(Roma, 18 agosto 2025). Mentre il mondo è comprensibilmente concentrato sulle vicende dell’Ucraina e sull’instabile trattativa Trump-Putin-Zelensky, molti osservatori (soprattutto negli Usa) avvertono: una seconda guerra tra Israele e Iran potrebbe essere prossima. Anzi, di più: potrebbe scoppiare già nelle prossime settimane. Perché? Perché gli obiettivi di Israele non erano quelli dichiarati, ovvero eliminare la presunta minaccia nucleare iraniana, che in ogni caso non sono stati raggiunti. I veri obiettivi di Israele, dicono diversi analisti Usa e come spiega benissimo Trita Parsi del Quincy Institute for Responsible Statecraft, erano tre: attirare gli Usa in una guerra aperta contro l’Iran; rovesciare il regime degli ayatollah; ridurre l’Iran in una condizione simile al Libano o alla Siria, Paesi che Israele può bombardare a piacimento senza bisogno di particolari aiuti e senza temere particolari condanne.
In altre parole, ciò che Israele cercava con la Guerra dei 12 giorni era il dominio regionale. Ma nessuna delle tre condizioni si è pienamente realizzata.
La prima : Donald Trump si è fatto attirare nella guerra ma non nel modo che a Israele più conveniva: le forze Usa hanno tentato il colpo mirato e risolutivo contro i laboratori del nucleare iraniano ma non si sono impegnate in un conflitto generalizzato per mettere in ginocchio il Paese. Presa coscienza del limitato impegno Usa, Benjamin Netanyahu si è dovuto acconciare alla tregue.
Anche per questo il regime degli ayatollah (obiettivo numero due) non è crollato e, anzi, sembra essere uscito rafforzato dallo scontro. Israele, come al solito, aveva ben preparato la guerra e fin dalle prime ore era riuscito a eliminare almeno 30 alti ufficiali dei diversi corpi iraniani e 19 scienziati del complesso industrial-militare. Ma in poche ore gli iraniani sono riusciti a ricostruire la catena di comando e a dispiegare una resistenza missilistica di tutto rispetto. Non solo. Secondo il Washington Post, il Mossad avrebbe chiamato almeno 20 generali iraniani minacciando di uccidere loro e i loro familiari se non avessero registrato dei video di critica del regime. Erano le prime ore, quelle del maggiore shock per gli iraniani, ma non v’è notizia che alcun ufficiale si sia piegato alla minaccia.
Terzo obiettivo : l’Iran è stato duramente colpito ma non è stato ridotto a un bersaglio indifeso come il Libano o la Siria. Nei dodici giorni di guerra, al contrario, l’efficacia della risposta missilistica iraniana è andata crescendo e molti esperti credono che essa sia stata misurata, calcolata per non svuotare gli arsenali.
Il conflitto che verrà
Con la prima guerra, insomma, Israele avrebbe mancato l’obiettivo fondamentale, appunto quello di conquistare la supremazia regionale totale, togliendola all’unico rivale che per lungo tempo ha seriamente cercato di contendergliela. E anche se le ostilità non si sono mai davvero fermate, per questo, appunto, una seconda vera guerra sarebbe non solo inevitabile ma anche imminente. In questo senso le previsioni variano, da qualche mese a poche settimane. Tutti però sono concordi sul fatto che la data ultima sarebbe quella delle elezioni Usa di medio termine del 2026, quando un esito sfavorevole potrebbe limitare l’autonomia decisionale di Trump e della sua maggioranza.
Sono tutte cose che gli iraniani sanno benissimo, com’è ovvio. E infatti si stanno preparando, rifornendo gli arsenali e cercando di elaborare nuove strategie. “Se l’aggressione israeliana dovesse ripetersi, non esiteremo a reagire in maniera più decisa e in un modo che renderà IMPOSSIBILE sventarla”. Lo ha scritto Abbas Aragchi, ministro degli Esteri dell’Iran, in un lungo post su X. Al di là dei propositi bellicosi, la dichiarazione sembra alludere a un modo nuovi di affrontare la guerra con Israele: il tentativo di colpire duro fin dalle prime ore per evitare un conflitto prolungato che, inevitabilmente, metterebbe alla prova gli arsenali iraniani assai più di quelli israeliani, riforniti dagli Usa e da diversi Paesi europei.
Di Mirko Marchi. (Inside Over)