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Rame, litio, cobalto… Tahnoon Ben Zayed e la strategia emiratina per conquistare i metalli critici

(Roma, 21 ottobre 2025). La transizione globale verso l’energia pulita non è solo una sfida tecnologica: è una guerra per le risorse. Rame, litio, nichel, cobalto e terre rare sono il nuovo petrolio. Su questo terreno, Tahnoon bin Zayed Al Nahyan — consigliere per la sicurezza nazionale di Abu Dhabi e fratello del presidente degli Emirati Arabi Uniti — sta costruendo una strategia ambiziosa e silenziosa per trasformare il Paese in un hub globale dei metalli critici.

Attraverso la controllata mineraria della International Holding Company (IHC), conglomerato da oltre 100 miliardi di dollari di asset, Tahnoon sta assemblando un team di trader, geologi e analisti per scalare rapidamente un settore dominato da attori come Cina e Russia. Dietro la retorica della diversificazione economica, c’è la costruzione di un’influenza strategica che si estende dall’Africa all’Asia.

L’Africa come campo d’espansione

La filiale mineraria International Resources Holding (IRH), fondata nel 2023, è la punta di lancia di questo progetto. IRH ha acquisito il 51% della Mopani Copper Mines in Zambia per 1,1 miliardi di dollari, segnando l’ingresso aggressivo degli Emirati nel mercato del rame, risorsa essenziale per reti elettriche e tecnologie verdi.

In Angola, IRH esplora giacimenti di ferro e diamanti; in Tanzania e Kenya punta su litio e terre rare. Si tratta di un’espansione sistemica: non semplici investimenti isolati, ma tasselli di un disegno più ampio per presidiare la catena del valore delle risorse critiche.

Abu Dhabi, nuovo snodo globale dei metalli verdi

Parallelamente, Abu Dhabi sta costruendo infrastrutture logistiche e commerciali per diventare il centro mondiale del trading dei metalli “verdi”. Entro il 2025, IRH punta a gestire oltre 500.000 tonnellate annue di rame certificato, riducendo le emissioni nelle catene di approvvigionamento e posizionando gli Emirati come interlocutore strategico per l’Occidente.

L’alleanza con Manara Minerals — controllata dal fondo sovrano saudita Public Investment Fund — ha creato un veicolo d’investimento da un miliardo di dollari per progetti minerari globali. È l’embrione di una cooperazione arabo-saudita in chiave geoeconomica.

Il ruolo centrale di Tahnoon

Tahnoon controlla un impero finanziario che include fondi sovrani come Abu Dhabi Investment Authority e ADQ per un valore complessivo stimato in 1,5 trilioni di dollari. Sotto la sua guida, IHC ha varato una mega-fusione da 33 miliardi, integrando società attive in IA, fintech e risorse naturali.

La sua strategia non si limita all’estrazione: punta a verticalizzare l’intera filiera, dalla miniera alla raffinazione, fino al trading internazionale. Ex dirigenti di Glencore e Trafigura Group sono già parte del suo team operativo. È un approccio coerente con la visione di lungo periodo: trasformare Abu Dhabi in un polo strategico di materie prime per la transizione energetica globale.

Ombre e controversie

L’espansione emiratina in Africa non è priva di rischi e critiche. Un rapporto delle Nazioni Unite ha segnalato contatti tra un intermediario di IRH e trafficanti d’oro nella Repubblica Democratica del Congo, sollevando dubbi sulla trasparenza delle operazioni.

Secondo analisti del Transnational Institute, il modello emiratino rischia di riprodurre dinamiche neo-estrattiviste, in cui grandi capitali stranieri concentrano ricchezza e potere, lasciando ai Paesi ospitanti marginali benefici economici e aggravando le tensioni sociali locali.

Un tassello della nuova geopolitica energetica

Mentre la domanda globale di minerali critici è destinata a quadruplicare entro il 2040, secondo l’International Energy Agency, gli Emirati puntano a diventare fornitori chiave per l’Occidente, riducendo la dipendenza dalle catene di approvvigionamento cinesi. Questa strategia si intreccia con gli investimenti già in corso in Asia, tra cui la collaborazione con Adani Group e i progetti minerari in Pakistan.

Il successo di Tahnoon dipenderà dalla capacità di gestire i rischi etici, ambientali e geopolitici che accompagnano questa espansione rapida e pervasiva. Se riuscirà, Abu Dhabi potrebbe ridefinire gli equilibri delle catene globali di fornitura dei metalli critici, diventando un attore strategico centrale nella transizione energetica mondiale.

Di Giuseppe Gagliano. (Inside Over)

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