NATO ha già consolidato la propria presenza in Europa orientale. Tuttavia, in molti ambienti diplomatici la mossa americana è letta anche come un segnale politico: un passo che potrebbe indicare la volontà di Washington di concentrare le proprie risorse su teatri più lontani, lasciando agli europei una quota maggiore di responsabilità per la sicurezza regionale.

Un equilibrio tra priorità globali e sostenibilità

Sul piano strategico, la mossa ha un valore che va oltre il numero delle truppe coinvolte. Il fianco orientale dell’Alleanza rappresenta la principale linea di deterrenza nei confronti di Mosca e del conflitto in Ucraina, e la presenza americana in Romania ha avuto negli ultimi anni un valore simbolico e operativo di primo piano. Una riduzione, anche parziale, della presenza statunitense potrebbe alimentare nei Paesi della regione la percezione di un minor impegno americano, benché la NATO continui a garantire la difesa collettiva e a potenziare le proprie strutture.

Gli osservatori internazionali notano che questa ricalibratura non comporta un disimpegno vero e proprio, ma riflette un equilibrio tra priorità globali e sostenibilità delle operazioni militari. Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno già aumentato gli investimenti in infrastrutture militari in Polonia e nei Paesi baltici, mentre la Romania resta un punto cardine per le operazioni sul Mar Nero e per la logistica verso l’Ucraina. La decisione di Washington, dunque, appare più come una redistribuzione delle forze che come un ritiro politico. Tuttavia, resta un gesto che avrà ripercussioni sul piano simbolico e diplomatico, in una fase in cui l’unità e la prontezza della NATO sono ancora percepite come cruciali per la stabilità dell’Europa orientale.

La Romania, da parte sua, ha ribadito la fiducia nella solidità dell’alleanza transatlantica, assicurando che la cooperazione con gli Stati Uniti proseguirà a pieno ritmo.

Nelle parole del ministero della Difesa di Bucarest, la presenza americana nel Paese “rimane un pilastro essenziale della sicurezza collettiva” e la NATO “continua a rafforzare la propria capacità di risposta su tutta la linea del fronte orientale”.

Di Francesca Salvatore. (Il Giornale)

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