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Francia e Regno Unito coordinano il loro deterrente nucleare

(Roma, 12 luglio 2025). Regno Unito e Francia si sono impegnate pubblicamente, per la prima volta nella storia, a coordinare i loro deterrenti nucleari in risposta a minacce estreme, segnando una nuova fase nella loro strategia nucleare, in quella della NATO e potenzialmente gettando le basi per la prima deterrenza nucleare dell’Unione Europea.

La dichiarazione congiunta, firmata durante la visita di Stato del presidente Emmanuel Macron a Londra, afferma che Regno Unito e Francia manterranno arsenali nucleari sovrani, ma sono ora pronti ad allinearli in caso di grave crisi. Si afferma inequivocabilmente che “qualsiasi minaccia estrema all’Europa indurrebbe una risposta da entrambe le nazioni”. Entrambi i Paesi hanno sottolineato più volte il mantenimento dell’indipendenza del proprio arsenale, ma l’accordo rappresenta una pietra miliare verso una deterrenza nucleare totalmente europea, slegata dagli Stati Uniti, originatasi per via della preoccupazione data dalla retorica nucleare della Russia e dalla diffusa instabilità nella regione euro-atlantica. Formalizzando il coordinamento al massimo livello di deterrenza, Londra e Parigi mirano a scoraggiare gli avversari attraverso un fronte nucleare unito, dimostrando al contempo l’autonomia strategica europea nel quadro della NATO.

Nei governi di entrambe le parti del Canale della Manica non si nasconde l’entusiasmo per questa decisione congiunta: il Segretario alla Difesa britannico John Healey, ad esempio, ha affermato che la nuova posizione sottolinea una determinazione condivisa: “Questa partnership rafforza la nostra leadership in Europa e invia un chiaro segnale ai nostri avversari: siamo più forti, insieme”. Nel Parlamento britannico, però, non tutti sono d’accordo con la decisione dell’esecutivo: giovedì scorso il deputato conservatore James Cartlidge in un intervento alla Camera dei Comuni ha criticato il governo Starmer per non aver riferito in parlamento e per aver preso una decisione che rappresenta un “profondo paradosso” in quanto Londra non ha ancora accesso al fondo per il riarmo europeo. Cartlidge ha anche sollevato la questione delle armi nucleari tattiche: “Regno Unito e Francia prenderanno ora in considerazione la cooperazione sulle opzioni di lancio di armi nucleari tattiche attraverso il nostro complesso condiviso di armamenti ?”.

Il ministro della Difesa Maria Eagle ha respinto qualsiasi insinuazione che il governo stesse perseguendo capacità nucleari tattiche quando ha risposto al deputato che “questo governo non considera tattico alcun uso di armi nucleari di alcun tipo” e ha tenuto a sottolineare che “in questo accordo non proponiamo lo sviluppo di nuovi tipi di armi nucleari. Si tratta di coordinare le opzioni che abbiamo insieme per rafforzare l’Europa e il Nord Atlantico”.

La dottrina nucleare di Francia e Regno Unito

Il Regno Unito e la Francia sono le uniche potenze nucleari europee e due dei tre Stati dotati di armi nucleari indipendenti della NATO, insieme agli Stati Uniti. Sebbene entrambe le nazioni contribuiscano separatamente al deterrente atomico dell’Alleanza, la dichiarazione di messa a sistema dei due arsenali va oltre, sollevando la prospettiva di un processo decisionale integrato in scenari che comportano minacce esistenziali.

Londra e Parigi hanno da tempo ridimensionato il loro deterrente nucleare, che prima poteva contare su diversi sistemi di consegna, per affidarsi principalmente ai sottomarini lanciamissili balistici (SSBN) e ai missili da crociera aviolanciati. Il Regno Unito, in particolare, si affida esclusivamente agli SSBN avendo abbandonato i bombardieri strategici da lungo tempo, mentre per quanto riguarda il nucleare tattico solo da poco sta valutando di poter ritornare al nuclear sharing dell’Alleanza Atlantica, che vede però gli ordigni sotto la diretta dipendenza statunitense.

La Francia, oltre ad affidarsi agli SSBN, utilizza anche vettori da crociera aviolanciati (il missile ASMP – Air Sol Moyenne Portée), avendo chiuso i silo di vettori balistici basati a terra presso la base di Plateau d’Albion nel 1998. Si ritiene che la Francia abbia circa 60 vettori ASMP e ha in servizio attivo 4 SSBN della classe Le Triomphant ciascuno dotato di 16 tubi di lancio verticali per missili balistici, mentre il Regno Unito ha in servizio 4 SSBN della classe Vanguard ciascuno dotato di 16 tubi di lancio verticali per missili balistici. La deterrenza francese, come quella britannica, contribuisce all’architettura di deterrenza complessiva della NATO.

Nonostante il rifiuto di Parigi di partecipare ai meccanismi di deterrenza condivisi all’interno dell’Alleanza – la Francia non è membro del Gruppo di Pianificazione Nucleare della NATO –, riconosce di contribuire alla sua sicurezza grazie a questa capacità indipendente. Questo è stato espresso in seno alla NATO fin dal 1974, quando il Comunicato di Ottawa indicava che “due dei membri europei possiedono forze nucleari in grado di svolgere un ruolo deterrente autonomo, contribuendo al rafforzamento complessivo della deterrenza dell’Alleanza”.

La dottrina nucleare francese si fonda su due pilastri: è difensiva e deve prevenire qualsiasi attacco agli interessi vitali del Paese. La deterrenza nucleare francese è nata con l’obiettivo di garantire la sopravvivenza della nazione di fronte alla minaccia di un avversario di gran lunga superiore in termini di potenza militare convenzionale come era l’Unione Sovietica con l’intento di arrecare il maggior danno possibile non tanto all’intero sistema Paese (countervalue) e nemmeno contro tutte le forze strategiche avversarie (counterforce) ma di bersagliare i centri vitali politico/militari/industriali sovietici. Con la fine della Guerra Fredda, la Francia ha sviluppato il suo arsenale attorno al concetto di “stretta sufficienza”, ovvero lo sviluppo solo di un volume minimo di armi, considerato sufficientemente credibile da causare in modo affidabile danni inaccettabili a un avversario.

Anche il Regno Unito persegue la stessa dottrina di impiego: le armi nucleari sono esclusivamente per scopi difensivi, da impiegarsi solo in caso di estrema minaccia esistenziale, anche per difendere gli alleati della NATO. Parimenti, Londra mantiene il minimo numero di armi per essere efficaci e credibili, ovvero per esprimere una deterrenza. La Royal Navy, per questo, mantiene sempre un SSBN in mare, in pattugliamento, mentre uno è in cantiere, uno è in addestramento, e uno in prontezza operativa, e Parigi procede allo stesso modo.

Il presidente Macron ha precedentemente affermato che avvierà un dialogo strategico per estendere la protezione offerta dall’arsenale nucleare francese ai suoi partner europei, ma non è chiaro come verrà esteso l’ombrello atomico, ed ora che Parigi e Londra hanno unito il loro arsenale, se pur in mondo indipendente, la stessa domanda si pone anche per il Regno Unito. I due Paesi metteranno a disposizione i propri arsenali anche per la difesa dell’UE? C’è da augurarselo visto il vento che soffia a Washington, ma questo significherà quasi sicuramente che il contribuente europeo dovrà sobbarcarsi i costi di gestione di tali arsenali.

Sappiamo, ad esempio, che la Francia spende circa 5,6 miliardi di euro all’anno per il mantenimento del suo arsenale di 290 armi nucleari lanciate da sottomarini e cacciabombardieri, il quarto più grande al mondo. La Gran Bretagna, che descrive il suo programma nucleare come “operativamente indipendente”, in realtà si rifornisce di tecnologia missilistica dagli Stati Uniti (gli SLBM tipo Trident) e dipende da loro per il supporto all’acquisizione e alla manutenzione. Siamo quindi sicuri che alla Casa Bianca piaccia questo coordinamento degli arsenali? Perché in caso contrario potrebbero decidere di “chiudere i rubinetti” dei missili a Londra.

Di Paolo Mauri. (Inside Over)

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