(Roma, 18 luglio 2025). Radere al suolo la Striscia di Gaza è diventato un lavoro altamente remunerativo per i civili israeliani. Chi si mette alla guida di macchinari pesanti per demolire abitazioni e infrastrutture può arrivare a guadagnare fino a 30.000 shekel al mese, circa 9.000 dollari. È quanto emerge da un’inchiesta del quotidiano israeliano The Marker, che ha raccolto le testimonianze di diversi operatori di bulldozer.
Si tratta di un aspetto sottaciuto dalla stampa internazionale, ma ben documentato dai quotidiani di Tel Aviv: civili e imprese di demolizione israeliane, su incarico del Ministero della Difesa, hanno un ruolo attivo nella distruzione completa della Striscia. Così scrive il Times of Israel: «Sebbene ufficialmente non combattenti, molti civili ora operano sulle linee del fronte, assumendo rischi normalmente riservati ai soldati in uniforme. Stanno regolarmente svolgendo lavori di demolizione, ingegneria e logistica nel cuore di Gaza».
Quindi, non è solo l’IDF ad agire nella Striscia, anche i civili israeliani che operano in parallelo, in un’azione coordinata.
Secondo quanto riportato, esistono sostanzialmente due tipologie di tariffari adottati dal Ministero della Difesa israeliano. Nel primo caso, il meno remunerativo, il ministero riconosce alle imprese che mettono a disposizione i bulldozer circa 1.500 dollari al giorno. Nel secondo caso, il pagamento è legato al numero di demolizioni effettuate: per un edificio di tre piani gli operatoriricevono 750 dollari, mentre per strutture più alte la cifra sale a 1.500 dollari. In altre parole, più distruzioni vengono portate a termine, maggiori sono i guadagni. Quanto ai conducenti dei macchinari, possono arrivare a una paga giornaliera di 882 dollari (The Guardian).
«È anche una questione di tempo», si legge su The Marker. «I proprietari dei mezzi sanno di poter aumentare i loro ricavi, perciò assumono israeliani motivati».
Non sorprende, quindi, che agli annunci online per queste mansioni rispondano soprattutto giovani israeliani che, oltre all’aspetto economico, dichiarano di agire per un ideale: «dare il proprio contributo alla distruzione totale di Gaza». Molti di loro sono coloni, cioè israeliani che vivono nella Cisgiordania occupata e che sognano di fare propria anche la Striscia.
Il reclutamento dei coloni
Questa settimana, durante un’operazione di demolizione a Khan Younis, Avraham Azoulay, un colono di Yitzhar, è stato ucciso in uno scontro armato tra l’esercito israeliano e i combattenti di Hamas. Il partito Sionismo Religioso, guidato dal ministro Bezalel Smotrich, non ha esitato a glorificarne la morte in una nota ufficiale: «Azoulay è venuto a Rafah e ha distrutto molti edifici in nome dello Stato di Israele. È morto da eroe, mentre demoliva le case del nemico».
A maggio, quando un altro colono alla guida di un bulldozer era stato ucciso, il parlamentare Tzvi Sukkot (Sionismo Religioso) lo aveva insignito di una sorta di medaglia al valore, definendolo responsabile del «più grande risultato della guerra: aver spazzato via decine di migliaia di case». In quell’occasione, lo stesso leader messianico aveva incoraggiato il movimento dei coloni a continuare a servire a Gaza alla guida dei bulldozer.
Tra questi “demolitori seriali” spicca il rabbino Avraham Zarbib, colono di Beit El, diventato un fenomeno sui social grazie ai video che pubblica mentre demolisce case a Gaza. «Distruggeremo questo maledetto villaggio fino alla fine, fino alla vittoria, fino all’insediamento», ha dichiarato in uno dei suoi ultimi filmati girati a Khan Younis. Ogni reel è accompagnato dallo slogan: «Non ci arrenderemo finché non sarà tutto cancellato».
Il giornalista israeliano Uri Misgav ha riferito che le società che operano sotto l’ombrello del Ministero della Difesa sono due. Entrambe hanno decine di mezzi e i loro operatori vengono reclutati tra i cosiddetti “giovani delle colline” (Hilltop youth), ovvero ebrei estremisti che spadroneggiano nella Cisgiordania occupata (e che ultimamente si sono spinti a scontrarsi persino con l’esercito israeliano, tanto è forte la loro impunità).
I civili israeliani demoliscono quello che vogliono
A Gaza tutto è concesso agli israeliani: le società edilizie impiegate nell’enclave possono (anzi devono) distruggere edifici ovunque, anche vicino alle aree in cui sono ammassati i palestinesi. Accade di frequente, riporta Haaretz, «che quando i bulldozer si avvicinano troppo ai palestinesi disarmati, i soldati aprono il fuoco, sostenendo che la vicinanza dei civili rappresenta un pericolo». Un modus operandi criminale, già impiegato per sparare alla povera gente affamata in fila per gli aiuti, colpevole di «essere una potenziale minaccia».
Questa opera di demolizione massiva contribuisce a spiegare la portata della distruzione della Striscia: “Nuovi dati satellitari mostrano che la devastazione di Gaza è più grave del previsto, almeno il 70% degli edifici è stato raso al suolo”, titola Haaretz. Questo il sottotitolo: “Secondo una mappatura dell’Università Ebraica, l’89% degli edifici di Rafah, l’84% degli edifici nella Striscia di Gaza settentrionale e il 78% degli edifici a Gaza City sono stati completamente o parzialmente distrutti. I dati mostrano che da aprile, a Rafah sono stati distrutti in media 2.000 edifici al mese”.
Di Claudia Carpinella. (Inside Over)