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L’Occidente vincerà se unito

(Roma, Parigi, 03 settembre). Europa e India: sono queste le due « alleanze strategiche » che Trump deve saper ricucire, sottraendosi al doppio gioco di Putin

Sembrava un film della Marvel il summit di Tanjin, dove tutti i « cattivi del mondo » si tenevano per mano sfidando l’Occidente. A parte l’ambigua presenza di Modi e dell’ondivago Erdogan, tutti gli altri, da Putin a Kim Jong-un, da Lukashenko a Pezeshkian, possono ormai essere identificati come una vera e propria « internazionale del nichilismo » che minaccia la sicurezza del pianeta. È suonata perciò abbastanza paradossale l’esortazione di Xi Jinping, di andare « oltre la logica della guerra fredda »: Russia, Corea del Nord e Iran sono infatti già molto oltre, avendo promosso guerre assai « calde », condite da stragi e stermini di massa. Dall’Europa al Medio Oriente. Al vertice di Tanjin, era rappresentato circa il 25 per cento del Pil mondiale e il 42 per cento (quasi 4 miliardi) dell’intera popolazione del pianeta. Non si può allora sottovalutare la sfida lanciata all’Occidente da questa sorta di Nato del Sud globale, che oggi esalterà la sua potenza nella parata militare di Pechino.

Ebbene, se i « cattivi » si muovono con tanta determinazione cosa fanno i nostri Superman e Batman? Cosa fanno, fuor di metafora, Stati Uniti ed Europa? L’Occidente, come ha ben scritto Alessandro Sallusti, sembra addormentato. Ma siccome la sfida sul nuovo ordine globale non è affatto una favola, conviene che si svegli. « Sovrano è chi decide nello stato d’eccezione », recitava il teorema di Karl Schmitt. E c’è da dire che il mondo di oggi è pieno di « stati d’eccezione »: l’ecosistema politico è a rischio. Eppure la sovranità delle dittature non sembra subire « defaillance ». Anzi esse si ritengono, come ha detto Putin, « maggioranza globale » e perciò rivendicano la leadership del pianeta. Viceversa le democrazie appaiono divise, e il loro potere spesso inconcludente.

Ne consegue che, di fronte alla sfida di Tanjin, il primo obiettivo dell’Occidente deve essere quello di recuperare la propria unità. Che senso ha infatti immaginare, proprio ora, una « scissione di destino » tra Europa e Stati Uniti? Si possono rivedere, come si è iniziato a fare, i parametri dei reciproci interessi militari e commerciali, ma sarebbe un tragico errore sciogliere il patto, lasciando campo libero alle autocrazie. Al contrario: è necessario rendere ancora più forte quell' »alleanza delle democrazie », fatta di valori e interessi comuni, che ha finora reso l’Occidente il modello più invidiato di convivenza umana. Si sa che Washington, da tempo, ha perso interesse per il Vecchio Continente: ma Trump dovrebbe rendersi conto che, viceversa, « l’internazionale del nichilismo », tramite Putin, punta proprio sullo « sfondamento » in Europa per metterci alle corde. Così come, d’altra parte, lavora a impedire che, tra New Delhi e Washington, maturi l' »intesa cordiale » che sembrava manifestarsi prima dell’imposizione dei dazi.

Europa e India: sono queste le due « alleanze strategiche » che Trump deve saper ricucire, sottraendosi al doppio gioco di Putin. In altri termini, per fare davvero « l’America di nuovo grande » egli deve recuperare il perduto « soft power » di un tempo. Quel mix tra forza della deterrenza e amore della libertà che ha dato agli Usa il primato nel mondo. Se non ci riuscisse difficilmente la sua presidenza si rivelerà un successo. Analogamente, se in Europa prevalessero spinte centrifughe « alla Macron » la partita si farebbe sempre più complicata. In sostanza, se Tanjin ha sfidato l’Occidente, sarebbe ben strano che l’Occidente rispondesse dividendosi.

Ciò che vale anche sul tema del « nuovo multilateralismo » declamato da Xi Jinping. Perché mai egli suppone che l’Occidente sia contrario al ritorno della Grande Diplomazia? Domanda inutile: perché se il leader cinese parlasse sul serio avrebbe già convinto Putin a incontrare Zelensky. È vero che l’ordine geopolitico nato a Yalta è tramontato. Allora però, vista la crisi dell’Onu, compito delle leadership del pianeta dovrebbe essere quello di riscrivere, insieme, valori e norme del nuovo ordine mondiale. Solo così avrebbe senso parlare di un « nuovo multilateralismo ». Ma, purtroppo, il leader cinese fa solo propaganda.

Controprova: se Trump gli proponesse di accingersi davvero a questo compito, ragionando « in grande » sui destini della Terra, riceverebbe di certo una risposta negativa. Ecco perché è urgente che l’Occidente ritrovi la sua unità. Per raccogliere davvero la sfida di Tanjin e andare a vedere le carte truccate di Xi Jinping e soci.

Di Ferdinando Adornato. (Il Giornale)

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