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Bayrou, Attal e gli altri : ecco tutti i premier «bruciati» da Macron

(Roma, 08 settembre 2025). Ennesima crisi di governo a Parigi, ennesima débâcle per il capo dell’Eliseo: l’impressionante elenco di fallimenti

« Come volete governare un paese ove esistono 246 varietà di formaggio? ». A questa domanda posta da Charles de Gaulle non è stata ancora trovata una risposta. A Parigi non sono stati registrati colpi di scena: François Bayrou è stato sfiduciato a nove mesi scarsi dalla nomina. Terzo primo ministro in poco più di un anno, il quarto in venti mesi. Un paese sull’orlo del baratro, l’ennesimo fallimento di Emmanuel Macron, ora più debole che mai. Non ci resta che ripercorrere l’elenco di premier “bruciati” dal capo dell’Eliseo.

Élisabeth Borne

La lista di premier bruciati da Macron inizia con Élisabeth Borne, che ha lasciato la carica di primo ministro il 9 gennaio del 2024. Burocrate considerata fin troppo di sinistra, entrò in carica nel maggio del 2022 e si fece conoscere per aver messo sotto osservazione il governo Meloni sui temi di diritti civili e aborto. Fatali le crisi politiche innescate dalle contestate riforme del sistema pensionistico e dalle leggi sull’immigrazione. Può comunque vantare il primato di premier donna più longeva della storia francese.

Gabriel Attal

Entrato in carica il 9 gennaio 2024, Gabriel Attal è durato ufficialmente poco meno di nove mesi, ma in realtà presentò le sue dimissioni già a luglio, il giorno dopo il secondo turno delle elezioni legislative che avevano espresso un Parlamento senza una chiara maggioranza. Macron provò a far desistere il “suo” primo ministro, conscio di essere alla guida di un governo senza maggioranza. Ex portavoce del governo di Jean Castex dal 2020 al 2022 ed ex ministro dell’Istruzione nel governo di Borne, Attal venne scelto perché molto vicino a Macron, che in precedenza ne aveva elogiato “l’energia e il coraggio nel condurre le battaglie necessarie”, promettendogli “un futuro governativo” e “un destino più ambizioso”.

Michel Barnier

Poco più di quattro mesi: questa la durata del governo guidato da Michel Barnier, entrato in carica il 5 settembre 2024 e dimessosi il 13 dicembre dello stesso anno. Un record storico, a testimonianza della feroce crisi politica in corso oltralpe. Barnier era stato sfiduciato dall’Assemblea nazionale: la mozione era stata presentata dall’estrema sinistra del Nouveau Front Populaire e votata anche dal Rassemblement National. Fatale, in questo caso, la proposta di bilancio per il 2025, giudicata dall’aula troppo austera nonostante le concessioni dell’ultimo minuto del primo ministro. Ex negoziatore della Brexit, Barnier era stato scelto sia per la sua “compatibilità” con Macron, sia per la necessità di consentire la partecipazione dei Repubblicani al governo di coalizione.

François Bayrou

Ed eccoci a Bayrou, costretto al passo indietro dopo aver indetto il voto nel tentativo di fare approvare un impopolare piano di risparmi da 44 miliardi di euro. L’aveva definito una questione di “sopravvivenza naturale”, sottolineando che la Francia deve tenere sotto controllo il suo debito in continua crescita, poiché « per 20 anni, ogni ora di ogni giorno e ogni notte ha visto il debito crescere di 12 milioni di euro in più ».

Una cosa è certa: l’attuale instabilità è riconducibile all’incredibile scelta di Macron di indire elezioni anticipate nel 2024. Indignato dai notevoli risultati del Rassemblement National alle europee, il presidente francese forzò un voto parlamentare in cui il suo stesso partito persi seggi a favore della destra e dell’estrema sinistra, lasciando il Paese con un’Assemblea divisa.

Ora, con la caduta di Bayrou, la pressione su Macron crescerà esponenzialmente. Il presidente ha già chiarito di non voler fare passi indietro prima del maggio 2027, quando finirà il suo mandato, ma i partiti di opposizione sono pronti a invocare le dimissioni.

La Le Pen chiede lo scioglimento del Parlamento, conscia che il ritorno alle urne favorirebbe il suo partito. L’ipotesi più probabile è la nomina di un governo ad interim mentre valuta un successore: in pole il ministro delle Forze Armate Sébastien Lecornu e il ministro della Giustizia Gérald Darmanin.

Di Massimo Balsamo. (Il Giornale)

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