(Roma, 22 luglio 2025). Gli Stati Uniti hanno annunciato che si ritireranno dall’Unesco alla fine del 2026, per decisione del presidente Donald Trump. È la terza volta in quarant’anni che Washington lascia l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Come già accaduto nel 2018, anche questa volta la motivazione ufficiale riguarda presunti pregiudizi “anti-israeliani” da parte dell’organizzazione.
La decisione arriva a pochi mesi dalla richiesta di Trump, formulata nel febbraio 2025, di riesaminare la partecipazione americana a diverse agenzie dell’ONU. Il Dipartimento di Stato ha spiegato che la permanenza nell’Unesco “non è nell’interesse nazionale”, accusando l’agenzia di promuovere “cause sociali e culturali divisive” e una “visione ideologica e globalista” incompatibile con la politica estera “America First”.
In particolare, Washington continua a contestare l’ammissione della Palestina come Stato membro, avvenuta nel 2011, considerata contraria alla linea diplomatica americana e fonte di atteggiamenti ostili nei confronti di Israele.
La direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, ha definito “profondamente deplorevole” la decisione, ricordando però che l’organizzazione si era preparata a questa eventualità. Negli ultimi anni, sotto la sua guida, l’Unesco ha ridotto la propria dipendenza dal finanziamento statunitense, aumentando il peso delle contribuzioni volontarie. Il contributo annuale degli Stati Uniti, pari a circa 75 milioni di dollari, rappresenta oggi solo l’8% del bilancio totale.
Azoulay ha anche respinto le accuse di ostilità verso Israele, sottolineando il forte impegno dell’Unesco nella lotta contro l’antisemitismo e nella promozione dell’insegnamento della Shoah.
Gli Stati Uniti, pur lasciando l’agenzia, manterranno il loro posto nel Comitato del Patrimonio Mondiale, che si occupa della tutela e designazione dei siti protetti. Il ritiro avrà comunque conseguenze operative, costringendo l’Unesco a rivedere alcune attività o a cercare nuove fonti di finanziamento.
Fondata nel 1945, l’Unesco è nota soprattutto per i suoi programmi educativi, scientifici e culturali, e per la tutela del patrimonio mondiale. Negli ultimi anni ha affrontato anche temi contemporanei come l’intelligenza artificiale e il cambiamento climatico. Il passo indietro degli Stati Uniti rappresenta dunque non solo una perdita economica, ma anche un segnale politico rilevante sul ruolo americano nelle organizzazioni multilaterali.