(Roma, 25 settembre 2025). Il presidente Usa Donald Trump ha presentato la sua proposta per porre fine alla guerra a Gaza, liberare gli ostaggi rimanenti e avviare la riabilitazione della Striscia sotto un governo non guidato da Hamas. Tuttavia, il piano rischia di schiantarsi contro il muro del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e di un governo israeliano che ha ripetutamente dimostrato di ignorare le pressioni degli Stati Uniti e di essere nelle condizioni di poter fare ciò che vuole, senza conseguenze.
L’annuncio è avvenuto durante un incontro multilaterale a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, a cui hanno partecipato i leader di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Egitto, Giordania, Turchia, Indonesia e Pakistan. Secondo quanto riferito a The Times of Israel da due diplomatici arabi informati sull’incontro, il piano Trump delinea non solo la gestione post-bellica di Gaza ma anche le fasi per concludere il conflitto.
La proposta prevede un cessate il fuoco di diverse settimane durante il quale verrebbero rilasciati tutti i 48 ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Elementi del piano si basano su una proposta elaborata dall’ex premier britannico Tony Blair, incentrata su una gestione di Gaza affidata a una autorità palestinese rinnovata e sostenuta da una coalizione regionale.
Trump dice no all’annessione della Cisgiordania
Ma dal piano – e dalle parole di Trump – emerge subito un motivo di forte attrito con Bibi. Fonti presenti all’incontro hanno confermato che Trump ha dichiarato di “non permettere a Israele di annettere la Cisgiordania“. Tuttavia, Netanyahu non sembra intenzionato a cedere su questo fronte. The Times of Israel riporta che l’avvertimento americano non è visto da Israele come “la fine della discussione”. Il Primo Ministro israeliano ha in programma di affrontare la questione direttamente con Trump durante il loro incontro alla Casa Bianca previsto per lunedì prossimo.
Questo potenziale scontro evidenzia la sfida centrale che Trump si troverà ad affrontare: se da un lato ha ottenuto il sostegno di massima dei leader arabi e musulmani – che in un documento congiunto hanno accolto con favore il piano, pur ribadendo il loro rifiuto per l’occupazione israeliana di Gaza, le annessioni e gli insediamenti – dall’altro deve confrontarsi con un alleato storico che, specialmente sotto l’attuale governo, ha agito con un grado di indipendenza notevole, anche contro gli interessi e le pressioni diplomatiche americane.
Il sostegno dei Paesi arabi
I Paesi partecipanti all’incontro hanno presentato una dichiarazione congiunta che accoglie il piano di Trump, sottolinea l’importanza del ritorno a casa degli ostaggi, degli aiuti umanitari e si impegna a far parte di una soluzione pacifica basata sulla visione del presidente Usa. Allo stesso tempo, il documento condanna esplicitamente le operazioni militari israeliane in corso a Gaza e i recenti attacchi, incluso quello ai capi Hamas in Qatar.
Dopo l’incontro, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan lo ha definito “molto fruttuoso”, mentre la stampa emiratina ha evidenziato l’obiettivo comune di un cessate il fuoco permanente. “Vogliamo finire la guerra a Gaza. La finiremo. Forse possiamo farlo proprio ora”, ha dichiarato Trump ai giornalisti all’inizio dell’incontro, definendolo “l’incontro più importante”. Ma ha anche lasciato intendere che la partita vera inizierà ora, aggiungendo: “Questo incontro include tutti i grandi giocatori, eccetto Israele. Ma quello sarà il prossimo”.
Netanyahu alla Casa Bianca lunedì
Del piano di Trump se ne parlerà lunedì a quattr’occhi. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, infatti, che interverrà domani, a New York, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, è atteso lunedì alla Casa Bianca nel quarto incontro tra Netanyahu e Trump da quando quest’ultimo è tornato al potere. Un record.
L’esito determinerà se il nuovo piano americano, costruito con un insolito consenso regionale, potrà decollare o se naufragherà di fronte alla determinazione di Bibi che può contare sull’assoluta fedeltà del Segretario di Stato Marco Rubio e di altrimenti fortemente vicini al governo Netanyahu come Stephen Miller, Vice capo di gabinetto della Casa Bianca.
Nelle scorse ore, il giornalista conservatore Tucker Carlson ha svelato un retroscena clamoroso sull’influenza israeliana negli Stati Uniti, affermando che il primo ministro israeliano avrebbe dichiarato a più persone di “controllare gli Stati Uniti. Io controllo Donald Trump”.
“Bibi se ne va in giro – questo è un fatto, non lo sto indovinando perché ho parlato con le persone a cui lo ha detto – se ne va in giro per il Medio Oriente, nella sua regione, nel suo stesso Paese, e dice alla gente senza mezzi termini, affermandolo e basta: ‘Io controllo gli Stati Uniti. Io controllo Donald Trump.’” ha detto Carlson. Se è davvero così – come sostiene anche un altro giornalista, Max Blumenthal, secondo cui The Donald avrebbe addirittura “paura” di Bibi – allora Trump ha davvero poche speranze di vedere il suo piano approvato.
Di Roberto Vivaldelli. (Inside Over)