(Roma, 19 giugno 2025). Khamenei : «Non ci arrenderemo mai». Putin : «Si può trovare una soluzione»
Nella prima mattinata di oggi, le sirene hanno suonato in tutto Israele, dopo che l’esercito israeliano ha dichiarato di aver rilevato missili in arrivo dall’Iran. Violente esplosioni a Gerusalemme e Tel Aviv, mentre le sirene risuonavano in diverse parti del Paese e l’esercito israeliano segnalava l’arrivo di missili iraniani. Secondo i giornalisti, le esplosioni udite a Gerusalemme intorno alle 7:10 ora locale sono state le più grandi dall’inizio del conflitto con l’Iran, una settimana fa. Un missile balistico ha colpito direttamente l’ospedale Soroka di Beersheba. Secondo le autorità israeliane, citate da Ynet, i danni provocati sono ingenti. « Un colpo diretto è stato segnalato all’ospedale Soroka di Beersheba, nel sud di Israele. Seguiranno ulteriori dettagli », ha scritto il Ministero degli Esteri di Israele su X. Un portavoce della struttura sanitaria ha riferito di « danni all’ospedale e ingenti danni in diverse aree. Stiamo attualmente valutando i danni, compresi i feriti. Chiediamo al pubblico di non recarsi in ospedale in questo momento.
Ieri, nel sesto giorno di guerra con Israele, l’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, ha respinto la richiesta di resa del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che ha lanciato un « ultimatum finale » alla Repubblica Islamica ma ancora non si sbilancia su un possibile ingresso di Washington nel conflitto.
In un discorso trasmesso dalla televisione, Khamenei ha giurato che la nazione iraniana « non si arrenderà mai » e ha avvertito gli Usa che un loro coinvolgimento bellico porterebbe a « danni irreparabili ».
Trump, che ha lasciato in anticipo il G7 in Canada per riunirsi con i suoi strateghi e valutare un possibile intervento americano, continua a mantenere, da parte sua, le carte coperte. Davanti ai cronisti riuniti alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che quello lanciato a Teheran è « l’ultimatum finale », ha respinto l’offerta di mediazione del presidente russo, Vladimir Putin, e ha ribadito il sostegno alla campagna avviata dal primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che lo ha ringraziato.
« Forse sì, forse no, nessuno lo sa » è stata la risposta al giornalista che gli domandava se intendesse entrare in guerra, mentre sempre più forze statunitensi vengono dispiegate in Medio Oriente.
Trump ha anche asserito che l’Iran gli abbia chiesto di tornare al tavolo negoziale, una proposta che ha definito « coraggiosa » ma troppo tardiva. Dalla missione iraniana alle Nazioni Unite è giunta una secca smentita, condita da appellativi come « guerrafondaio » e « spregevole bugiardo » rivolti al presidente Usa.
Trump approva piani ma non ancora l’ok all’attacco
Il presidente americano Donald Trump ha comunicato ai suoi più stretti collaboratori di avere approvato i piani di attacco in Iran, ma di non avere ancora dato il via libera. Lo scrive il Wall Street Journal. Il presidente starebbe aspettando di capire se l’Iran sia disposto ad abbandonare il suo programma nucleare.
Nel mirino degli Usa, in caso di intervento, ci sarebbe la centrale di Fordow. Solo le bombe bunker-buster americane potrebbero arrivare a quasi un chilometro di profondità sotto la montagna, dove si trovano i bunker per l’arricchimento.
Trump, regime può cadere
Trump ha ammonito che il regime iraniano potrebbe cadere. « Può accadere », ha detto ai cronisti alla Casa Bianca. « Avrebbero dovuto accettare l’accordo, avevo un ottimo accordo per loro », ha assicurato Trump.
« Non sto cercando lo scontro, ma se la scelta è tra combattere o lasciargli una bomba nucleare, devi fare ciò che va fatto. E forse non avremo bisogno di combattere ».
Non è ancora detto però che gli Usa entreranno in guerra. « L’Iran vuole venire a vedermi alla Casa Bianca », ha insistito, « vediamo se succede ma non è facile per loro venire », spiegando che un « accordo » con l’Iran « è ancora possibile ».
Donald Trump ha accennato all’esistenza di un « piano » americano pronto in caso di caduta del regime iraniano. « Abbiamo un piano per tutto, ma vedremo che cosa succede », ha detto rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se fossero pronti in caso di caduta del regime. « Forse – ha continuato, senza specificare a cosa si riferisse – finirà molto rapidamente ».
Trump riunisce consiglieri per la sicurezza alla Casa Bianca
Il presidente Donald Trump ha riunito come previsto i consiglieri per la sicurezza nazionale nella situation room della Casa Bianca per discutere del conflitto tra Iran e Israele.
Putin, una soluzione si può trovare
È ancora possibile arrivare a un accordo che metta fine subito alla guerra tra Israele e Iran. Ne è convinto il presidente russo Vladimir Putin.
« Questa è una questione delicata e ovviamente dobbiamo stare molto attenti, ma a mio parere si può trovare una soluzione », ha detto a un gruppo di giornalisti durante un evento televisivo.
« Al momento, in Iran c’è ancora un consolidamento della società attorno ai leader politici del Paese », ha sottolineato Putin alla tavola rotonda di San Pietroburgo.
Israele hackera tv Iran e fa appello a scendere in strada
Israele ha brevemente hackerato questa sera le trasmissioni della televisione di Stato iraniana per mandare in onda filmati delle proteste delle donne e invitare le persone a scendere in strada. Sul suo canale Telegram, il quotidiano Hamshahri ha condiviso un video della breve interruzione.
La televisione di stato iraniana ha poi avvertito gli spettatori che quanto accaduto era « dovuto agli attacchi informatici del nemico sionista ».
L’obiettivo dell’impianto sotterraneo per l’arricchimento dell’uranio di Fordow
Se l’opzione diplomatica sembra, per il momento, non percorribile, quella militare vedrebbe gli Usa colpire le installazioni nucleari di Teheran con mezzi di cui Israele non dispone. L’obiettivo principale è l’impianto sotterraneo per l’arricchimento dell’uranio di Fordow, sul quale gli americani farebbero piovere le loro devastanti bombe « spaccabunker », analoghe a quelle con cui i russi, nel 2022, ebbero ragione degli irriducibili del Battaglione Azov asserragliati nell’acciaieria di Mariupol.
Nelle scorse ore potenti esplosioni e alte colonne di fumo si sono levate da Teheran, dove anche la Mezzaluna Rossa ha denunciato un bombardamento nei pressi del suo edificio. Il ministro della Difesa di Tel Aviv, Israel Katz, ha rivendicato la distruzione del « Quartier Generale della Sicurezza Interna », descritto come « il principale organo di repressione del dittatore iraniano ».
In risposta, le Guardie Rivoluzionarie della Repubblica Islamica hanno dichiarato di aver lanciato contro Israele missili balistici ipersonici a medio raggio Fattah-1.
Hanno inoltre subito gravi danni due impianti di produzione di centrifughe nei pressi della capitale, fa sapere l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, la quale ha ribadito di non aver mai affermato che Teheran fosse vicino a ottenere l’arma atomica.
Colpito da un blackout di internet quasi totale, l’Iran ha inoltre annunciato di aver arrestato nuovi sospetti agenti del Mossad e ha invitato la popolazione a non utilizzare l’app di messaggistica WhatsApp in quanto fornirebbe a Israele coordinate per la geolocalizzazione, cosa che la casa madre Meta ha smentito.
Il numero delle vittime mietute finora dal conflitto non è chiaro. Israele ha riferito di 24 morti e 592 feriti, mentre l’ultimo bilancio ufficiale iraniano, 224 morti e oltre mille feriti, risale ormai a domenica scorsa.
Nel timore di un aggravarsi degli scontri, le ambasciate straniere proseguono l’evacuazione dei loro cittadini dai due Paesi. Diverse nazioni europee hanno rimpatriato oggi centinaia di persone. Pechino ha già ricondotto in Cina quasi 800 suoi cittadini dall’Iran e altri mille stanno per seguirli.
L’ambasciatore Usa a Gerusalemme, Mike Huckabee, ha approntato un piano per l’evacuazione volontaria degli statunitensi. L’ambasciata russa ha annunciato la partenza delle famiglie dei diplomatici da Tel Aviv, dove oggi è atterrato, dopo essere partito da Cipro, il primo aereo con a bordo israeliani che erano rimasti bloccati all’estero a causa della chiusura dello spazio aereo.