(Roma, 03 settembre 2025). Nei vagoni della metro con gli occhi incollati sui display degli smartphone. A casa, di fronte ai televisori sintonizzati su Cctv-1, il primo canale della China Central Television, oppure a bordo strada e nelle piazze, con lo sguardo rivolto verso maxi schermi.
Tutta la Cina si è fermata per guardare, o forse sarebbe meglio dire gustarsi, la maxi parata militare organizzata in Piazza Tienanmen per commemorare gli 80 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e celebrare la vittoria della Cina nella cosiddetta Guerra di Resistenza contro l’aggressione giapponese, nonché il contributo offerto da Pechino per sconfiggere i fascismi.
Altro che rottura tra il popolo cinese e i loro leader, tra le nuove generazioni e il Partito Comunista Cinese (Pcc): la sensazione è che il rapporto tra i cittadini d’oltre Muraglia e le élite politiche sia, non solo solido, ma rafforzato dagli ultimi avvenimenti internazionali.
La retorica moralistica dell’Occidente, unita ai più concreti dazi commerciali di Donald Trump, ha infatti convinto i figli del Dragone a compattarsi di fronte a un mondo in cambiamento. E la promessa di Xi Jinping, quella di lottare per la pace e un ordine globale più equo dell’attuale, sembrerebbe aver convinto tanto i suoi connazionali quanto i Paesi del Global South, anch’essi desiderosi di sedersi – finalmente da protagonisti – al tavolo della storia.
Molto più di una parata militare
Quella andata in scena a Pechino, in sostanza, non è soltanto una parata militare. Il governo cinese ha ovviamente sfruttato il palcoscenico per flettere i muscoli e far vedere al mondo intero (leggi: Stati Uniti) le più interessanti innovazioni militari, come missili, droni e armi hi-tech. Ma il vero obiettivo di Xi era un altro: gettare le fondamenta per lanciare una nuova era internazionale.
Indipendentemente da cosa possano pensare gli analisti occidentali, l’Unione Europea e gli Stati Uniti, la Cina ha fatto capire a tutti quanti di non aver più intenzione di indossare i panni scomodi che qualcun altro le aveva cucito addosso – contro voglia – al termine della Seconda Guerra Mondiale.
Certo, la globalizzazione e l’Organizzazione Mondiale del Commercio hanno amplificato la crescita economica di Pechino, ma adesso il Partito si sente abbastanza maturo da voler inaugurare un altro percorso di sviluppo, allo stesso tempo da proporre anche agli altri.
A rendere il messaggio ancor più perentorio la presenza dei leader riuniti al fianco di Xi, nella tribuna d’onore, in rappresentanza di Stati che hanno sfidato o messo in discussione il predominio statunitense sull’ordine globale.
Verso una nuova era
La parata è servita per alimentare il nazionalismo, fare luce sul ruolo svolto dalla Cina nella Seconda guerra mondiale e proiettare il Partito come salvatore della nazione contro un aggressore straniero, il Giappone imperiale. Evocare ricordi del genere serve, di fatto, a raccogliere il sostegno interno cinese di fronte all’incertezza economica e alle tensioni con gli Stati Uniti. Sarebbe però un errore fermarsi qui.
“Quando in passato si è trovato di fronte a una lotta all’ultimo sangue tra giustizia e male, luce e oscurità, progresso e reazione, il popolo cinese si è unito nell’odio per il nemico e si è ribellato”, ha dichiarato Xi descrivendo le tensioni attuali come un’altra scelta fatale tra pace o guerra, dialogo o scontro.
Con la Cina – e con tanti altri Paesi che decideranno di seguirla – dalla parte del progresso, della pace e del dialogo, all’Occidente non resta che ricalibrare la propria narrazione nei confronti dei ”nemici” oppure prepararsi all’atto compiuto: perdere l’influenza su quello che un tempo veniva bollato come ”resto del mondo” ma che oggi rappresenta un ”mondo alternativo” in rampa di lancio.
Di Federico Giuliani. (Inside Over)